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Furti all’ Italiana come il 15 ottobre: 3 più uno che fanno 4 punti di vista e una vignetta.Informativa non urgente.

Non c’ero per tante ragioni personali alla Manifesta Azione Indignata del 15 ottobre 2011 ma c’ero …come chiunque ha già visto e vissuto abbastanza dentro ai Fatti degli ultimi dieci anni, fuori e dentro la casa del Punto G, che ora ne tiene 20. Vi inoltro 4 interventi, diversi tra loro. Non sono elencabili nella pagellina del migliore o peggiore della Classe. Forse non si è capito che non esiste una scuola di politica ma esiste un Bene Comune, dove ognuno può portare qualcosa e non rubarla. Siamo abituati a uno scippo continuo, diventato rapina autorizzata. La satira, come espressa amaramente da Claudio Sala, è per me eloquente: “Gli avevano rubato tutto. Prima il lavoro, poi la casa. E il 15 pure la scena.”
Dicono che Bruxelles dichiara guerra al Popolo Greco…
Come al solito e non è scontato, facciamo che siano Buone Giornate da una che parecchie vocine a destra e sinistra vorrebbero cattiva compagnia…sono anonimamente non contenibile e difendo questa vocazione.Una citazione dalla Rete, di Malcom X: “Se non state attenti, i media vi faranno odiare le persone che vengono oppresse e amare quelle che opprimono!”
La festa appena incominciata è già finita… Era il 1968. Sanremo.
Doriana Goracci

Delazione e rimozione della propria storia…ancora sul 15 ottobre

Ci vuole un po’ a riaprire questo blog, visto quel che hanno creato le mie poche righe a caldo, sabato sera.
Quindicimila persone l’hanno letto, molte lo hanno commentato, tante mi hanno insultato.
Oggi mi citava anche Repubblica, come una “binladen” di piazza, una che ha avuto il suo primo orgasmo al primo fumo che s’alzava, poveri deficienti.
Sono stata contatta da Rai tre che mi voleva intervistare…eheheh, mi garantivano l’anonimato eh, come fossi latitante,
ma quando hanno capito che non avevano in linea una devastratrice/saccheggiatrice/infiammatrice e tutto quel che sia,
ma una donna incazzata, che ha un blog col suo nome e cognome, un cazzo di profilo Fb, twitter e stronzate varie
non gli interessava più parlare con me!

“ma conosci qualcuno di quelli coi caschi e i bastoni?” “Arrivederci”.
Il livello è basso ovunque, nel giornalismo quasi non è calcolabile.
Siamo diventati tutti questurini,
delatori, invocatori di carcere, di pestaggi, di separazione tra bello e brutto, buono e cattivo.
Ho visto persone impacchettare minorenni vestiti “non in modo consono ad una sfilata pacifista” e consegnarli alla polizia,
e qui non mi metto a dire che la nostra polizia ha ucciso Cucchi, che la nostra polizia ha calpestato Aldro fino ad ucciderlo, o Bianzino, o Uva.
Non arrivo a tanto: perché mi basta dire “consegnato alla polizia” per sentirmi male.
Ma come si fa? Ma che siete diventati?
Ma dove siamo arrivati? Continua su Baruda…

