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QUANTO SI PUO’CONTARE?

Fine gennaio s’avvicina. L’anno era iniziato con qualche segnale di disponibilità da parte di un Popolo gravato da una crisi economica le cui origini non sono, ancora, sufficientemente note. Dopo i provvedimenti del prof.Monti, sembrava che la nostra situazione potesse trovare i presupposti per un futuro equilibrio economico. E’ stata solo una nostra impressione e, sicuramente, non solo nostra. Il rinnovamento, quando ci sarà, si trascinerà dietro quel fardello politico tanto ingombrante d’aver fatto naufragare la Prima Repubblica e d’aver seriamente compromessa anche questa Seconda. I fatti, ci hanno dato torto. E’ il Popolo italiano, sono i lavoratori, a pretendere garanzie di sopravvivenza che i “Tecnici” non sono state ancora in grado d’individuare. L’occupazione continua a calare e, anche fuori del Parlamento, ciò che resta della classe politica si dimostra esitante. Il Palazzo resta un organismo sempre meno strutturato per discutere i destini d’Italia. Uscire dalla crisi è l’unica finalità di quest’Esecutivo atipico ed apartitico. Di fatto, però, l’unica “certezza” è l’”incertezza” per una stagione di rinuce che è appena iniziata. Neppure Monti è riuscito ad allontanare l’aria d’instabilità che è tipica dei nostri mercati economici. Puntare sul futuro d’Italia continua ad essere un’impresa a lungo termine. Ora che la politica non fa più spettacolo, vivere nel Bel Paese si è fatto più difficile ed i mesi che verranno potrebbero riservarci sorprese ancora peggiori. La cura per l’Italia è ancora tutta da quantificare. Intanto gli italiani dovranno fare i conti con un meccanismo impositivo fiscale di tutto rispetto. L’unica riforma che è andata in porto è quella del sistema previdenziale. Dopo qualche scaramuccia, si andrà in pensione più tardi nell’età e con un sistema di calcolo meno favorevole di quello che le nuove generazioni dovranno lasciarsi alle spalle. Nemmeno con Monti la “Pax Sociale” ha trovato una sua decorosa collocazione. Insomma, gli italiani non ci stanno ad ipotecare il loro futuro senza tener conto degli eventi passati. Roma non è più “ladrona”, ma i conti non tornano lo stesso. Il Federalismo è rimasto sulla carta come, del resto, tutta quella serie di grandi opere ipotizzate da un fronte politico che non poteva durare. Per quest’anno, anche se nessuno è profeta in Patria, non ci dovrebbero essere altra manovre aggiuntive al giro di vite che, almeno negli atti, non risparmia nessuno. Senza accordi di programma, Monti è riuscito a portare in porto una raffica di provvedimenti che, anche nel recente passato, sarebbero stati ritenuti “impopolari”. Né ci consola che anche la maggioranza degli Stati UE non goda migliore salute della nostra. Solo la Germania, almeno per ora, non ha in casa la “povertà” che hanno i Paesi dell’area mediterranea. C’è da pensare, di conseguenza, che i nostri errori hanno origini lontane e, forse, non sono stati considerati con maggiore attenzione. Almeno quando era ancora possibile. Mentre il “lavoro” è indispensabile per andare avanti, le famiglie temono di non riuscire a tenere il passo. La disoccupazione è tornata a salire; come una febbre perniciosa che, invece, dovrebbe essere curata. Ma la panacea ai nostri mali peggiori non può essere solo la “liberalizzazione”. Ai tempi di Berlusconi, si criticava; oggi si considera come la terapia migliore per salvare ciò che ancora merita d’essere salvato. Gli accordi sociali, assunti per il passato, dovrebbero, invece, essere ancora rispettati. Sono stati varati da un Parlamento qualificato e solo uno stesso Parlamento li può modificare. Le terapie d’urto non hanno mai dato garanzie. Tramontati i tempi delle promesse non mantenute, ora non è possibile puntare sulle sorti di un’Italia che verrà. Di fatto, ci siamo resi conto che è bastato poco per dare una spallata alla politica italiana; nata e sviluppata sull’argilla. Ora c’è da verificare se, invece, si riuscirà a stabilizzarne l’economia.

Giorgio Brignola

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