Senza fare troppi sforzi di memoria, dal gennaio 2001 al gennaio scorso, l’inflazione è cresciuta del 17,8%. Le retribuzioni e le pensioni del 4,5%; sempre per lo stesso periodo. Stiamo “male” da tempo, anche se la “crisi” sembra aver avuto più recenti origini. Per la verità, gli italiani se ne sono accorti da tempo, ma preferivano, forse, affrontare una situazione tanto generalizzata da essere considerata il prezzo d’aggiustamento dal passaggio da lira ad euro. Storie. Con l’Euro, la speculazione, non solo quella spicciola, è aumentata a spese dei redditi fissi. Bastano alcuni eloquenti esempi per confortare, purtroppo, questa nostra analisi che neppure il Professore è riuscito a frenare. Iniziamo dalla benzina, pur con cambio Euro/Dollaro sempre a nostro favore, il prezioso combustibile è passato da Euro 1 nel gennaio 2002 ad Euro 1,80 già dallo scorso gennaio e la tendenza è sempre al rincaro. Il gasolio da Euro 0,85 il litro ad Euro 1,73. Ogni raffronto con il valore in Lire sarebbe assurdo. Restiamo con i piedi per terra. In dieci anni, la colazione all’italiana ( un cappuccino ed un cornetto) è passata da Euro 0,80 ad Euro 2,10. Ovviamente con servizio al banco. Un biglietto per il bus è decollato da Euro O, 80 ad Euro 1,50. Un chilo di pane comune da Euro 0,70 ad Euro 1,40. Un chilo di manzo da graticola o da forno costa, oggi, Euro 14,00, nel gennaio del 2002 poco meno d’Euro 10. Tutto il resto segue a ruota. L’austerità di Monti, sotto questo profilo, è servita a poco. Per noi a nulla. Del resto, dall’avvento dell’euro le retribuzioni nazionali hanno perduto il passo con l’incremento del costo della vita. L’inflazione “programmata” tanto cara agli Esecutivi politici, ora non è neppure più considerata concretamente. E’ vero che per chi ha perso il lavoro i tempi saranno sempre più duri, ma anche per chi ha la “fortuna” di lavorare la situazione non è migliore; neppure in prospettiva. Fiscalmente, non stiamo meglio. Sotto questo profilo, i “tagli” hanno raggiunto il 42%( valore medio generale) sulle buste paga e sulle pensioni. Senza polemiche, era meglio ai tempi della “liretta”. Alla fine del 2000, un pasto decoroso in trattoria, quarto di vino compreso, si liquidava con Lit. 15.00. Oggi, lo stesso pasto non costa meno di 10/12 Euro. Una pizza, servita al tavolo, prezzava Lit. 6.000 ( birra alla spina inclusa), oggi non meno d’Euro 7 e senza bevanda al seguito. Il cambio della valuta ha avuto una sua importanza anche psicologica, la speculazione di bassa leva ha fatto il resto. In giro di dieci anni, i prezzi anche dei generi più comuni, sono schizzati in avanti senza apprezzabili giustificazioni. Facendo i debiti raffronti, nel 2000 con una pensione di due milioni una coppia viveva decorosamente. Oggi, con poco più d’Euro 1000 mensili, se c’è anche l’affitto da pagare, non si riesce ad arrivare alla fine del mese. I sacrifici, quando non hanno una giustificazione razionale, si accettano meno di buon grado e la gente non si fida più né dei politici, né dei tecnici. Del resto, anche se sembra poco, l’aumento dell’Imposta sul Valore Aggiunto (IVA) dal 20 al 21% ha già contribuito ad un successivo rincaro. In UE, nonostante tutto, il costo della vita è meno esoso o, in ogni modo, le retribuzioni sono più adeguate ai tempi delle nostre. Essere europei solo quando può fare comodo agli altri non ci garba, né intendiamo continuare ad accontentarci senza prospettive per il domani. E’ inutile ancora negarlo: da noi c’è ancora una forte componente politica che condiziona la crescita pur di non scardinare certi equilibri consolidati. Quando scriviamo che il Paese intende cambiare pagina, ci riferiamo anche a quella classe politica.
Giorgio Brignola