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Rapporti italo-svizzeri, una situazione di stallo incomprensibile

Nonstante i numerosi tentativi intrapresi dalla Camera dei Deputati e dal Senato della Repubblica per riportare ad uno stato di normalità i rapporti tra l'Italia e la Svizzera, non s'intravvede uno sbocco alla situazione di stallo che alcuni anni ha determinato forti tensioni tra Roma e Berna. Negli ultimi mesi del Governo Berlusconi si era finalmente profilata la strada negoziale per appianare le divergenze tra i due Paesi, ma paradossalmente l'avvento del governo Monti ha bloccato il negoziato e per ora, nonostante le sollecitazioni indirizzate al governo stesso, Svizzera e Italia sono tornate a parlarsi soltanto attraverso i mezzi d'informazione.
Al riguardo occorre sottolineare che per la gran parte degli addetti ai lavori l'orizzonte è limitato alle questioni di maggior rilievo, come la fuga dei capitali in Svizzera e i problemi fiscali che ne discendono, la cosiddetta euro-ritenuta, ovvero la regolarizzazione delle violazioni fiscali del passato e la tassazione alla fonte per i redditi futuri, mentre spesso si sottovalutano aspetti fondamentali per l'economia italiana come l'enorme interscambio commerciale tra i due Paesi, o il lavoro transfrontaliero e l'esportazione di servizi dalle Regioni italiane verso i cantoni confinanti, in primis dalla Lombarda verso il Cantone Ticino. Servizi che nella quasi totalità dei casi significano lavoro per i nostri concittadini in patria e al seguito delle imprese esportatrici.
Gli accordi bilaterali con l'Unione europea consentono infatti alle imprese di esportare, per un periodo di tempo delimitato, servizi in Svizzera con i propri dipendenti al seguito, garantendo il rispetto di regole fondamentali contro il dumping salariale e sociale. Il tutto, evidentemente, con carattere di reprocità ovvero la pari possibilità della Svizzera di esportare

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