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SCALFARO: RISPETTO, MA QUANTE IPOCRISIE…

Un rispetto umano doveroso e sincero per la scomparsa di Oscar Luigi Scalfaro, illustre parlamentare ed ex presidente della Repubblica, ma non mi accodo alla ampia e liturgica litania degli osanna perché – dal punto di vista politico – credo sia stato anche un esempio di contraddizione ed ipocrisia.
Nessuno lo obbligò nel 1944 a fare il magistrato per la Repubblica Sociale (fascista) a Novara: qualunque fossero le sue opinioni Scalfaro non scappò certo in montagna, eppure nel 1945 eccolo pubblico ministero nei processi in corte d’assise straordinaria che mandarono a morte diversi esponenti fascisti locali. Lui non chiedeva la pena di morte ma (ipocrisia tutta scalfariana) “La grave pena”, che però di morte era lo stesso. Scrisse e disse poi di averlo fatto con intima disperazione e voglio sicuramente credergli, ma nessuno lo obbligava a fare il pubblico ministero, un incarico che poi – nel 1946 – gli spianò, anche grazie agli appoggi cattolici, la strada per il Parlamento.
Scalfaro era allora e tale restò fino agli anni '90 un democristiano ferocemente anticomunista e quasi bigotto, che per decenni ha “battuto” chiese, oratori, collegi e conventi piemontesi per raccogliere i voti di un mondo cattolico per cui nella DC rappresentava il baluardo contro il PCI e i primi cedimenti democristiani a sinistra.
Scalfaro era molto amico di mio padre – suo estimatore – e ricordo da bambino, tanti pacchetti di suoi “santini” elettorali distribuiti in giro da tutto il parentado.
Per questo gli iscrissi personalmente negli anni ’80 dopo che – presidente dell’inchiesta parlamentare sugli sprechi relativi alla ricostruzione dopo il terremoto dell’Irpinia – aveva di fatto insabbiato tutto.
Mi rispose con sette pagine autografe scritte fitte fitte in cui mi diceva che su certe cose non si doveva esagerare nelle indagini o ne avrebbe nuociuto la credibilità dello Stato: bella ipocrisia per mandare politicamente assolta una classe parlamentare DC della Campania che avrebbe dovuto finire compatta in galera.
Era da pochi giorni presidente della Camera quando nel 1992 divenne -per caso e a sorpresa – Presidente della Repubblica dopo l’attentato a Falcone, ma sicuramente non fu molto democratico quando nel ’94 non volle rispettare il voto popolare e – in odio e disprezzo a Berlusconi – fece di tutto per farlo cadere, complici i giudici di Milano che certo non ebbero con lui un comportamento molto costituzionale. Ma erano in combutta con il Colle tanto che Scalfaro seppe dal procuratore Borrelli dell'incriminazione (poi finita in nulla) recapitata a Berlusconi in pieno summit a Napoli ancora prima dell'indagato: uno scempio giuridico forse da Lui stesso organizzato.
Certo che Lui, il prode anticomunista – credo sempre in odio a Berlusconi – virò poi progressivamente di 180° imbarcandosi alla fine proprio con il PD dei suoi antichi nemici comunisti e cercando in questi ultimi anni di apparire come una sorta di baluardo a difesa della legalità, ma senza aver mai spiegato – per esempio – che fine facevano i “fondi neri” del suo lungo soggiorno al Viminale come Ministero dell’interno.
Ma a queste circostanze pubbliche aggiungo alcuni aspetti personali perchè era Scalfaro il Ministro al quale mi rivolsi alla fine degli anni ’80 quando mi fu chiaro che l’allora procuratore della repubblica di Verbania era un delinquente che ricattava le persone, anche in combutta con un locale senatore del PSI.
“Non si indagano i procuratori, non è possibile si comporti così” disse, senza voler procedere neppure ad una verifica. Finì ben diversamente per quel magistrato, pochi anni dopo condannato ed espulso dalla Magistratura per i reati che documentavo, ma ciò avvenne per il coraggio un po' incosciente di un allora solitario e sconosciuto consigliere provinciale del MSI-DN, non certo per merito di Scalfaro alla cui memoria esprimo quindi rispetto ed una sincera preghiera, ma considerandolo una figura che certo non ha avuto il pregio della coerenza né, temo, della totale trasparenza.

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