ART.18 Considerazioni

di Remo Pulcini

Il 14 maggio 1970 la Camera approvava la legge n. 300 conosciuta più comunemente come “Statuto dei diritti dei lavoratori”. Erano presenti 352 deputati su 630, 217 votarono a favore, 135 si astennero, non ci fu nessun voto contrario.

L'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori s'intitola “reintegrazione sul posto di lavoro” e disciplina le conseguenze in caso di licenziamento illegittimo (perché effettuato senza comunicazione dei motivi, perché ingiustificato o perché discriminatorio) nelle unità produttive con più di 15 dipendenti (5 se agricole).

La questione sull'Art.18 poggia da un lato, su coloro che lo considerano l'articolo 18 un baluardo intoccabile, l'ultimo muro contro il dissolvimento della tutela sui lavoratori e dall'altro, chi invece ritiene che si debba rendere più “flessibile” il lavoro.

Il governo sostiene che le modifiche all'art. 18 porteranno più occupazione, mentre i sindacati parlano di un attacco ai diritti fondamentali dei lavoratori.

Personalmente ritengo che ripensare all'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori non sarebbe indencente se non fosse che prima di attuare un confronto per una simile modifica, sarebbe utile prevedere delle tutele verso i soggetti deboli dell'art.18 appunto i lavoratori, tutele che di fatto paesi piu' liberisti del nostro hanno da tempo in modo collaudato.

Esempio: estendere in maniera strutturale i sussidi di disoccupazione a tutti i lavoratori dipendenti del settore privato, creando un fondo apposito finanziato dalle stesse imprese.

Detto questo bisogna anche porsi la domanda quale modifiche vuole attuare il Governo ? quali benefici vuole ottenere ? solo partendo da questi fattori e' possibile effettuare una attenta analisi sulla questione Art. 18.

Tagliare la “gamba ad un malato” perche' non si conosce la terapia per guarirlo e' fin troppo facile, bisogna prima curare nonche' capire se una volta amputata, il malato sara' salvato altrimenti si diventerebbe terapia distruttiva.

Le modifiche che il governo vorrebbe effettuare si basano sulle proposte presentate in passato dal giuslavorista, nonché Senatore del Pd, Pietro Ichino: in sostanza i lavoratori verranno assunti a tempo indeterminato, ma dovranno svolgere un periodo di prova pari a sei mesi, in cui non si applicherà la tutela reale prevista dall' articolo 18.

Ritengo che alcune modifiche andrebbero effettuate ma prima di farlo sarebbe utile discutere di riforma degli ammortizzatori sociali.

Se vogliamo piu' flessibilita', se vogliamo piu' lavoro bisogna non solo modificare degl'articoli ma rendere il nostro sistema Imprenditoriale e delle Professioni veramente flessibile e aggiornato al sistema Americano o dei paesi del Nord, altrimenti questa flessibilita' si traduce in quelle che negl'ultimi 10 anni abbiamo prodotto un surrogato della flessibilita' che si chiama precariato continuo e permanente (quello che una volta si chiamava disoccupazione).

Sulla base della mia esperienza politica, di lavoratore nonche di rappresentante sindacale Fials rimango del parere che qualcosa in questo sistema Europeo liberista non funziona.

Basta ricordare i proclami pronunciati da fior di Economisti sui benefici della globalizzazione, della flessibilita, delle privatizzazioni e sull'Euro Casa, oggi a distanza di 14 anni da quel lontano 1998 dobbiamo registrare da statistiche e fatti reali il fallimento di questa politica poco centrata sul valore “uomo” e tutta concentrata sul fattore Finanza.

Quale Imprenditore investirebbe in una azienda che ha prodotto disoccupazione, crisi e un abbassamento repentino del valore d'acquisto del 40%.

Pur rimanendo una voce fuori dal coro, definendomi un tradizionalista tifoso del valore del posto fisso e del protezionismo sono consapevole che il mondo e' cambiato e qualcosa bisogna fare per difendere le nostre Imprese e i nostri Lavoratori dalla delocalizzazione produttiva a basso costo e se per ottenere questo bisogna mettere mano all'Art. 18 lo si faccia, con un accordo generale che investa Imprese, Sindacati e Governo prevedendo sin da subito tutti quei sistemi di tutela paracadute che una maggiore flessibilita' esige (politiche di salvaguardia e valorizzazione dei diritti umani)

Anche perche' gli Stati Uniti insegnano con Obama, bisogna non solo pensare ad una modifica dell'Art. 18 per porre rimedio alla crisi del mercato interno e mondiale, ma anche ad un altro punto di vista, come alla delocalizzazione produttiva che genera effetti retroattivi, sempre sul versante dei diritti dei lavoratori e della valorizzazione del capitale umano.

Bisogna attuare un programma complesso e condiviso dalle varie forze sociali che includa piu- fattori assieme all'Art.18 in modo da impedire l’intenzione di ridurre i livelli occupazionali in patria in seguito alle iniziative di investimento all’estero in particolare rivolti verso i paesi a basso costo del lavoro.

Sarebbe illusorio pensare che con la sola modifica dell'Art.18 si possa risolvere di fatto il problema occupazionale e della delocalizzazione delle nostre imprese.

Mi spiego: non e' pensabile che per avere piu' lavoro e per competere con la delocalizzazione sfrenata bisogna diminuire i diritti dei lavoratori.

Spesso nostre Imprese delocalizzazono verso paesi con sitemi caratterizzati da standard sociali, livelli retributivi, sistemi di welfare, modelli di sicurezza, sistemi legislativi e dei controlli differenti e, generalmente, meno avanzati rispetto a quelli occidentali, determinando conseguenze dirette sul versante del rispetto dei diritti umani e della salvaguardia dei diritti dei lavoratori.

Un paese civile non puo' pensare di porre rimedio a questo sistema ponendosi sullo stesso piano di chi di fatto produce a basso costo e senza tutele. Bisogna tutti insieme ragionare su sistemi di riqualificazione e adattamento del personale, prevedendo questo si una maggiore flessibilita' del mercato professionale e delle imprese che possano dare spazio a sistemi di Mobilità verso altre aziende dello stesso gruppo, Riduzione dell’orario di lavoro insomma progettare soluzioni legate all’adozione di ammortizzatori sociali.

Anche perche' chi ci assicura che una e sola modifica dell' 18 dara' maggiori vantaggi e non l'inverso.

Voglio anche ricordare che esistono problematiche Italiane legate alla disoccupazione svincolate dal fattore delocalizzazione oppure dovute alla crisi basta pensare alla perenne e ormai incancrenita situazione del Mezzogiorno d'Italia le cui cause sono strutturali e di impossibilita' di competizione dovute alla mancanza delle Infrastrutture.

Il problema disoccupazione e' stato sempre grave in Italia tranne forse negl'anni del boom 50 e 60, ma oggi e' ridiventato drammatico come gli anni 70 pur con una riforma Biagi.

Numeri drammatici 2 persone su 5 nel Mezzogiorno non lavorano con percentuali quasi del 35%.

Concludo si alla deregolamentazione del sistema Lavoro, ma eliminando le cause ogettive ed interne onde evitare che ai pochi benefici ne seguano costi sociali ben piu' alti.

Remo Pulcini
Marketing Politico
Rappresentante Aziendale Fials

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