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Bruxelles, 24 marzo 2012 – Contributi al dibattito: "Diritto al Lavoro o diritto d’Impresa?" di Marco M. Fassio

Diritto al Lavoro o diritto d’Impresa?

L'esperienza tedesca

di Marco M. Fassio*

I due temi che da diverso tempo stanno vivacemente impegnando le risorse intellettuali di noi tutti, riguardano per un verso la sudditanza del Governo Monti alle velleità pseudo europeistiche dei nostri vicini tedeschi e per altro verso il fantomatico o famigerato “Articolo18“.

Sembra ormai essere di comune accezione considerare Monti ed il suo Governo un acuto osservatore della realtà quotidiana tedesca a cui probabilmente ispirarsi o da cui farsi condizionare nell’ardua impresa di ridare stabilità al sistema Italia ed a rilanciare l’economia d’impresa.

Altro tema che non dà giustamente tregua è, come sopra detto, il famigerato „Articolo 18“ dello Statuto dei Lavoratori con le sue ormai anacronistiche presunzioni d’affidare alla magistratura ordinaria, ormai pesantemente condizionata dalle devianze indotte dal credo politico di chi la esercita, la fondamentale decisione se un lavoratore sospeso dall’attività lavorativa o licenziato, in quanto ritenuto dal datore di lavoro nocivo ai fini della redditività aziendale, debba essere reintegrato oppure no.

Per rimuovere possibili dubbi, la legge prevede che il datore di lavoro debba poter dimostrare che un lavoratore dipendente licenziato non solo, abbia mancato di raggiungere gli obiettivi e le previste prestazioni aziendali, bensì deve anche provare la reale e intenzionale negligenza del dipendente nel non voler espletare i propri obblighi aziendali. A chi assegna la legge, il potere di giudicare in prima istanza se il comportamento del lavoratore è stato più o meno conforme ai suoi doveri aziendali? Difficile a credere ma, caso unico in Europa e forse nel mondo intero, ad un magistrato.

Ora è legittimo chiedersi: un magistrato è la persona più indicata a valutare in prima istanza se il comportamento del datore di lavoro nel licenziare un lavoratore dipendente è stato oggettivamente corretto e quindi per giusta causa ? Oppure sarebbe meglio affidare tale giudizio agli altri dipendenti della stessa azienda?

A questo punto occorre ritornare all’esperienza tedesca, che sempre prendiamo come riferimento a cui ispirarsi.

La Germania è probabilmente la nazione europea che può vantare una legislazione sulla tutela del lavoro e della sicurezza sociale risalente nientemeno che a più di 140 anni addietro. È, infatti, del 1871 la promulgazione di una legge in tal senso la cui paternità è attribuita al cancelliere di ferro Otto von Bismark.

Al 1918 risale la promulgazione del primo “Accordo Collettivo Tariffario” mentre nel 1920 veniva promulgata la prima versione della “Legge sui Consigli Aziendali” (Betriebsrätegesetz), che opportunamente aggiornata ancora oggi regola i rapporti tra datore di lavoro e dipendenti. Ebbene è proprio quest’ultima soluzione legislativa che vorrei proporre alla vostra attenzione, per farne un autentico modello, questo sì, a cui ispirarsi per regolare la funzionalità aziendale di cui parliamo.

Il principio base è semplice: chi se non i lavoratori stessi sono in grado di valutare se all’interno della loro stessa Azienda, i principi di giusta causa, di equità di trattamento nell’interesse però di salvaguardare la produttività sono stati correttamente applicati!

E questo è l’uovo di Colombo, lo ripeto non i giudici avulsi dalla realtà del mondo del lavoro ed a volte mossi da ideologie politiche di parte, non le Organizzazioni Sindacali che per difendere il loro indiscusso potere contrattuale, tendono a generalizzare ogni singolo caso per farne un caso nazionale da utilizzare per le loro storiche battaglie anch’esse più o meno mosse da interessi ben lontani dalle realtà aziendali, bensì i lavoratori della stessa azienda dove il lavoratore è oggetto di possibili anomalie comportamentali del Datore di Lavoro.

Il percorso adottato dallo Stato Tedesco per regolare i rapporti interni a ciascuna realtà aziendale è centrato sul principio della codeterminazione esercitata da un organismo di rappresentanza dei lavoratori, chiamato “Consiglio d’ Azienda” (Betriebsrat), ed i cui termini operativi sono regolati da una legge federale nota come „Legge statutaria aziendale“ (Betriebsfervassungsgesetz).

Detto Consiglio d’Azienda è liberamente eletto dai lavoratori aventi diritto di voto ed i membri di tale Consiglio variano nel numero, in funzione del numero degli aventi diritto al voto e.g. un´ Impresa con circa 100 aventi diritto al voto può eleggere 5 membri del Consiglio, una con circa 400 aventi diritto al voto, ne può eleggere 13 e così via.

Per rimuovere possibili dubbi, tale Consiglio NON HA VALENZA SINDACALE, in altre parole NON E´ EQUIVALENTE AI NOSTRANI CONSIGLI DI FABBRICA !!!

