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La crisi italiana vista dalla Svizzera

Per evidenti ragioni non solo di prossimità, ma anche d’interesse, la Svizzera segue con grande attenzione l’evolversi della situazione nell’Eurozona. Un euro debole rafforza il franco e questo non giova all’economia svizzera di esportazione nel mercato europeo, soprattutto se la situazione attuale dovesse peggiorare.
Per quel che concerne in particolare l’Italia, i media svizzeri si sforzano in generale di registrare obiettivamente quel che sta succedendo, sia le misure per contenere il debito pubblico e stimolare lo sviluppo e sia le reazioni ch’esse suscitano in campo politico e soprattutto sociale. Indirettamente, però, molti servizi lasciano trasparire un quadro piuttosto negativo della situazione italiana, paragonata talvolta persino a quella della Grecia, salvo poi ad affermare che mai e poi mai l’Italia potrebbe andare in default, cioè in fallimento. Spesso sono invece i lettori dei grandi quotidiani che tendono a generalizzare alcune situazioni di evasione fiscale (ad es. ristoranti e negozi specializzati), antipolitica, leggi esistenti e non osservate, ecc.
I rapporti bilaterali
I temi sui quali si focalizza maggiormente l’attenzione dei media svizzeri, in particolare di quelli ticinesi, sono tuttavia quelli che in qualche modo hanno un rapporto con la Svizzera, soprattutto fiscalità e frontalieri. All’indomani dell’approvazione del decreto legge «salva Italia», che obbliga, fra l’altro, banche, poste e altri intermediari finanziari a comunicare alle autorità fiscali tutti i movimenti effettuati dai propri clienti, un quotidiano ticinese intitolava un articolo «Addio alla sfera privata». Sempre in tema di fiscalità, alcuni media ticinesi deplorano che siano ancora in funzione ai passaggi doganali i cosiddetti «fiscovelox» che registrano le targhe delle auto in transito.
Un altro tema sul quale i media ticinesi si soffermano molto riguarda l’accordo fiscale bilaterale che la Svizzera vorrebbe rinegoziare sul «modello Rubik» e che invece il governo Monti considera non prioritario. Il fatto che ripetutamente Monti abbia dichiarato che sta ancora valutando un accordo con la Svizzera, ma non subito, perché forse non è compatibile con le direttive dell’Unione Europea, preoccupa gli ambienti interessati svizzeri (soprattutto ticinesi).
I motivi di preoccupazione, accompagnata spesso da indignazione, sono essenzialmente due. Il primo è l’idea attribuita a Monti di considerare ancora la Svizzera una specie di «paradiso fiscale» perché in nome del segreto bancario (vitale per la piazza finanziaria svizzera) rifiuta lo scambio «automatico» di informazioni. Il secondo è che l’esitazione di Monti possa avere conseguenze a livello dell’UE e vanificare anche i due accordi già conclusi con la Germania e la Gran Bretagna, che hanno di fatto accettato l’anonimato dei capitali depositati in Svizzera. Con vivo disappunto un giornalista ha fatto notare, citando un ex consigliere federale, che i paradisi fiscali non ci sarebbero se non ci fossero gli inferni fiscali e l’Italia è uno di questi.
Nuove opportunità per la Svizzera
Ma per la Svizzera la situazione italiana non è solo fonte di preoccupazione. Più di un osservatore ha fatto presente che in questo periodo, soprattutto dopo l’insediamento del governo Monti, stanno rientrando in Svizzera molti capitali già «scudati» dal precedente governo. Gli investimenti italiani nel settore immobiliare, specialmente nel Ticino e nei Grigioni, sono in aumento. A fuggire non sarebbero, sembra, solo capitali, ma intere aziende favorite dalla stabilità svizzera e dal favorevole sistema di tassazione qui esistente. La Svizzera potrebbe anche approfittare dei «cervelli in fuga» dagli atenei italiani «poco abili nel valorizzare il merito e incapaci di fornire prospettive lavorative adeguate».
Insomma, non è vero che l’Italia, come vorrebbe qualche forza politica aggressiva ma poco attenta, è solo fonte di preoccupazione, perché dalla vicina Penisola arrivano anche nuove opportunità e in Ticino sono certamente molti a poter ancora dire «tutto bene nel nostro Cantone, anche grazie agli italiani».
Giovanni Longu
Berna, 24.01.2012

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