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L’ULTIMA SPIAGGIA

Mentre l’Esecutivo Monti ha iniziato a fare i conti sui debiti dell’Azienda Italia e presentare una manovra da venti miliardi di Euro, qualche verifica l’abbiamo fatta anche noi. Per la carità, non siamo tecnici, né ci teniamo ad essere considerati tali. Solo ci siamo basati su alcuni parametri che, se ben raffrontati, ci hanno permesso di fare un punto “spicciolo” prima del varo dei provvedimenti economici che dovranno trovare il “placet” del Parlamento. Intanto, il costo della vita, in dodici mesi, è aumentato del 3,2%. Dal febbraio del 2002 ( data d’ingresso dell’Euro), l’incremento è stato del 34%. Insomma, in quasi nove anni, l’incremento medio è stato del 3,7%, circa. Valore di tutto rispetto, anche se inferiore al decennio precedente; ma, in allora, si ragionava in Lire. In pratica, tutt’altra storia. Gli stipendi e le pensioni, soprattutto queste ultime, hanno avuto adeguamenti mai superiori ali’11%. Vale a dire 1,2% su base annua. Le percentuali, in se, non sarebbero poi tanto patologiche. Però è da almeno quattro anni che siamo costretti ad affrontare una crisi economica che, come un’epidemia, si è diffusa a livello mondiale. Da noi, gli effetti, pur se non devastanti, si sono fatti sentire di più. A conti fatti, tenendoci al minimo livello di guardia, i prezzi subiranno incrementi maggiori per le nuove imposizioni fiscali centrali e locali già operative. Con il rincaro del costo dei combustibili, soprattutto quelli derivanti dal petrolio, lieviteranno i prezzi correlati al riscaldamento, al trasporto su gomma; ma anche quelli concernenti l’energia elettrica. Per il 2012, un picco generale stimabile non inferiore al 10%. Senza tener conto degli “adeguamenti” tariffari che ogni anno nuovo si trascina dietro, costerà maggiormente anche curarsi. Non è più il caso di scrivere di “stangata”, ma, forse, di manovra economica d’elevato rigore. L’Italia dovrà rendere conto all’Europa. Il Governo, almeno quello che verrà, dovrà rendere conto al Popolo italiano. Le imposizioni maggiorate sul superfluo non ci preoccupano più di tanto. Diversa è, invece, la prospettiva di un rincaro su quanto riteniamo indispensabile. I sacrifici, a nostro avviso, non avranno effetto sul rilancio produttivo nazionale, né aumenteranno la fiducia in un futuro migliore. La fiscalizzazione degli oneri sociali, la prospettata riforma del nostro sistema previdenziale sono già evidenti segnali di un altro giro di vite. I diritti acquisiti, si scriveva, non si toccano. Ora ci chiediamo sino a quando. Le proiezioni ci presentano un Paese con un indice di disoccupazione superiore all’8% ed il concreto rischio della diminuzione dei posti di lavoro già in essere. Con effetti che potrebbero ripercuotersi a più ampio livello. La logica del “risparmio” sugli sprechi non modifica la nostra posizione interlocutoria. L’UE sta invecchiando ancor prima di poter realizzare un’esperienza economica comunitaria. Lo abbiamo già scritto, e lo ripetiamo: la moneta unica non ci assicura un’economia stabile a livello nazionale. Come a scrivere che se lo Stato s’indebita, o si è indebitato, i conti dovranno essere pareggiati in famiglia. Le riforme che contano non potranno essere neppure prese in considerazione per la mancanza di una Maggioranza nata da accordi politici parlamentari. Fare l’indispensabile, lo dice la parola stessa, è solo tentare d’evitare guai peggiori. Forse, i nostri problemi sono iniziati proprio al momento di fissare il cambio Lira/Euro. Se i problemi interni ci sono, dobbiamo rammentare che non sono solo di ieri. In economia, gli errori, anche quelli marginali, si sommano con gli altri sino a diventare motivo di speculazione. Ora i nodi sono venuti al pettine. Per evitare l’ultima spiaggia, non rimane che il rigore. Ma per tutti.

Giorgio Brignola

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