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Beni confiscati, a Borgo Sabatino atti intimidatori e vandalici

di Marika Demaria

«Con questo gesto ci hanno detto che noi qui non ci dobbiamo stare. Ci vogliono mettere in condizioni di non lavorare». Così Antonio Turri, referente regionale di Libera Lazio, commenta quanto accaduto nella notte tra venerdì 21 e sabato 22: un vero e proprio atto intimidatorio perpetrato ai danni della parte interna aperta al pubblico del bene confiscato battezzato “Villaggio della Legalità” di Borgo Sabatino, in provincia di Latina. Sono andati distrutti computer, impianti elettrici e di irrigazione, messo a soqquadro l’arredo, spaccate le vetrate a picconate: un blitz notturno compiuto, secondo le primissime indagini, almeno da una decina di persone.

«Un atto grave, vile – ha dichiarato in una nota don Luigi Ciotti, presidente dell’associazione Libera – che colpisce un bene confiscato e restituito alla collettività e dove Libera si era resa disponibile su richiesta del Commissario Prefettizio di Latina di accompagnare nel percorso di recupero, valorizzazione del bene con il protagonismo delle realtà associative locali. Nessuno può pensare di vandalizzare e di fermare questo impegno delle tante realtà del posto che insieme con fatica, passione e responsabilità stanno realizzando percorsi di democrazia e giustizia sociale».

Il bene confiscato per abusivismo edilizio si estende per quattro ettari e la scorsa estate aveva ospitato centinaia di ragazzi per i campi estivi di volontariato. Proprio questa mattina, gli scout e i presidi di Libera avrebbero dovuto dare vita ad un appuntamento dedicato alla figura di don Cesare Boschin: il prete fu ucciso il 29 marzo 1995, il corpo fu ritrovato pieno di lividi, incaprettato, e gli assassini avevano apposto un cerotto sulla bocca del sacerdote. Segnale inequivocabile.

Nel corso della mattinata di sabato si sarebbe dovuto proiettare anche il dvd “La quinta mafia” prodotto da Libera, che accende i riflettori su una serie di vicende accadute nel Lazio, da Roma a Latina passando per Fondi, comune per il quale fu chiesto e mai ottenuto lo scioglimento per infiltrazione mafiosa. Un lavoro svolto nell’ottica di sottolineare con forza “il radicamento e la contaminazione mafiosa che su questi territori sono un fenomeno assodato” come ha dichiarato la stessa associazione.

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