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Il progetto Tav e le ragioni della protesta: serve chiarezza, fermare i lavori e aprire un tavolo con l’Ue

Il Governo deve fermare i lavori in Val di Susa ed aprire un tavolo tecnico con l’Ue, il progetto Tav va ripensato perché è ormai datato e non si può ignorare un conflitto sociale di queste proporzioni. Le infrastrutture sono strategiche per l’Italia ma è fondamentale anche che siano frutto di una decisione partecipata. Lo sviluppo del territorio deve passare attraverso il coinvolgimento della comunità locale ed è doveroso ascoltare le ragioni di chi protesta pacificamente. Resta ferma la necessità di isolare i violenti, ma il progetto Tav risale a 30 anni fa ed è opportuno verificarne l’attualità. Bisogna frenare subito la tensione sociale, il Governo sospenda l’opera e interagisca con l’Unione Europea per valutare soluzioni alternative. Su di una cosa sola non si può transigere: la lotta contro ogni forma di violenza.

La situazione in Val di Susa è già degenerata, bisogna anzitutto individuare e punire chi si infiltra nei movimenti di protesta solo per alimentare gli scontri e scatenare la propria violenza. È poi fondamentale aprire un vero dialogo con i cittadini ed accogliere le loro istanze, che sono sostenute da ben 360 studiosi, professionisti, ricercatori e docenti firmatari di un appello inviato al premier Monti contro la costruzione della linea ferroviaria ad Alta Velocità Torino-Lione. “Il progetto – si legge nel testo – inspiegabilmente definito ‘strategico’, non si giustifica dal punto di vista della domanda di trasporto merci e passeggeri, non presenta prospettive di convenienza economica né per il territorio attraversato, né per i territori limitrofi né per il Paese, non garantisce in alcun modo il ritorno alle casse pubbliche degli ingenti capitali investiti, è passibile di causare ingenti danni ambientali diretti e indiretti, e infine è tale da generare un notevole impatto sociale sulle aree attraversate”.

Nell’ultimo decennio il traffico merci sulla tratta interessata è diminuito drasticamente e l’attuale linea è sottoutilizzata. La realizzazione di un’opera colossale che prevede almeno dieci anni di cantiere, con tutto ciò che ne consegue per il paesaggio, causerà notevoli disagi all’economia locale che si basa per lo più sul turismo e l’agricoltura. L’Italia finanzierà gran parte dell’opera ma non esiste un piano finanziario complessivo, i costi minimi previsti sono di 20 miliardi di euro ma l’esperienza ci insegna che la cifra è destinata ad aumentare esponenzialmente. La montagna in cui si dovrà scavare la galleria contiene amianto e uranio e non ci sono garanzie sulle tecniche di sicurezza, per non parlare dell’inquinamento causato dai lavori. L’opera avrà enormi effetti sul territorio e le falde, causando problemi di fornitura idrica e aumentando il rischio di dissesto idrogeologico. Non ultima, la vera e propria sollevazione popolare di tutta la Val di Susa. Sono solo alcuni degli aspetti sollevati da chi si oppone al progetto Tav.

Esistono peraltro soluzioni alternative. Ad esempio si potrebbe potenziare l’infrastruttura ferroviaria esistente, adeguando il tunnel e le stazioni per aumentare la velocità di percorrenza, oltre a mettere in sicurezza il Fréjus e a ottimizzare gli impianti per la trazione elettirica. Sono stati presentati altri progetti che prevedono l’adozione di “supertreni” merci, ottenuti unendo diversi convogli in appositi scali situati alle estremità del valico. Ci sarebbero così costi di carico minori e la possibilità di spezzare in tempi rapidi il “supertreno” al termine della tratta, consentendo ai due originari di raggiungere le destinazioni finali. Si potrebbe ancora massimizzare l’utilizzo della linea realizzando un terzo binario in affiancamento alla tratta attuale per consentire una più ampia circolazione di treni merci e passeggeri. C’è anche l’ipotesi di un percorso alternativo, il terzo valico di Genova. Insomma, ci sono tutti i presupposti per fermarsi a riflettere.

Per questo l’Italia dei Valori chiede che il Governo avvi un tavolo di confronto, coinvolgendo anche l’Europa, e cerchi la massima condivisione possibile. Soprattutto l’Esecutivo Monti ha il dovere di dialogare con tutti: non può certo sperare di procedere tranquillamente per la propria strada come un treno in corsa, sperando che nessuno disturbi il manovratore.

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