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Pompei simbolo del malgoverno

Ciò che non riuscì a fare il Vesuvio nel 79 dopo Cristo lo stanno facendo i nostri amministratori. Quelle persone, cioè, pagate per occuparsi e difendere a tempo pieno il nostro patrimonio artistico e culturale.
Pompei sta crollando: un altro muro è venuto giù in una zona aperta al pubblico. Il cedimento segue quello della Schola Armaturarum, verificatosi nemmeno un anno fa. Ma numerosi altri, di più modeste proporzioni, spesso non vengono nemmeno segnalati. Semplicemente, non ce ne curiamo. Esattamente come accade a centinaia di monumenti che in tutta Italia sono condannati all'incuria e all'abbandono, in balia dei vandali e degli agenti atmosferici. Nell'indifferenza di sindaci, assessori e, purtroppo, anche di molti cittadini.
L'Italia più bella va in frantumi. Quella delle grandi opere architettoniche, delle cattedrali, delle ville romane, dei borghi e dei castelli medioevali, delle incomparabili realizzazioni rinascimentali. Va in frantumi quel grande patrimonio che i nostri antenati hanno saputo costruire in millenni di storia; che ci hanno affidato e noi, colpevolmente (governo – governi – e amministratori ad ogni livello), stiamo riducendo in macerie.

Il crollo come specchio di un Paese accartocciato su se stesso, in preda ad una crisi di valori e prospettive, prima che finanziaria, economica e industriale, di cui Pompei sta tristemente diventando il simbolo: per la sua particolarità e importanza archeologica, certo, ma anche perché è stata abbandonata da una classe politica cieca, che considera l'arte e la cultura come un 'lusso' che non possiamo più permetterci. Esattamente come i ministri del nostro governo considerano un lusso la ricerca scientifica o l'osservanza delle norme di sicurezza sul lavoro, il rispetto dei diritti delle persone, la libera informazione.

Il risultato è sotto gli occhi di tutti: crollano i palazzi della cultura, muoiono gli operai nei cantieri e nelle fabbriche, alle nuove generazioni si negano diritti e futuro. Vogliono condannarci a vivere in una una sorta di autunno della storia, paralizzati dalla paura di un inverno durissimo. Ecco perché il governo deve dimettersi, non perché sia l'unico responsabile di tutto, ma per i pezzi di vita che ci sta succhiando e per la speranza che ci sta negando.

Danilo Sinibaldi

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