La disoccupazione, nel gennaio 2012, è ai massimi storici dal 2001

La disoccupazione, nel gennaio 2012, è ai massimi storici dal 2001. Sono state superate anche le previsioni dei più pessimisti, che ipotizzavano una percentuale di disoccupati pari all’8,7%. Invece sta all’8,9% della è popolazione totale, il che significa oltre il 30% di quella giovanile. Un giovane su tre è senza lavoro.

Sembrano dati catastrofici, ma la realtà è anche più nera. Queste percentuali infatti contano come occupati anche quelli che, nel periodo considerato, hanno lavorato per poche ore o per un giorno. Non considerano invece quella massa crescente di persone, soprattutto molto giovani o ultracinquantenni, che il lavoro nemmeno provano più a cercarlo. Secondo le nostre stime, e anche secondo quelle di Bankitalia, il dato reale è dell’11%.

In questo quadro di sfacelo, chi pensa all’eliminazione in tutto o in parte dell’art. 18 sta fuori dal mondo. Il problema, oggi, non riguarda i diritti dei lavoratori, ma che i lavoratori ci siano: come i dati di oggi dimostrano ce ne sono sempre di meno. Di questo dovrebbe occuparsi il governo, e non di imporre alle parti sociali un’agenda delle priorità opposta a quella che suggerisce la realtà.

La favola per cui solo una maggiore libertà di licenziamento potrebbe risollevare il mercato del lavoro è un controsenso smentito proprio dall’aumento della disoccupazione. Sono dieci anni che i diritti dei lavoratori vengono sistematicamente eliminati, senza che ciò sia servito a difendere anche un solo posto di lavoro.

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