Con l’arresto di Mario Chiesa, il 17 febbraio 1992, partì l’inchiesta “Mani pulite” che di fatto pose fine alla Prima Repubblica. L’operazione, subito ribattezzata “Tangentopoli”, scardinò il sistema di collusione tra politica e malaffare, svelò l’esistenza di un livello di corruzione indegno di un Paese civile e costrinse i partiti a fare i conti con i principi di legalità e trasparenza che sono alla base della democrazia. Oggi nuove inchieste della magistratura svelano in modo inquietante che la questione morale continua a pesare come un macigno sui partiti: la politica deve autoriformarsi per essere una casa di vetro.
20 anni fa il pool di “Mani Pulite” ebbe il coraggio di affrontare di petto la casta e di portare alla luce tutto il torbido che si annidava nelle istituzioni. Il potere politico e quello economico si erano saldati in un’unica lobby criminale dedita al ladrocinio e al saccheggio dello Stato, basti pensare all’enorme debito pubblico che corrotti e corruttori hanno lasciato in eredità ai cittadini. Borrelli, Di Pietro, Colombo, Davigo, D’Ambrosio e gli altri magistrati hanno fermato un giro impressionante di mazzette che rischiava di portare l’Italia alla bancarotta e affossare definitivamente le istituzioni. Le loro indagini sono state quindi estremamente preziose, anche se il lupo ha perso il pelo ma non il vizio.
Da Craxi a Berlusconi il passo è stato breve, la tecnica di attaccare i magistrati per screditarne l’operato si è fatta ancora più sistematica e, con leggi come quella per depenalizzare il falso in bilancio, si è cercato di istituzionalizzare in politica il basso livello di etica e legalità . “Mani pulite” ha cambiato tutto, ma c’è un partito del Gattopardo che vuole che tutto resti com’era. Un partito che non è necessariamente di centrodestra, che non vuole essere disturbato mentre ruba, che continua a sfruttare funzioni pubbliche per arricchirsi, che trasversalmente agli schieramenti e alle ideologie accoglie chi vede un ostacolo nei presidi di legalità. La dice lunga il voto segreto bipartisan sull’emendamento che prevede la responsabilità civile per i giudici, un attacco frontale della casta all’autonomia e all’indipendenza della magistratura. La politica dovrebbe prendersela con i ladri, non con le guardie: a meno che non sia complice dei primi.
Con il Governo Monti qualcuno sperava che le cose cambiassero di colpo. Per evitare che peggiorino continueremo ad essere le sentinelle della democrazia, fuori e dentro il Parlamento: il 17 febbraio a Milano si terrà l’incontro “20 anni da Mani Pulite (…e rubano ancora)”. C’è bisogno di una nuova ventata di trasparenza, da tempo abbiamo presentato le nostre proposte contro le tangenti, gli appalti truccati, i finanziamenti truffaldini ai partiti, l’efficienza delle pubbliche amministrazioni e la riforma dei meccanismi elettorali per ottenere un Parlamento pulito. Aspettiamo ancora che sia ratificata la Convenzione penale europea sulla corruzione, IdV lo chiede da tempo in Senato: il Governo cominci da questo, se vuol davvero imprimere una svolta. Altrimenti, per cambiare la musica, non resta che mandare a casa i suonatori una volta per tutte.