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La sicurezza non si garantisce con i proclami

Durante tutto il 2011 Roma è stata protagonista di efferati delitti ed eventi criminosi di grande impatto sociale. In queste ultime settimane un grande fermento istituzionale si è mosso intorno al tema della sicurezza, tra riunioni, iniziative e fiaccolate varie, tentando di sensibilizzare l’opinione pubblica su una problematica che ormai da molto tempo affligge i cittadini della Capitale. La sicurezza, purtroppo, non è un affare politico, anzi, è più concretamente una reale esigenza dei cittadini, che va trattata con il dovuto rispetto e senza ipotesi propagandistiche. L’argomento va affrontato con rigore e serietà e i vari esponenti politici, che a turno si sono voluti proclamare come gli innovatori di quella vecchia politica ormai ridotta a mero simulacro di potere, hanno invece assunto un atteggiamento che si avvicina di più alla semplice passerella mediatica, volta ad aumentare il proprio prestigio in funzione dei prossimi scenari politici. Tante parole, ma ad oggi, nessun fatto che faccia pensare ad una reale soluzione. Dei tanti Ministri dell’Interno, ad esempio, nessuno è riuscito, sino ad oggi, ad impiegare in compiti di polizia le tantissime unità di personale appartenenti alle Forze dell’Ordine, che svolgono tuttora servizi amministrativi negli uffici del Ministero dell’Interno, della Presidenza del Consiglio dei Ministri ecc..ecc… eludendo di fatto e ripetutamente l’applicazione dell’art. 36 della legge Napolitano n° 121 del 1981. Nessuno si è mai posto il problema della vecchia ed obsoleta dislocazione dei 41 Commissariati ubicati nel centro di Roma o comunque all’interno del Grande Raccordo Anulare, che lasciano svantaggiate soprattutto quelle zone nate e sviluppatesi al di fuori del GRA. Inoltre, le condizioni logistiche e strutturali in cui versano le Forze dell’Ordine dopo le riduzioni economiche fatte dal governo, rendono lo scenario della sicurezza ancor più drammatico. Mai come oggi, le Forze dell’Ordine hanno bisogno di essere incentivate con maggior personale, per far fronte ad una criminalità sempre più organizzata e mai come oggi, hanno bisogno di strutture e mezzi all’avanguardia che contemplino sofisticate tecnologie in grado di garantire standard di sicurezza sempre più elevati. Oltre a ciò occorrerebbe istituire, con il concorso di tutte le istituzioni ed associazioni di categoria interessate, un osservatorio permanente per la sicurezza e la lotta alla criminalità che vada dal Centro alla più recondita periferia. Una sorta di cabina di regia, con il compito di analizzare ed individuare in tempo reale, soluzioni ed interventi in maniera rapida e dinamica. Si tratta, in concreto, di non abbassare la guardia e offrire strutture di riferimento e rassicurazione anche nelle aree interne alle periferie, per poter dare un senso di reale impatto a questa battaglia di civiltà e di libertà. Inoltre l’iniziativa per la sicurezza deve tradursi in azioni concrete di contrasto repressivo, di controllo della regolarità degli stranieri e di prevenzione sociale che sottragga soprattutto gli strati giovanili emarginati, alle suggestioni del guadagno facile e al salto nell’illegalità. La sicurezza è frutto di una serie di fattori, che comprendono da un lato il controllo del territorio da parte delle forze dell’ordine e dall’altro azioni che agiscano sulle cause strutturali del fenomeno. Occorre quindi combattere l’emarginazione e il degrado sociale, che mettono radici sopratutto nelle parti più periferiche della città. Le periferie non possono essere fine a se stesse, ma andrebbero modificate sul modello dell’urbanizzazione francese, rendendole autonome e dotandole di tutte quelle infrastrutture che vanno nella direzione della riduzione delle sottoculture. Vanno portate avanti quelle proposte che nel tempo si sono perse nel vuoto, come ad esempio il numero unico per gli interventi delle Forze dell’Ordine, in modo da avere una sola regia che coordini e agisca in tempi più celeri. Si era parlato di dislocare adeguatamente e omogeneamente tra centro e periferia i presidi di Polizia e Carabinieri e Vigili Urbani al fine di evitare eccessive concentrazioni strutturali o addirittura vuoti di presenza, di coordinare al meglio l’utilizzazione di tutte le forze dell’ordine, puntando con decisione al modello di polizia di prossimità o come si usa dire poliziotto di quartiere, (ultimamente sparito) da attuare ovviamente non in chiave propagandistica come è stato fatto finora, ma come nuova filosofia operativa che riguardi tutti i servizi di polizia che si relazionano con i cittadini; di stabilire, infine, di diffondere una cultura della legalità, in modo attivo con tutte le istituzioni scolastiche nella promozione di attività formative sulle tematiche dell’educazione alla liceità diffusa e dell’educazione al rispetto della “cosa pubblica”. Fino ad oggi però, tutti coloro che hanno avuto la responsabilità di questo, si sono limitati a soluzioni tampone o a riproporre modelli già falliti in passato.
Antonio Di Giovanni

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