Christa Wolf che cosa resta?

‘Sono grata per il semplice fatto di essere stata al mondo e per come si è svolta la mia vita’, così inizia un articolo di Repubblica il 1 dicembre, quando si è appresa la morte di Christa Wolf. Tento di dare anche un’ altra piccola lettura di questa grande donna, mai fragile Cassandra? Il 9 Novembre, per il ventennale dalla caduta del muro di Berlino e Berlino stessa, venne riproposto da un blog la lettura di un ” libro significativo del crollo è Was bleibt di Christa Wolf, tradotto in italiano da Anita Raja per i tipi di E/O, appena ripubblicato, con il titolo di Che cosa resta, un testo simbolico che fa coincidere il crollo del muro con il crollo delle illusioni. La frase conclusiva di questo romanzo pare essere il punto di inizio di una nuova Storia, Christa Wolf si chiede infatti che cosa resta quando tutto crolla, si disfa e lo smarrimento si impossessa di te.


E’ un testo molto intenso che da voce alle paranoie di cui è vittima la protagonista, che impersona in molti dettagli la scrittrice stessa, sorvegliata dall Stasi perde a poco a poco il diritto di vivere il proprio quotidiano, giungendo al culmine del romanzo, punto in cui, in seguito ad una manifestazione in cui degli studenti vengono caricati dalla polizia, ci si chiede che cosa resta di tutti gli ideali, le convinzioni e i sogni che hanno popolato la vita, ci si chiede come si può ricominciare, come sia necessario trovare un’altra lingua in cui la protagonista potrà tornare a scrivere. Il tempo, a distanza di vent’anni, ha ridisegnato le identità perdute….”

L’ 8 novembre 1989 nel notiziario serale della televisione est-tedesca Christa Wolf si rivolse con un solenne appello ai cittadini della Repubblica Democratica Tedesca (DDR).

« Care concittadine, cari concittadini, noi tutti siamo inquieti. Vediamo migliaia di persone che ogni giorno lasciano la nostra terra. Noi sappiamo che la politica degli ultimi giorni ha rafforzato la sfiducia nel rinnovamento. Noi siamo consapevoli della debolezza delle parole di fronte al movimento di massa, ma non abbiamo nessun altro mezzo che le parole. Che ancora adesso mandano via, mitigano la nostra speranza. Noi vi preghiamo, rimanete nella vostra patria, rimanete da noi. »

Aveva 82 anni e stremata da una lunga malattia, lei Cassandra indimenticabile, se ne è andata.

Cosa resta? La sua forza: non c’erano muri e porte chiuse. Ciao Christa e te lo dico in musica con un’ altra Cassandra che cammina per le strade del mondo .Per tutti coloro che sono nati sotto una stella arrabbiata.
Doriana Goracci

