Un pieno di democrazia da questa fiducia. Oggi è la cattiva politica che diventa più debole

La fiducia del Parlamento al Presidente del Consiglio Sen. Mario Monti è oggi un fatto politico che va molto oltre un semplice avvicendamento di governo. Usciamo da una condizione di impasse interna alla maggioranza che ha governato fino a ieri e che ha gravemente paralizzato il Parlamento. Si chiude – lo speriamo vivamente – una fase di pericolosa stagnazione nelle riforme, a causa delle priorità discutibili e sbagliate proposte dalla maggioranza uscente.

Affrontiamo oggi – con decisione e soprattutto con una squadra di governo credibile – l’emergenza di una crisi finanziaria ed economica sempre sottovalutata dal Governo Berlusconi. Si creano le condizioni per ristabilire la credibilità internazionale dell’Italia, fortemente scossa in questi ultimi anni.

Dovendo misurarsi questo governo con compiti tanto impegnativi, la politica non arretra neanche di un millimetro. Il mandato politico che affidiamo a questo governo è, dunque, pieno e pregnante. Semmai, oggi è la cattiva politica che diventa più debole. Quella degli interessi particolari a scapito di quelli generali. La politica intesa come scontro istituzionale e politico. La politica che non ascolta.

Vince la politica che costruisce soluzioni ed affronta le emergenze, le criticità di un Paese come l’Italia. Questa politica, sobria e in ascolto, è il migliore antidoto alla crescente disaffezione nei confronti delle istituzioni. L’impegno del Presidente Monti, l’impegno dei Ministri del Governo, impone al Parlamento di essere all’altezza delle prospettive che sono contenute negli indirizzi programmatici presentati al Parlamento. Impegno nazionale, come ricordato dal Presidente, che ha bisogno delle energie di tutti per raggiungere gli obiettivi che si propone.

Il collante che può tenere insieme una maggioranza così ampia ed eterogenea che si appresta, anche alla Camera, a votare la fiducia non può che essere, come ricordato, quello dell’impegno nazionale e del buon Governo del Paese.

I mercati seguono con attenzione le nostre scelte. Vogliono capire in che direzione ci muoviamo. Contano, insomma, le prospettive. Chi investe sull’Italia deve avere la convinzione che il nostro Paese ha prospettive positive perché è in grado di far ripartire la crescita, di mantenere uno stato sociale, migliorato e più efficiente, di garantire un futuro alle nuove generazioni. Nel momento in cui tanti giovani abbandonano l’Italia, l’impegno del nuovo esecutivo deve concentrarsi sulla crescita e lo sviluppo e sulle prospettive per i giovani. Nella bufera di questi mesi, abbiamo capito che per essere pienamente europei non basta avere concorso ad edificare le istituzioni continentali, ma è necessario immaginarne e realizzarne la crescita e lo sviluppo, creare le condizioni di un rafforzamento dei vincoli unitari. Continuiamo a credere nell’Europa unita, negli strumenti della sua unità, quindi anche nell’euro. Ma all’Europa chiediamo equità e attenzione ai bisogni dei suoi cittadini, che oggi pagano maggiormente le conseguenze della crisi.

Equità e sacrifici, due parole che ci accompagneranno nei prossimi mesi, che dobbiamo affermare in tutta Europa. Dobbiamo fare in modo che anche i mercati sappiano che questa è la barra che guiderà la rotta dei paesi europei, intrecciando il contenimento della spesa, la riduzione del deficit e il pareggio di bilancio con la lotta all’evasione e con la ricerca costante dell’equità. Non solo sulle deleghe per la riforma fiscale e del welfare, ma anche per quanto riguarda le misure sulla crescita, anche per il regime pensionistico, anche per un nuovo patto di solidarietà tra generazioni.

Le comunità italiane nel mondo seguono con apprensione la crisi europea, soffrono per le difficoltà dell’Italia ed oggi seguono con attenzione e speranza il percorso di uscita dalla crisi che inizia con la fiducia al Governo Monti. Uomini e donne che hanno stabilito un solido e forte rapporto con l’Italia, anche di partecipazione democratica, e che hanno sofferto la mutilazione delle risorse destinate alle comunità nel mondo. Dallo stanziamento complessivo per il 2008 di 73 milioni di euro si è passati ad una proposta per il 2012 di 16 milioni di euro. Un taglio pari all’80% delle risorse che ha colpito la scuola, l’assistenza, la cultura e gli organismi di rappresentanza, Comites e Cgie. Secco taglio di fondi, senza riforme, senza ascolto, con l’arroganza di un Governo disattento ai bisogni della gente, degli emigrati del passato e di quelli che continuano a partire, accompagnato da chiusure di sedi consolari e da una fortissima compressione della rete diplomatico-consolare nel mondo.

Al neo Ministro degli Affari esteri, Giulio Maria Terzi di Sant’Agata, a cui vanno i migliori auguri di buon lavoro, ricordiamo che siamo disponibili a lavorare sulle riforme, a rendere più saldo e moderno il legame con le comunità italiane nel mondo, a confrontarci sullo spending review per garantire una ragionata e utile distribuzione delle risorse e dei tagli. Crediamo che i tempi siano maturi per dare concretezza alla scelta, giusta, dei tagli ai costi della politica, a condizione che si metta mano anche ai privilegi di tante, troppe caste, inclusa quella dei diplomatici.

Riteniamo indispensabile procedere sul cammino delle riforme per il personale a contratto impiegato dal MAE, che in questo scenario sta avendo una essenziale funzione di sostegno della sempre più asfittica presenza dell’Italia nel mondo, sia per quanto attiene ai diritti e alle prerogative sindacali che per quanto riguarda alcune importati questioni aperte, come le detrazioni fiscali per carichi di famiglia, in scadenza a fine anno. Dobbiamo, in sostanza, essere europei anche nei trattamenti economici e nella tutela dei diritti del personale che impieghiamo fuori dai confini nazionali. Una logica di parità di trattamento che si intreccia con l’equità.

Ai colleghi senatori che hanno colto l’opportunità del voto di fiducia per invocare l’approvazione della riforma di Comites e Cgie, tanto cara al Governo appena dimessosi, ricordiamo che il provvedimento è all’esame della Camera. Sinceramente, non si sente il bisogno di un intervento del Governo, che è bene che si occupi di cose più serie e urgenti, come l’insegnamento della lingua e della cultura italiane nel mondo o i diritti del personale a contratto. Il Governo sappia, invece, che si sente forte il bisogno di ripensare l’impianto complessivo delle riforma, largamente insufficiente a fronteggiare la situazione drammatica dei Comites e dello stesso Cgie, che aspettano di essere rinnovati da circa otto anni. Siamo disponibili, dunque, a discutere su basi nuove una riforma della rappresentanza con le forze politiche e parlamentari che oggi sostengono il Governo Monti, nel tentativo di riaprire il dialogo con le nostre comunità, che su questo punto continua a conoscere momenti di dannosa tensione.

On. Marco FEDI
Camera dei Deputati
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