di Giovanni Mazzetti
La crisi globale rappresenta uno spartiacque che impone di cambiare se stessi. Questo dovrebbero capire le forze politiche e i movimenti antagonisti. Rileggendo Marx e Keynes
Per quale ragione le forze politiche e i movimenti antagonisti sono incapaci, in una fase di dissoluzione dell'avversario, di costituirsi in alternativa sociale? Perché la costruzione dell'alternativa ha poco a vedere con la volontà e dipende soprattutto dalla capacità. E questa, purtroppo, oggi manca. Basta vedere quello che sta accadendo in piena crisi. La crisi rinvia all'emergere di difficoltà tali che si instaura uno spartiacque tra il modo in cui la vita è andata avanti fino al momento precedente e il modo in cui potrà procedere dopo. Ma il prendere atto dell'esistenza di difficoltà non comporta il comprendere la radicalità del cambiamento necessario, soprattutto perché non implica la comprensione della natura e delle cause di ciò che accade.
Le cose si complicano perché spesso gli individui non sanno accettare che le difficoltà possono avere una natura paradossale. Invece di riconoscere che i problemi sopravvenuti “parlano” contro (para) il comune sapere (doxa) – che dunque va cambiato – pensano di poter procedere inerzialmente sulla base della cultura di cui sono depositari, credendo che basti rimboccarsi le maniche, cioè agire come sanno fare, ma con maggior determinazione. In questo modo, però, la natura di spartiacque della crisi viene cancellata, appunto perché si nega la necessità di cambiare se stessi, di spingersi al di là dei limiti della cultura di cui si è depositari.
Nello specifico l'errore sta nell'interpretare la crisi come fenomeno determinato da un impoverimento della società. Intendiamoci, non è che un impoverimento non ci sia. Ma esso è l'effetto della crisi, non ciò che la causa. Quante volte negli ultimi decenni ho sentito invece ripetere, da molti esponenti di primo piano della sinistra, che ci troveremmo nei guai perché «la spinta della società a vivere al di sopra delle proprie possibilità materiali» avrebbe comportato un depauperamento di cui oggi subiremmo le conseguenze.
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