Riguardo alla semplificazione dei riti, il testo del decreto legislativo n. 150/2011, che attua la delega contenuta nella legge n. 69/2009, presenta luci ed ombre.
Il Cnf ha salutato con soddisfazione l’accoglimento nella versione definitiva di molte delle osservazioni avanzate nel corso della istruttoria legislativa del decreto delegato, ma rileva che l’intervento, nel suo complesso, ha raggiunto solo uno degli obiettivi che il Consiglio aveva segnalato, e cioè il coordinamento dei riti speciali disciplinati da leggi diverse dal codice di procedura civile, non intervenendo affatto sulla razionalizzazione dei riti e la semplificazione delle norme del cpc.
Il testo promulgato presenta infatti netti miglioramenti rispetto allo Schema di decreto legislativo approvato il 15 marzo scorso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. In adesione alle proposte e ai suggerimenti emersi nelle audizioni parlamentari e nelle interlocuzioni – orali e scritte – con il Consiglio nazionale forense, difatti:
1) si è adottata una disciplina cornice degli adattamenti necessari all’applicazione da parte del giudice collegiale del rito sommario di cognizione (art. 3).
2) E’ stata introdotta una disciplina generale della sospensione dell’esecutività dei provvedimenti impugnati (art. 5), valevole per tutti i riti considerati con la sola eccezione delle controversie relative ad aiuti di Stato (art. 9) e della materia del trattamento sanitario obbligatorio (art. 21).
3) Ugualmente rispondente alle sollecitazioni del Consiglio nazionale forense è la omogeneizzazione dei termini per le opposizioni a sanzioni amministrative e, più in generale, per la impugnazione dei provvedimenti di volta in volta richiamati. Salvo puntuali e rare eccezioni, vengono individuati un termine di 30 giorni per le parti residenti nel territorio nazionale ed uno di 60 giorni per i residenti all’estero (spariscono in tal modo le previsioni di termini di impugnazione/opposizione di 20 o 10 gg. prima contemplati).
4) Viene, in qualche modo seppur non completamente, razionalizzato il criterio di riconduzione di taluni procedimenti speciali ad uno piuttosto che ad altro rito modello. E’ il caso (segnalato dal Consiglio nazionale forense nel Parere del 15 luglio u.s.) delle controversie in materia di protesto che nello schema erano ricondotte a due differenti riti e nel testo definitivo confluiscono nel rito del lavoro (cfr. artt. 12 e 13).
Non si può, infine, sottolineare con rammarico che la disciplina dell’impugnazione dei provvedimenti emessi in esito al processo sommario di cognizione è rimasta fortemente frammentata e conserva ipotesi di inappellabilità. Sul fumus di eccesso di delega e di sospetta incostituzionalità di tale scelta il Consiglio nazionale forense – e la dottrina unanime – si erano ampiamente spesi. Spiace, quindi, considerare come le perplessità da più parti manifestate siano rimaste, sotto questo profilo, inascoltate.
Il dossier n. 5/2001 dell'Ufficio studi del Consiglio nazionale forense, che Vi inviamo, si propone come uno strumento di agile consultazione per l'Avvocato in udienza e in studio. Difatti, l'impatto del “decreto semplificazione” sulla vita quotidiana del professionista è stato notevole: con un solo intervento legislativo si è modificata in maniera sostanziale la disciplina di quasi trenta riti. Premessa una breve analisi dei contenuti del d.lgs. n. 150/2011, il lavoro presenta la normativa in un due colonne.
La prima colonna riporta, articolo per articolo, il testo del “nuovo rito” applicabile alle singole controversie considerate (ai sensi del d.lgs. n. 150); la seconda il “vecchio rito”, ossia la normativa speciale ricondotta ad esso ricondotta. La collocazione in colonne consente di apprezzare con immediatezza le differenze di disciplina che la riconduzione ad uno dei tre riti modello comporta.