Le cazzate di Repubblica su Centri Sociali e Black Bloc
La giornata del 15 ottobre è stata una giornata articolata, diversificata, attraversata da molte istanze e interessata da molteplici eventi, che stanno tra loro in un rapporto complesso. Il risultato della giornata è stato ottimo, e deve rappresentare un motivo di orgoglio per tutte e tutti coloro che c’erano, ma soprattutto uno stimolo per costruire un autunno di lotta in tutta Italia, continuando e intensificando le mobilitazioni nei territori. Servono discussioni aperte, dibattito su ciò che è stato e su ciò che dovrà essere; non servono gli insulti, da qualunque parte provengano e verso chiunque siano diretti. Ci aspettano mesi, anni difficili: anni di lotta, di tracollo economico, di fermento politico e sociale. Dobbiamo essere in grado di superare una manifestazione i cui esiti possono non essere piaciuti a tutti ma sono stati espressione, a piazza San Giovanni, di una rabbia diffusa e legittima contro lo stato di cose presente; una rabbia che, entro certi limiti, ha anche espresso un disagio per certi meccanismi di delega arbitraria e di ritualità presenti da tempo nei movimenti italiani (un problema che gli indignati spagnoli hanno molto meno di noi).
Il primo ostacolo alla discussione e all’elaborazione critica nel movimento è l’elemento rappresentato dalla campagna mediatica contro la manifestazione del 15. Contro la manifestazione, si badi, non contro le “violenze”: perché dedicare pagine e pagine agli episodi di scontro senza approfondire e raccontare i momenti tranquilli del corteo, o le ragioni della protesta, significa voler dare una rappresentazione strumentale degli eventi. Una rappresentazione, si badi, che non piace né a chi crede che resistere alla polizia sia sbagliato, né a chi pensa sia doveroso. Violenza o non violenza, come sempre, trascinano il discorso lontano dalla sostanza. Chi ha resistito ai caroselli in Piazza San Giovanni era a volto scoperto durante il corteo, a cantare e gridare con tutti gli altri; chi non l’ha fatto, d’altra parte, non necessariamente pensa sia sbagliato farlo. Certo, ci sarà sempre qualche rimasuglio di ceto politico, poco rappresentativo, che punta alla spaccatura del movimento, e all’allontanamento dei soggetti sociali più incazzati, perché tutto ciò che voleva dal 15 ottobre era la possibilità di tenere un comizio. Ma il 99% dei manifestanti, che oggi siano entusiasti o che siano dispiaciuti per gli incidenti si pone su un terreno diverso e più avanzato: quello dell’allargamento delle mobilitazioni e della sperimentazione politica continua, senza rappresentanze, senza deleghe. I media stanno cercando in questi giorni, con pervicacia, dei “Black Bloc” da intervistare. Trovano, invece, persone che riferiscono di una resistenza di massa in piazza San Giovanni, di un fenomeno generazionale che andrà ad estendersi. Ma come, sbottano esterrefatti: “E io con questa narrazione che notizia ci scrivo? Che titolo posso fare? Quante copie vendo? Quanti padroncini o Grandi Padroni accontento?”. Tutto quello di cui ha bisogno un giornalista è qualche criminale invasato; centinaia di persone rifiutano di abbandonare la piazza alla polizia, respingono le cariche, cacciano i carabinieri più volte (episodi narrabili in mille modi diversi, condivisibili o meno) al giornalista di Repubblica o dell’Ansa non interessano, perché soltanto solo una cosa interessa: il Black Bloc da sbattere in prima pagina, per terrorizzare il cittadino ignaro e, soprattutto, per far sì che qualche indignato si indigni ancora di più, ma contro chi era con lui in quella piazza… Continua
“Doveva essere un giorno di festa” Peccato…

