Un folto numero di amici e lettori affezionati attende, annualmente, l’uscita del libro di Goffredo Palmerini, dove si condensano, con precisione ammirevole, tutti gli eventi principali della nostra vita cittadina e, parallelamente, quanto accade nel mondo, in quella “altra Italia”, che esiste, fuori dai confini geografici, rappresentata da quanti di noi vivono all’estero, ma non si sentono stranieri. Ed è consolante constatare come, mentre in Italia soffiano ridicoli venti di secessione, chi ha dovuto lasciare la patria per necessità la porta ancora nel cuore, le tributa quel rispetto quasi religioso che si deve agli ancestri, a quell’humus preziosissimo che abbraccia storia e tradizioni, esperienze e memorie.
Nella bellissima prefazione al libro, Laura Benedetti, un’italiana che si fa onore nel mondo, rappresentando una cultura seria, profonda, rispettosa della verità e della bellezza, attribuisce a Goffredo Palmerini il titolo di “messaggero”, e lo motiva con parole esatte: “Oggi, più che mai, c’è bisogno di mediatori di qualità. Il ruolo del messaggero è mutato: non si tratta più di percorrere meccanicamente distanze sempre più grandi, ma di annodare in maniera sottile i legami tra il dentro e il fuori, di mettere in relazione bisogni e capacità, di interpretare una realtà sempre più complessa, di sviluppare sinergie”. E infine conclude affermando: “Voglio credere a questa ferma determinazione,a questa promessa di riscatto. Buona fortuna dunque al messaggero e alla sua città. L’altra Italia non dimentica, e non si tirerà indietro”. Parole, queste, di vero conforto; la sventura che ci ha colpiti ha infatti evidenziato, purtroppo, sordità e indifferenza, talvolta anche volgare opportunismo, da parte di alcuni, ma anche reale solidarietà, appoggio concreto e consapevole, da parte di altri, e mi riferisco in particolare ai molti Italiani all’estero.
Il volume inizia con un capitolo relativo alla “Accademia dell’immagine” e al suo fondatore, Gabriele Lucci, articolo che evidenzia il valore di un’istituzione di alto profilo culturale, e lamenta la condizione di difficoltà in cui, oggi, viene a trovarsi. Questo è il primo degli articoli relativi a fatti e personaggi della cultura abruzzese (e non solo): è un filone ben nutrito, che comprende molti altri interventi: “Grande festa per gli ottanta anni del pittore Constantin Udroiu (pagg. 25/29); “In Brasile, artisti abruzzesi in mostra al Mube di San Paolo” (pgg.31/35); ”Deltensamble raccoglie vasti consensi negli States” (pag. 47/51); ”Il Premio Maiella 2010 in grande smalto” (pp.53/59); Presentazione di “L’Aquila nel mondo” (pp.61/63), “Angelo Narducci, a 25 anni dalla scomparsa” (pp.65/69); “Anna Ventura nella lista d’onore del Premio ‘Pieve Santo Stefano”; ”A Gianni Letta il Premio Guerriero di Capestrano” (pag 87/91).
Molti articoli sottolineano incontri, convegni, pubblicazioni che evidenziano quanto frequenti e significativi siano i rapporti culturali che legano l’Abruzzo alle comunità italiane all’estero; parallelamente si mettono in evidenza i legami che ci uniscono anche ad altre nazioni, secondo uno spirito di fratellanza culturale che è il migliore legame che possa affratellare popoli diversi. Un libro, quindi, non solo di bella lettura e di importante testimonianza, ma quasi un breviario che ci indica la via giusta, ci conforta nell’insicurezza, ci inorgoglisce nel dolore. Sarebbe inesatto negare, infatti, che l’animo degli Abruzzesi – e degli Aquilani in particolare – sia inquieto e insicuro: troppe difficoltà, troppi intralci, troppe disattenzioni ostacolano una rinascita che pure è necessaria, altrimenti si arretrerà fatalmente.
Questo libro, ispirato ad un sano ottimismo, ad una coraggiosa accettazione del dolore, nella speranza di un domani migliore, va conosciuto e apprezzato, anche per la chiarezza del linguaggio e per il rispetto degli argomenti trattati. L’esperienza ci dimostra ogni giorno come le notizie possano essere stravolte da una interpretazione distorta e tendenziosa; qui abbiamo, invece, un esempio di rara onestà intellettuale, che descrive i fatti con la chiarezza di una macchina fotografica, ma anche con la viva partecipazione di un cuore onesto.
ANNA VENTURA