Fosse così dovremmo avere tassi di occupazione e crescita altissimi. E invece no…
Evidentemente non è riducendo le garanzie che crescono i posti di lavoro. L'equazione non funziona.
Lo dimostra l'ultimo studio dell'Istat sull'occupazione nel quinquennio 2005-2010. Due dati in particolare inducono a riflettere: nel nostro paese, su cento nuove assunzioni, oltre settanta sono a tempo determinato. Precisamente il 71,5% dei nuovi assunti ha iniziato un rapporto professionale con contratti vincolati temporalmente e quasi un lavoratore su due (il 47,3%) esce dalle grandi imprese proprio per la scadenza dei termini del contratto. Una quota (purtroppo) stabile nel periodo considerato, il 2005-2010.
Tutte posizioni, com'è evidente, fuori dall'articolo 18 e tutt'altro che garantite. Eppure i posti di lavoro diminuiscono, la crescita stenta, la fiducia non risale.
E le previsioni per l'anno corrente sono anche peggiori. Per Maurizio Zipponi, responsabile lavoro e welfare dell’Italia dei Valori, “il 2012 sarà l’annus horribilis per l’economia reale e per l’occupazione nel nostro Paese”.
Quelli resi noti dall'Istat “sono solo alcuni degli effetti della politica adottata dal precedente governo che, fino all’ultimo, ha negato la crisi”, precisa Zipponi, che sottolinea come “il governo Monti nel suo primo provvedimento è intervenuto unicamente sui cittadini onesti e sui pensionati, determinando così un’ulteriore recessione e precarietà”.
“Il lavoro – conclude Zipponi – è l’unica variabile economica per rimettere in moto il Paese, e la politica industriale e manifatturiera di qualità, la ristrutturazione del settore turistico, l’offerta culturale e l’agricoltura devono essere i punti di forza per la crescita, mettendo la finanza a disposizione e non il contrario”.