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L’esistenza dei poveri in qualche modo conviene alla Chiesa

Quando alla Chiesa si rimproverano lo spreco di denaro nel costruire sontuose chiese, lo sfarzo in certe celebrazioni religiose e via di seguito, si obietta ricordando il bellissimo episodio evangelico dell'unzione di Betania. Una donna versa un vaso di prezioso profumo sul capo di Gesù, suscitando l’indignazione degli apostoli: “A che tanto spreco? Il nardo poteva vendersi molto caro e dare il prezzo ai poveri”. E Gesù: ”Perché date noia a questa donna? Ella ha fatto un’opera buona verso di me. I poveri, infatti, li avete sempre con voi, me invece non sempre mi avrete. Poiché essa, spargendo questo profumo sul mio corpo, lo ha fatto per la mia sepoltura”. Ora, Gesù non dice che l’osservazione degli apostoli sia sbagliata, ma ricorda loro che non è opportuna in quell’occasione, giacché lo spreco è fatto in vista del suo sacrificio; in vista di un evento unico, eccezionale. Il che significa che anche lo “spreco” è unico ed eccezionale. Quando alla Chiesa cattolica si rimproverano le sue ricchezze, c'è anche chi osserva che se essa si liberasse dei suoi beni, non potrebbe svolgere la sua immensa opera di carità. E' giusto. Ma nessuno pretende che la Chiesa si privi delle sue ricchezze e smetta di svolgere la sua opera. La Chiesa è padrona di comportarsi come meglio crede. Però dovrebbe anche avere l'onestà di ammettere che il suo comportamento non è conforme al Vangelo. Lo sarebbe, se Gesù avesse detto agli apostoli: “Accumulate tesori sulla terra, così potrete aiutare agevolmente i poveri e starete bene anche voi”. Gesù non disse questo, e la Chiesa lo sa perfettamente. Sotto quest’aspetto, quindi, la Chiesa non può definirsi chiesa di Cristo. Può definirsi, semmai, grande istituzione di beneficenza. Faccio rilevare che la società, e la Chiesa stessa, dovrebbero adoperarsi soprattutto per eliminare la povertà. L'esistenza dei poveri in qualche modo conviene alla Chiesa, giacché giustifica il suo benessere.

Miriam Della Croce

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