Nell’ipotesi assai probabile, i Connazionali all’estero saranno chiamati ad esprimere il loro voto nella prossima primavera. La crisi di Governo non consente altre serie alternative. Mentre l’Italia continua ad affondare per la speculazione interna ed internazionale, si metterà presto in moto il dettato di cui alla Legge 459/2001; la famigerata normativa che regolamenta il voto dei Connazionali nel mondo. Data l’evoluzione dei tempi, abbiamo riletto lo spirito applicativo di una normativa nata in ritardo, ma già “vecchia” da subito. In sintesi, gli italiani nel mondo possono votare, per posta, candidati appartenenti a liste inserite nella Circoscrizione Estero. Da oltre confine, non è possibile votare per candidati residenti nel territorio della Repubblica. Per poterlo fare, la burocrazia e le spese sono tutte a carico di chi vorrebbe esercitare il suo diritto sotto il profilo della cittadinanza e non della residenza all’estero. Con convinzione, da quest’assunto nasce la nostra prima riflessione in negativo. La Legge Tremaglia, varata dopo tanti compromessi, è una fucina d’Onorevoli legati ai partiti nazionali e non favorisce l’impegno politico dei votanti d’oltre confine. Insomma, la scelta non è libera ma, in sostanza, obbligata. Si può dare la preferenza solo a candidati residenti all’estero e non, come sarebbe logico, a tutti i candidati. Quindi anche a quelli residenti in Patria. Già da tempo, avevamo suggerito una modifica costituzionale della Legge 459/2011. Con la possibilità di poter esprimere preferenze anche per candidati in Italia e, magari, utilizzando il voto elettronico. Un passo più che possibile, ma mai concretizzato. Lo stesso voto “postale” è arcaico e per nulla sicuro. Implica tempi lunghi con costi che, dati i tempi, dovrebbero essere ridimensionati. Il diritto d’opzione, per la verità, non è escluso; ma implica, come abbiamo scritto, una serie d’adempimenti che l’elettore dall’estero dovrebbe affrontare e con onere economico. Del resto, gli eletti nella Circoscrizione Estero non vanno minimamente a mutare la linea politica interna perché intruppati nei Partiti nazionali nei quali gli “Onorevoli” che vengono da lontano devono adeguare il loro credo. Quindi, una goccia nel mare del disinteresse che difficilmente può portare ad effetti corretti nei confronti dei potenziali quattro milioni d’elettori italiani nel mondo. In questi anni, per carità, c’è chi ha tentato di modificare il meccanismo succitato. Tutti i provvedimenti non hanno mai superato la barriera delle Commissioni Parlamentari. Ancora una volta, sicuri della nostra iniziale posizione, siamo per il voto politico “universale” ed elettronico. Forti del concetto che tale diritto è correlato alla cittadinanza e non alla residenza degli aventi diritto. Ogni altra considerazione, a questo livello, non ha pregio. Da qui il progressivo disinteresse dei Connazionali all’estero ai problemi della Patria e la scarsa partecipazione all’impegno elettorale. Certo è che parecchie delle demotivazioni sono maturate proprio per la cristallizzazione di una legge che avrebbe dovuto essere adeguata alla portata dei principi per i quali era stata varata. Se il diritto di voto fosse ampliato secondo la nostra tesi, non sarebbero pochi i politici italiani che comincerebbero ad interessarsi al riconoscimento di quei pochi diritti in Patria che gli italiani nel mondo non intendono, in nessun modo, rinunciare. Invece stiamo per voltare pagina e per i Connazionali nel mondo tutto sembra restare come prima. Tra i tanti impegni del futuro Governo dovrebbe spiccare, prioritario, l’emendamento del voto dall’estero nel senso che, da sempre, ci siamo impegnati a valorizzare. Ora il dibattito può riprendere.
Giorgio Brignola