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Il PD diviso è un danno per tutti

“A determinate condizioni, visto il particolare contesto di macelleria sociale, l'Idv è disposto anche a fare un passo indietro e a sostenere Bersani nelle primarie di coalizione”. E’ quanto afferma il presidente dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, in un’intervista pubblicata oggi sul quotidiano ‘L’Unità’.

Di Pietro, passo indietro vuol dire che lei rinuncerebbe a correre nelle primarie di coalizione?

“Cerchiamo di essere precisi. E conseguenti. La mia, quella dell'Italia dei Valori, sarebbe una scelta di responsabilità per tutelare la coalizione in un momento in cui il Paese ha bisogno assoluto di una svolta e di un'opposizione per cui è primaria una scelta di chiarezza e responsabilità per cambiare e andare avanti”.

Bersani ha detto: cambio le regole, il segretario non è più il candidato premier, sarà il partito, nelle forme da stabilire, a deciderlo. Un passo avanti?

“Senza dubbio. Ma siamo sicuri che poi chi resta fuori da quella selezione…”.

Ad esempio il sindaco di Firenze Matteo Renzi? O magari il presidente Zingaretti?

“…loro od altri. Dicevo: siamo sicuri che poi non decideranno siamo sicuri che poi non decideranno in ogni caso di partecipare alla primarie col rischio di assistere all'ennesimo scannamento? Quello che temo è l'effetto Molise”.

Cioè?

“Il Pd ha fatto le primarie, ha vinto Frattura, un altro candidato è rimasto fuori e poi ha deciso di correre comunque alle Regionali. Il risultato è stato che Frattura ha perso per mille voti. Mille voti che la coalizione ha scialacquato e che invece poteva recuperare se fosse rimasta unita”.

Il Pd litiga troppo?

“In questi giorni sono in Molise, nella mia terra. Vado in giro, parlo con le persone ai banchi del mercato, mentre si raccolgono le olive. Le persone sono disperate per quello che succede nel partito di maggioranza relativa della coalizione. E a me fa male al cuore vedere cosa sta succedendo nel Pd. Sono liti e divisioni dannose che non ci possiamo permettere. Detto questo Renzi è una risorsa, pone delle questioni, è un pungolo. E’ sbagliato criminalizzarlo”.

In questo contesto si colloca l’eventuale passo indietro di Antonio Di Pietro?

“L’ldv considera le primarie lo strumento principe democratico per la selezione della premiership. E però rinunciare alle primarie è un passo indietro importante che potrei prendere in considerazione solo se funzionale alla chiarezza e al rafforzamento della coalizione per voltare pagina rispetto all’incubo Berlusconi e per contrastare la macelleria sociale che ci circonda”.

Coalizione elettorale, quelli di Vasto, Pd-Idv-Sel, e poi patto di legislatura con l’Udc di Casini?

“Messa così credo che si facciano i conti senza l’oste. E’ matematicamente certo che quando si andrà al voto Casini farà quello che dice di essere, il Terzo Polo, per giocare il ruolo dell’ago della bilancia. Detto questo, anch’io auspico un’alleanza di legislatura con Casini, senza veti nè preconcetti. Una cosa è certa: ogni giorno che passa è un giorno perso rispetto alla coalizione”.

Lei ha parlato di una contro-lettera alla Ue firmata Di Pietro, Bersani e Vendola.

“E’ una proposta che l’Idv ha lanciato in questi giorni e per cui attendiamo la risposta. Lo spirito della lettera è dimostrare a Bruxelles che ci sono due Italie, quella di Berlusconi e quella di un’opposizione seria e responsabile e con idee chiare. Dobbiamo portare in Europa le nostre proposte. Far vedere al resto del mondo che l’alternativa a Berlusconi esiste già”.

Riforma del lavoro. Non più rinviabile?

“Non c’è dubbio. Ma parlare di licenziamenti facili è solo un modo brutale di far quadrare i conti. Parlare di flessibilità senza prima aver discusso del necessario sistema di garanzie a tutela, sia dei più giovani che dei meno giovani, significa avallare il rischio ‘caporalato’, considerare il mercato del lavoro il mercato delle cose e i lavoratori una scorta di magazzino”.

Nel confronto tra Ichino (Pd) e ministro Sacconi con chi sta?

“Con il sistema delle garanzie. Il rilancio dell’economia deve passare prima da altri punti. Non certo dai licenziamenti facili o dalle pensioni, un Moloch da affrontare ma prima di toccare l’età della pensione ci sono altre cose da fare”.

Il ministro Sacconi evoca il rischio del terrorismo e di omicidi come avvenne con D’Antona e Biagi.

“Qualche tempo fa, quando dissi che ci poteva scappare il morto, mi hanno tutti sparato addosso. Lo dissi perché in giro vedo, tocco, ascolto la tensione e la disperazione sociale che possono portare alla rivolta e a gesti estremi. Non giudico le parole di Sacconi. Dico che se sei un ministro e capisci, anche lui mi verrebbe da dire, che esiste questo rischio che è prima di tutto sociale, allora hai l’obbligo di dare delle risposte al problema. Dirlo e basta non serve, non può mettere in pace le coscienze. Servono fatti e non parole. Che la disperazione è tanta”.

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