Sarò un cattivo maestro ma, francamente, di fronte al coro unanime di “vibrate condanne” contro i “provocatori-blackblock-delinquenti-infiltrati-canaglie-sbirri-fascisti-ecc.-ecc.”, che vede accomunati nello stesso furore “non-violento” l’intero apparato politico da Berlusconi a Diliberto (passando per Cicchitto e La Russa, Casini e Fini, Bersani e Di Pietro, Vendola e Ferrero) non riesco a reprimere un conato di vomito.
Un coro unanime che ha condannato “l’inaudita violenza” (attorno agli stadi, a volte, abbiamo visto di peggio ma quella era “violenza liberatrice”, “comprensibile” valvola di sfogo, funzionale al mantenimento della “temperatura sociale” sotto i livelli di guardia). Un coro di “violenti” che, come sempre, cerca di rivestire con paludati richiami alla democrazia, alla convivenza, alla nobiltà degli ideali che dovrebbero ispirare i movimenti sociali (anche quando rivendicano l’elementare diritto alla sopravvivenza fisica), il tanfo reazionario e la paura di classe che li caratterizza … e la cattiva coscienza di chi sulla violenza – quella fatta di bombe e di massacri di intere popolazioni – non ha mai perso l’occasione per dare il suo convinto sostegno (ricordate Diliberto che invocava i forconi contro il buon Turigliatto che di votare i crediti di guerra non ne voleva proprio sapere?) Il copione dell’ignobile teatrino è già noto.
C’è chi non si lascia sfuggire l’occasione per stringere e rinsaldare le fila del “partito dell’ordine”, scatenando la canea forcaiola che chiede sangue e manette, preparandosi – e preparando l’opinione pubblica – a tempi peggiori in cui il conflitto sociale, che si appalesa all’orizzonte, farà apparire banali scaramucce gli scontri di piazza San Giovanni. C’è chi esprime tutto il suo disappunto per non essere riuscito a incanalare la protesta nei “normali” binari di una manifestazione festosa e … assolutamente innocua sui cui partecipanti pescare a piene mani nelle prossime vicine elezioni politiche. Eppure perfino Draghi si era speso, indicando la strada della “comprensione” e del recupero delle ragioni dei manifestanti nel tentativo, a dire il vero troppo ambizioso, di recuperare consensi alle politiche di saccheggio che sarà impegnato a perseguire nei prossimi mesi. Ci sono poi i soliti sciacalli che fanno a gara per dimostrare la propria “affidabilità” in vista di future alleanze e del loro tanto agognato rientro fra i banchi di Montecitorio. E i soliti “compagni che sbagliano”, e che “sbagliano” al punto di criminalizzare la rabbia spontanea di quattro ragazzini menandoli e consegnandoli alla polizia … per il seguito di loro competenza (continuo a non voler credere che qualcosa del genere sia successo e che qualche “compagno” possa sentirsi gratificato dall’encomio pubblico di un rottame dello squadrismo militante del calibro di Alemanno).
C’è, infine, l’ingenua sorpresa di chi (parlo dei ragazzi non certo degli organizzatori), dopo aver sognato per mesi rivoluzioni lontane vissute fra video di you tube e social forum in cui si minacciava “la fine del mondo”, si ritrova in mezzo al fumo dei lacrimogeni e all’acqua gelata degli idranti e scopre che la realtà non è un videogioco che si possa resettare premendo un tastino. In tutti i “commenti”, comunque, c’è una mistificazione di fondo e il disonesto tentativo di individuare la causa della “violenza” nell’azione irrazionale di qualche scheggia impazzita che – opportunamente diretta da provocatori addestrati nei corridoi della Digos – colpisce il buon diritto di una maggioranza pacifica che voleva solo manifestare in maniera legale e giudiziosa. “Doveva essere un giorno di festa”. Un giorno come tanti nel mondo in cui viviamo. Un mondo – secondo quello che vorrebbero farci credere – in cui i rapporti sociali sono improntati a una francescana convivenza pacifica, un mondo in cui sono rispettati i diritti e la dignità di tutti. Un mondo di fratelli (non quelli incappucciati della Massoneria!) in cui la violenza è la pratica di pochi “delinquenti” da isolare, sbattere in galera, magari (domani) eliminare in qualche stadio attrezzato alla bisogna. Un mondo di educati padroni che ti succhiano il sangue dandoti del lei e dove ti è perfino permesso di protestare, evitando di calpestare le aiole, responsabilmente, con juicio; un mondo senza violenza … se non fosse per qualche decina di provocatori infiltrati che “odiano la democrazia” e che “con il loro comportamento irresponsabile” giustificano chi ha sempre detto che le classi dominate sono piene di teste calde e non meritano la benevolenza di chi ha il potere. Peccato (si è davvero un peccato banchiere Draghi!) che la realtà che viviamo ogni giorno è ben diversa, e con la violenza ci conviviamo ogni minuto della nostra vita pur non avendola scelta e pur amando – sicuramente più di tanti professionisti della non-violenza – la pace di una vita vissuta nel rispetto dei propri simili, con un lavoro che realizzi la nostra umanità e che non ci degradi al livello di una macchina.Continua…