Membri del Consiglio Aziendale possono naturalmente essere singolarmente iscritti ad organizzazioni sindacali e quindi nei dibattiti interni possono individualmente portare la loro visione di parte, ma le decisioni vincolanti del Consiglio debbono rigorosamente essere prese a maggioranza ordinaria (50% più uno), debbono essere rigorosamente verbalizzate e diventano vincolanti per tutti i membri del Consiglio. Il Consiglio d’Azienda congiuntamente con il management aziendale, possono emettere vere e proprie “Leggi Aziendali” (Concordamenti Aziendali – Betriebsvereinbarung), che regolano quindi le peculiarità operative di ciascuna azienda, quali ad esempio orari di lavoro, tutela della maternità, principi salariali, ecc. Tali concordamenti consentono di snellire il processo gestionale dell’impresa, perché con la loro adozione, pur nell’ottica di perseguire la massima efficienza aziendale, si dà ai dipendenti la garanzia che i loro interessi siano considerati e rispettati.

Dicevo prima che il principio base su cui si fonda l’opera del Consiglio d’Azienda è quello della Codeterminazione, tale principio espressione a mio avviso di grande senso dello Stato, prevede che qualsiasi decisione che il Management dell’Azienda intenda prendere e che in qualsivoglia maniera possa avere un effetto sui singoli lavoratori, debba essere condiviso preventivamente e rigorosamente con il Consiglio d’Azienda.

L’interlocutore deputato a rappresentare il vertice dell’Impresa nei rapporti con il Consiglio Aziendale, è normalmente il Direttore del Personale supportato dal suo Staff. Per suo tramite però è possibile avere rapporti diretti con l’intero Management Aziendale sino all’Amministratore Delegato.

A tal fine sono previste riunioni formali periodiche tra Consiglio Aziendale e Direttore del Personale. I risultati di tali riunioni vengono verbalizzate e controfirmate da tutti i partecipanti e da quel momento diventano vincolanti per entrambe le parti.

Nel caso in cui tale condivisione non sia possibile, sono previsti naturalmente livelli d’opposizione alle decisioni dell’uno o dell’altra controparte, sino al caso estremo di ricorrere alla Magistratura del Lavoro, che peraltro in Germania ha un’efficienza per noi impensabile.

Ciò detto, occorre anche sottolineare che il principio della Codeterminazione si esercita in maniera differenziata in funzione della tipologie delle problematiche da trattare. In maniera sintetica le competenze/prerogative del Consiglio Aziendale possono riassumersi come di seguito riportato:

Ø Diritto alla Partecipazione alle decisioni aziendali e.g.

ü Diritto d’essere Informati

ü Diritto d’ essere Ascoltati e Consultati

Ø Diritto alla Codeterminazione alle decisioni aziendali e.g.

ü Diritto di rifiutare il Consenso alle Decisioni Aziendali,

ü Diritto alla Codeterminazione delle Decisioni Aziendali.

Vista l’attualità del caso, con riferimento al famigerato „Articolo 18“, è interessante brevemente esemplificare come sarebbe trattato un licenziamento in un’ Impresa tedesca:

· Il primo atto da parte del Datore di Lavoro è quello d’informare il Consiglio d’ Azienda di voler procedere con il licenziamento, fornendo a corredo tutte le motivazioni e ragioni del caso.

· Il Consiglio d’Azienda ascolta le ragioni del dipendente coinvolto.

· Il Consiglio d’ Azienda quindi ha tre modi di procedere:

a) Il Consiglio d’ Azienda nello spazio temporale di sette oppure tre giorni di calendario, a seconda della tipologia di licenziamento adottata, informa a sua volta il Management Aziendale della propria valutazione del caso.

b) Seconda possibilità il Consiglio d’Azienda solleva nello spazio temporale di sette giorni di calendario opposizione scritta contro la procedura di licenziamento. In tale circostanza il Datore di Lavoro ha l’ obbligo d’ informare il dipendente della posizione del Consiglio d’ Azienda.

c) La terza possibilità prevede la formula del consenso tacito nel caso in cui il Consiglio d’Azienda non si pronunci sulla proposta di licenziamento.

· Solo dopo che questi passi sono stati portati a termine, il Datore di Lavoro potrà procedere con il licenziamento.

· In questo caso il dipendente coinvolto presenterà denuncia contro il Datore di Lavoro appellandosi alla Legge applicabile a tutela del licenziamento. Solo in questo caso il lavoratore potrà eventualmente sollevare l’eccezione di riassunzione. Da notare che spesso nel caso in cui un licenziamento sia ritenuto ingiustificato, il Consiglio d’Azienda può affiancare il dipendente durante la causa giudiziaria.

Per completare il quadro è opportuno ribadire che le Organizzazioni Sindacali tedesche, ancorché molto potenti, praticamente non entrano mai nei conflitti aziendali locali. Per contro curano le negoziazioni dei contratti collettivi pur non impedendo eccezioni locali dovute a situazioni contingenti. Nella scala delle priorità d’applicazione, i contratti collettivi hanno comunque priorità sui Concordamenti Aziendali, in altri termini, questi ultimi non possono opporsi ai contratti collettivi, qualora l’ Azienda sia membro della organizzazione delle Imprese tedesche..

* Marco M. Fassio risiede dall’ Agosto 1987 in Germania, a Monaco di Baviera, e dal Novembre 1987 ha iniziato a lavorare in Aziende tedesche con ruoli dirigenziali. Dal Maggio 2011 è stato eletto membro del Consiglio d’Azienda della propria Azienda, dove ricopre l’incarico

di Vice Presidente, attività che svolge congiuntamente ai propri incarichi aziendali.

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