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Sos Basilicata/2

Ieri vi parlavo dal mio blog delle discariche abusive, motivo per cui l’Europa ha aperto una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia, e vi citavo gli enormi danni ambientali causati dal Centro Oli di Viggiano. Oggi mi sono concentrato sulla considerevole quantità di fanghi pericolosi prodotti dal processo di perforazione petrolifera a Corleto Perticara, in provincia di Potenza, a una trentina di chilometri da Viggiano, sul quale oggi ho presentato un’altra interrogazione parlamentare ai ministri dell’Ambiente e dello Sviluppo Economico, Clini e Passera.

La Basilicata non è una pattumiera e i lucani non possono essere presi in giro né dalla Total, né dall’Eni né, tantomeno, da una politica distratta.

Lo sversamento dei fanghi supera di gran lunga i limiti di tossicità previsti dalla legge e coinvolge terreni agricoli, per poi finire nella catena alimentare. La scoperta è avvenuta nell’ambito delle indagini condotte dal Comando Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente, che quasi un anno e mezzo fa hanno messo sotto sequestro sei distinte particelle di pascoli e campi coltivati in località Serra d’Eboli. Immagini aeree in possesso dei carabinieri testimonierebbero della presenza di mezzi pesanti impegnati a scavare le vasche dove dovevano essere stoccati temporaneamente i fanghi di perforazione prodotti dal liquido pompato in profondità per evitare che le trivelle prendessero fuoco a cinquemila metri dalla superficie del pozzo. A quanto pare non solo il sito non è mai stato ancora bonificato, ma si continua a inquinare indiscriminatamente da oltre 20 anni.

I lucani hanno diritto di sapere di chi sono le responsabilità e, soprattutto, quando e come si intenda intervenire per bonificare un territorio martoriato da rifiuti e sostanze nocive. Basti pensare che la Basilicata, secondo dati di Legambiente, produce sette volte i rifiuti industriali della Sicilia, tre volte quelli di Campania e Calabria, con un trend in aumento nel 2008, ultimo anno per il quale sono disponibili rilevazioni. Spaventa ed indigna anche la stima secondo cui, nel solo 2006, sarebbero sparite dalla contabilità ufficiale del ciclo dei rifiuti circa 140 mila tonnellate di rifiuti industriali, che potrebbero essere state illegalmente trattate o sepolte.

Bisogna intervenire subito. Non è pensabile che l’Europa viaggi secondo il principio di ‘chi inquina paga’, mentre in Italia, ed in Basilicata soprattutto, vige il principio del chi ‘inquina la fa franca’. La magistratura vada avanti con speditezza, l’Idv è pronta a fare come sempre il suo dovere perché non ha alcuna rendita di posizione da difendere.

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