Analisi di McSilvan
Detto in breve, e con franchezza, qui mi sembra che le analisi politiche scarseggino come l’acqua sul Sinai
Più si producono analisi sui torti e le ragioni di quanto accaduto in piazza meno si capisce in quale dimensione ci troviamo. Ogni soggetto, come avete visto dalla mail precedente, si trova spiazzato da qualcosa che non conosce. E tutti se la prendono con tutti. E non funziona nemmeno come psicoterapia Dico veloce.
1) Le manifestazioni si preparano. Non in riunioni che sono peggio degli intergruppi degli anni ’70, che non contano nulla e non hanno potere sulla piazza (come si è visto). Ma si va a cercare i bambini cattivi per sondare le loro intenzioni. Quest’operazione era impossibile per tutti i gruppi che hanno organizzato il pic nic di sabato. Perchè non sapevano da chi andare o perché non erano credibili o perchè, essendo cattivi politici, non avevano nulla da offrire. I bambini cattivi hanno volti, nomi reti e, strano ma vero, parlano. Se non ci parli (o lo fai male, solo con il vicino che conosci) il fallimento è assicurato. Inutile poi prendersela con i 15enni in testosterone. Non spuntano dal nulla, niente spunta dal nulla. Chi non sa muoversi su questo piano eviti la politica per i prossimi anni perchè
2) forse non si è capito che l’epoca dei pic nic è finita. Sabato segna la fine del grande evento organizzato un po’ per fini elettorali, un po’ per visibilità, un po’ per i creativi, un po’ per socialità contro la crisi. Ormai ogni cartello di organizzatori è pronto ad avere al culo tanta di quella pressione da rendere sterile ogni appuntamento di piazza. E voglio vedere che si prende la responsabilità di organizzare riot per conto terzi e mettendoci il suo nome.
3) al grosso dei movimenti restano due strade: O sciogliersi dentro gli appuntamenti alla Travaglio, alla popolo Viola (abbondantemente fuori dal target dei bambini cattivi) e quindi dissolversi nel nulla politico o imparare a strutturarsi sul serio prendendosi l’incomodo di trattare con gruppi e persone con le quali una persona perbene non prenderebbe mai un caffè.
chiudo dicendo che due anni fa quando abbiamo fatto Stadio Italia (esaurito) abbiamo detto chiaro che la stagione 2007-9 degli stadi stava entrando, sia da parte dei puffi che da parte della popolazione come delle pratiche istituzionali, in un campo piu’ politico.
Nessuno, in politica e tantomeno tra i compagni, ci ha dato retta. Che ci sia poca dimestichezza con i proletari oggi lo so benissimo
Però quando si lasciano certe firme sul campo “Raciti” “Acab”, cito solo le piu’ note, un comunista si domanda dove ha fatto lavoro politico sapendo prevedere la dinamica delle piazze e dove no.
mcs
Hessel non abita in Italia. La crisi permanente della forma movimento basata sul primato dell’opinione pubblica
Una analisi di quanto accaduto a Roma impone considerazioni cliniche e quindi sgradevoli. Perché un’analisi della dinamica delle differenti forze sul terreno, che si sovrappongono ormai regolarmente ad ogni grande evento di piazza, prescinde da considerazioni di valore. Non assegna meriti ad un comportamento piuttosto che ad un altro, d’altronde la politica non è un concorso a premi ma un fenomeno che produce risultati a seconda degli equilibri tra le forze in campo, né si pone il problema di riparare torti attraverso un uso emotivo, terapeutico dell’analisi. Per tutto questo ci sono la letteratura, il giornalismo, Twitter, i post su Facebook e tutta una miriade di scambi microfisici di impressioni tra persone coinvolte, o che si sentono tali, su quanto accaduto…Continua…

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