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Il miracolo economico del dopoguerra , la crisi e la democrazia

di Valter Morizio- Collegno

In tempo di crisi, economica, ma non solo , diventa naturale riandare con il pensiero a quando nel dopoguerra per il nostro Paese si parlava di “miracolo economico “ . Serve a qualcosa ricordare quei tempi , ormai così lontani e per molti aspetti così diversi ? “ Nessun maggior dolore che ricordarsi dei tempi felici nella miseria …” ( Dante-Inferno) ma ci può tornar comodo per alcuni ragionamenti e confronti sulle condizioni per la crescita , inteso in senso più ampio rispetto ai soli fattori economici .

A detta degli studiosi uno dei fattori che determina lo sviluppo nelle moderne economie di mercato è il rapporto tra Stato e cittadini , la partecipazione , il rapporto di fiducia e in sintesi la democrazia. ( non si conoscono Stati dove lo sviluppo non sia coniugato con la democrazia , cioè con un rapporto fiduciario tra cittadini e i loro governanti , con un'unica eccezione nota anche se significativa , quella della Cina )

Con il dopoguerra , la nascita della Repubblica Italiana e dello Stato democratico parlamentare terminarono le secolari ragioni di diffidenza tra cittadini e la classe politica che , sino ad allora , seppur in modi diversi, l’ aveva oppressa. Gli italiani , in larga misura , erano pronti a vivere senza pregiudizi , questa nuova fase politica che li vedeva tutti partecipi e attori della processo di ricostruzione economica , ma anche politica e morale.

Di questo occorre dare merito alla classe politica dell’ epoca , tutta, al di là dei ruoli differenti tra governo e opposizione.

Quindi fattore determinante per la crescita è il rapporto fiduciario tra cittadini e classe di governo, tra elettori ed eletti .

Ma stante l’attuale crisi di rapporti tra gli italiani e la loro classe politica , di cui la massima espressione sono l’antipolitica dilagante e il gran numero di cittadini che non si sentono da essa rappresentati, è possibile pensare alla futura crescita nel nostro Paese ?

In questo contesto il “ Manifesto: Dissociarsi per riconciliarci “ e le parole di questi giorni espresse da Presidente onorario di Libertà e Giustizia prof. Gustavo Zagrebelsky , rappresentano un chiaro avvertimento alle forze politiche , ma al Paese tutto, dei tempi che viviamo :” tempi di debolezza della politica e di inettitudine dei partiti”.

L’ ascesa al governo dei tecnici , può svolgere un ruolo di supplenza per un tempo limitato , per ristabilire un rapporto di credibilità e fiducia tra cittadini e Stato, che sono tra le condizioni della crescita.

Ma la tecnica è anch’ essa , se duratura nel tempo , una forma di antipolitica e non democratica in quanto impositiva e non legittimata dal consenso popolare . “Senza politica, non ci può essere libertà e democrazia “ recita il manifesto e quindi non si realizzano nel tempo le condizioni per la crescita economica , sociale e morale del Paese.

La caduta di dignità della politica , i casi di svilimento, di corruzione e di asservimento a interessi privati, di chiusura corporativa e autodifesa di casta, sono tra i fattori anche della nostra caduta economica , sociale e morale in quanto hanno allargato la distanza tra i cittadini e i partiti come non mai e interrotto il rapporto fiduciario.

Per una ripresa è quindi necessario che il Paese si riconcili con la politica e con la democrazia parlamentare.

Ma perché ciò avvenga è condizione fondamentale che sia la classe politica che si rimetta in sintonia con gli elettori , ponendo un freno al suo degrado , attraverso una autoriforma interna che, partendo dalla legge sui partiti ( e sindacati ) in attuazione dell’ art. 49 della Costituzione, li apra alle istanze diffuse dei cittadini, d’ogni ceto e d’ogni orientamento politico e non solo ai propri interessi e chiarisca se la “società politica” ritiene di fare a meno della tanto disprezzata “società civile”, oppure se ritiene di dover mettersi in discussione, e se si vuole una democrazia decidente a scapito d’una democrazia partecipativa. Dando una risposta alle tante domande finora inevase, e ricostruendo quel rapporto fiduciario tra cittadini e Stato che fu tra i fattori del “miracolo economico “ italiano.

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