Olimpico declassamento

Negli USA con Monti sembrava fatta, ma Moby non ci crede e declassa l’Italia, con altri cinque Paesi dell’Eurozona, sicché il tricolore scivola, come Malta, da A3 ad A2 con outlook negativo anche per Portogallo, Slovacchia, Slovenia, Spagna, e revisione peggiorativa per Austria, Francia e Regno Unito.
Rimangono invariati solo i giudizi di tripla A della Germania e del fondo salva-stati Efsf.
Secondo Moby c’è un “rischio significativo” che il governo italiano non riesca a centrare gli obiettivi di risanamento a causa della “marcata debolezza strutturale dell’economia del Paese”. Ed è questo che, in fondo, tutti gli economisti temono.
Ed anche se l’agenzia di rating, che ci declassa dopo Standard & Poor, riconosce che il consolidamento fiscale varato dal governo Monti e gli sforzi nell’ambito delle riforme economiche “hanno contribuito a mantenere un surplus primario”; c’è sempre il problema, cruciale,: cioè che “le misure introdotte dal governo per promuovere la crescita economica richiederanno tempo per dare risultati, comunque difficili da prevedere allo stato attuale delle cose”.
Insomma bisogna fare in fretta nel varare riforme strutturali convincente ed essere molto accorti sulle spese e gli investimenti.
In questo clima, quando, fra poco, il premier Mario Monti incontrerà il sindaco di Roma Gianni Alemanno, i presidenti del comitato organizzatore Gianni Letta e Mario Pescante e quello del Coni, Gianni Petrucci, dopo il Consiglio dei Ministri, per annunciare la decisione del Governo sulla candidatura di Roma per le Olimpiadi del 2020, io credo prevarranno i dubbi su spese previste, per lo Stato, superiori a 4,5 miliardi, anzi 8,2 secondo i Verdi, a fronte di investimenti privati di 3 miliardi e mezzo.
Pertanto, anche se Zingaretti e Pescante sperano ancora in un sì, io sono tra coloro che invece auspicano un deciso no, perché le Olimpiadi non possono essere un ulteriore macigno sulla spesa pubblica italiana che è già disastrata della crisi economica e per i precedenti sui deficit provocati agli altri Stati dalle Olimpiadi, che sono molti nel tempo: a Londra, per quelle del 2012, i costi sono lievitati del 30%, quelle di Atene contribuirono ad aumentare il deficit pubblico greco di oltre il 6% e lo stadio di quelle di Montreal è stato pagato dai cittadini canadesi in 30 anni, con una levitazione dei costi complessivi del 100%.
A parte la Lega tutti i partiti, invece, auspicano che la cosa si faccia, perché, dicono all’unisono Pd, Pdl e Terzo Polo, sarebbe un ottimo segnale di unità e di ripresa.
Ma un Paese con una disoccupazione a livelli record ed un giovane su tre senza lavoro, davvero ambisce a spendere circa la metà di una manovra “sanguinosa”, solo per farsi bella agli occhi del mondo?
Ieri, spietatamente, il Corriere della Sera titolava l'articolo sulle primarie di Genova come “un suicidio per il Pd” e, facendo eco alle parole di Marco Tullo, deputato e segretario regionale, l'unico a metterci la faccia in una notte da dimenticare, parlava di uno “tsumani politico”, non tanto perché la gente è stufa di correnti e primarie, ma perché è stufa di chi non sa intercettare in alcun modo i suoi bisogni.
Dopo Pisapia e De Magistris, dopo il caso di Catania, per il Pd è tempo di disfatta, ma, stando alle parole di Bersani, senza che questo abbia comportato grandi novità o ripensamenti.
“Non ha vinto un partito, bensì una domanda di rinnovamento”, ha commentato Nichi Vendola, presidente di Sinistra Ecologia Libertà, dalle pagine del Secolo XIX.
E noi speriamo che abbia ragione e che, per davvero, la classe politica si rinnovi in uomini e propositi.
Ad ottobre scorso il Cio ha assegnato a Rio de Janeiro le Olimpiadi del 2016. La città carioca ha avuto la meglio nella votazione finale, a Copenhagen, su Madrid.
La sconfitta della capitale spagnola autorizza ad ipotizzare il ritorno dei cinque cerchi in Europa nel 2020. Ma magari a Berlino o in un Paese che non sia nei guai fino al collo, quanto a lavoro e futuro e si possa permettere di spendere per una vetrina internazionale.

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