Christa Wolf, nata Christa Ihlenfeld (Landsberg an der Warthe, 18 marzo 1929 – Berlino, 1º dicembre 2011), è stata una scrittrice tedesca.
Nata nell’attuale Polonia, trascorre l’infanzia e l’adolescenza sotto i dogmi di Hitler e, come tutte le ragazze della sua età, viene inquadrata nella corrispondente formazione giovanile nazista, lo Jungmädelbund. Terminata la seconda guerra mondiale, vive l’odissea del profughi provenienti dalla parte orientale del Terzo Reich di fronte all’avanzata dell’esercito russo. A soli 20 anni si iscrive alla SED, che presiede – il 7 ottobre 1949 – alla fondazione della Repubblica Democratica Tedesca (DDR). Studia germanistica all’Università di Jena con il prof. Hans Mayer e discute una tesi su Hans Fallada. Nel 1951 sposa lo scrittore Gerhard Wolf. Dal 1962 lavora come critica letteraria presso la rivista dell’Unione degli Scrittori della DDR “Neue Deutsche Literatur”.
Durante gli anni Cinquanta la giovane scrittrice crede con fermezza nella missione anche politica della letteratura e, soprattutto, segue impavida i diktat del “realismo socialista”, stroncando, basti leggere i suoi interventi sulle riviste letterarie dell’epoca, tutto ciò che esula dal tipico e dall’esemplare. Nel 1955 un primo viaggio nell’Unione Sovietica correda la formazione della critica letteraria. Sono anni, questi, molto travagliati per la DDR: la città di Berlino, la cui parte Est è la capitale della Germania Orientale, diventa – con l’inizio della guerra fredda – il centro della contrapposizione in blocchi; a livello nazionale pesano poi sia i pesanti risarcimenti di guerra a Mosca sia il flusso migratorio verso Occidente che dissagua con il tempo la “zona di occupazione sovietica” della forza lavoro più qualificata; internamente trionfa lo stalinismo e la segreteria di Ulbricht soffoca la popolazione con il primo piano quinquennale di pianificazione, a passi accelerati, economica.
L’esperienza di lavoro presso una fabbrica di vagoni ferroviari dà origine alla stesura del romanzo sulla divisione della Germania che la pone al centro dell’attenzione della critica internazionale: Il cielo diviso (Der geteilte Himmel, 1963). Nel 1963 le viene assegnato il premio Heinrich Mann e nel 1964 il romanzo riceve una riduzione cinematografica per il cinema dal regista Konrad Wolf.
Negli anni seguenti uscirono diverse nuove opere di Christa Wolf, tra le quali le più importanti sono: Riflessioni su Christa T. (Nachdenken über Christa T., 1968), che affronta il disagio dell’individuo all’interno di una società dirigistica e omologante, Trama d’infanzia (Kindheitsmuster, 1976), con il quale si confronta con il passato hitleriano, Cassandra (Kassandra, 1983) e Medea. Voci (Medea. Stimmen, 1996); quelli dedicati alla veggente troiana e alla donna della Colchide si segnalano per il tema comune dell’antichità mitica della Grecia classica. Il ritorno al mito permette al lettore tedesco-orientale e non di entrare in contatto con temi arcaici che per la prima volta vengono trattati alla luce di uno sguardo femminile e, per quanto riguarda Medea, anche di nuove scoperte archeologiche e filologiche che rivalutano la figura della protagonista.
Particolarmente interessante è un breve testo, Che cosa resta (Was bleibt, 1990) che viene pubblicato a pochi mesi dalla caduta del muro di Berlino e in piena campagna elettorale. Il libro, che parla – con espliciti riferimenti autobiografici – di una donna, una scrittrice famosa, sorvegliata dalla Stasi, provoca un boomerang perché, da quel momento, esplode una campagna denigratoria molto violenta, soprattutto ad opera della stampa occidentale, ai danni della Wolf. Alcuni recensori vedono le dichiarazioni di chi vuole presentarsi come vittima: la critica parte dell’opinione che la denuncia nei confronti di Honecker e della dittatura sarebbe stata chiara, ma troppo tardiva.
Nel 1993 emerse – in seguito all’apertura degli archivi della DDR dopo l’unificazione tedesca – la notizia della collaborazione della scrittrice con la Stasi fra gli anni 1959-1962. In realtà, nonostante alcune polemiche che seguirono, anche in Italia, il fatto fu notevolmente ridimensionato dato che dagli stessi archivi emergeva (in data 24 novembre 1959) che l’informatrice manifestava un “crescente riserbo” nei confronti della polizia tanto da indurre i servizi a chiudere i rapporti con lei perché da considerarsi infruttuosi. La polizia notava oltretutto che non c’era nessuna differenza fra le opinioni espresse in pubblico e nel privato sui colleghi scrittori e che non si poteva ottenere da lei nessun tipo di delazione .
Nel 2002 è apparso il testo Un giorno all’anno. 1960-2000 che raccoglie le pagine di diario scritte ogni 27 settembre lungo tutti quegli anni. Dal testo emergono i conflitti interiori e l’analisi lucida della società tedesca fino all’unificazione ed oltre. Il testo è molto interessante anche per ciò che Christa Wolf racconta a proposito della propria attività di scrittrice: dubbi e riflessioni nel lavoro quotidiano sui propri testi. L’ultimo libro Con uno sguardo diverso (2005 in Germania, 2008 in Italia), raccoglie otto racconti che spaziano dalla sperimentazione letteraria alla forma diaristica (vengono presentate le pagine del 27 settembre 2001) fino alla toccante scomposizione della propria vita coniugale.
Christa Wolf muore il 1º dicembre 2011 all’età di 82 anni.
« Il passato non è morto; non è nemmeno passato. Ce ne stacchiamo e agiamo come se ci fosse estraneo. »
(Christa Wolf, Trama d’infanzia)
Fonte http://it.wikipedia.org/wiki/Christa_Wolf

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