OGGI TUTTO E’ DA METTERE IN DISCUSSIONE, COMPRESO LA DEMOCRAZIA

Il titolo, che non è certo concepito ad arte per catalizzare interesse alla lettura, tradirà tutti quei lettori che si aspettavano di leggere un… libro, pensando al fatto detto titolo, già di per se, si sarebbe prestato ad un variegato e massiccio sviluppo delle argomentazioni. Ma così non sarà perché intendo liquidare tutto in poche righe, non avendo più fiato e voglia per rivisitare cose dette, ridette, trite e ritrite.
Dico subito da democratico, e non certo dell’ultima ora, che oggi la democrazia non esiste più: essa ha cambiato nome e sostanza. Dire che essa si è trasformata in oligarchia, alias governo di pochi, è una constatazione già agli occhi di tutti stante il fatto che questi oligarchi non governano secondo sani ed onesti principi, ma attraverso la forza dei mezzi economici. Come dire: la rappresentanza non è espressione della volontà dei cittadini ma dei mezzi che l’oligarca possiede. L’ultimo esempio italiano, docet ad abundantiam ! Ergo, parlare di democrazia è un non-senso.
Ne consegue che, se viene meno la sostanza democratica, è implicito che si debba dare un altro nome anche alla forma di governo, battezzandola con la stessa ragione sociale di una società al cui apice c’è un amministratore delegato, dei consiglieri di amministrazione, un collegio sindacale, come ad esempio, ITALIA S.P.A.. ecc.ecc., che amministra le azioni degli italiani, i quali, come succede anche per tante altre aziende, demandano alla predetta struttura il buon o cattivo andamento dell’amministrazione, incassando dividendi o sostenendo perdite per fronteggiare le quali, a volte, è necessario immettere “denaro fresco” in azienda per aumentare il capitale sociale. Esattamente come ha fatto Mario Monti in queste ultime settimane, sia pur attraverso diverse articolazioni rispetto agli atti societari. Ma della stessa natura.

Non leggo più giornali da alcune settimane, né guardo più di tanto le varie tv perché ho netta la sensazione che tutti i mass-media siano devianti rispetto a ciò che hanno bisogno oggi l’Italia e l’Europa per non fallire. Esse anzitutto necessitano di una politica comune, non disgiunta da un’unica giustizia ed un’unica fiscalità. I tempi per questo sono stra-maturi, ciò che manca è l’intelligenza, intesa nella sua vera accezione, degli apici europei, i quali, a vario titolo, non vogliono ancor oggi capire che la ruota può girare solo se tutti gli ingranaggi funzionano a dovere. Basta infatti uno che non funzioni e la ruota, nel suo insieme, non gira. E questo lo dovrebbero capire i vari Sarkozy, Merkel ed altri che non si rendono conto che, tirandosi indietro, finiscono per danneggiare se stessi. Mentre scrivo, apprendo che un certo accordo fra i 27 è stato raggiunto, ma è poco ed i tempi sono lunghi per la sua efficace materializzazione. Anche il Regno Unito, ancora fuori dell’Euro, a mio avviso, avrà dei seri problemi nel caso intenda insistere sul suo isolamento che appare sempre più una patologia vagante fra USA ed UE.

Ecco perché sostengo che siamo giunti ad un punto che non consente più di continuare se non mettendo in discussione tutto il passato, stante il fatto che il presente ed il futuro richiedono nuove regole, nuova politica e nuova democrazia. Purtroppo, anche in Europa, non ci sono persone valide per favorire il cambiamento. Un mio amico, europarlamentare, mi ha detto infatti che di persone capaci lì ce ne sono ben poche e che il parlamento è in parte costituito da personaggi che rappresentano un cimitero per elefanti, che non hanno trovato collocazione nelle rispettive nazioni. Ferme restando le eccezioni che pur ci sono.

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