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LA CRISI CHE VA

L’estate del 2011 è al crepuscolo. Sarà ricordata per le tensioni politiche correlate alla manovra finanziaria che dovrà, pur con non pochi personali dubbi, farci uscire dalla “crisi” economico/sociale entro qualche anno. In sostanza, ancora una volta, si è polemizzato sulla posizione dell’Esecutivo Berlusconi che era, e rimane, l’uomo chiave di un sistema che rischia il tracollo. Mentre il Paese boccheggia per una situazione molto atipica nell’area UE, c’è che si azzarda, nonostante la palese bancarotta, a proporre un governo di transizione, in alternativa ad elezioni politiche generali anticipate. Quasi che si vogliano cancellare i diciotto mesi di regolare legislatura che ancora spetterebbero al Cavaliere. C’è, però, anche confusione nell’opposizione. I pidiessini sono per il ribaltone, i centristi, che sono ancora spaiati, opterebbero per un governo tecnico. Intanto l’Azienda Italia resta alla deriva. Il PIL è sempre in negativo e per il 2012, ormai alle porte, non prevediamo l’atteso salto in positivo. Però non è solo il nostro stato economico a darci motivate preoccupazioni. E’ proprio sul fronte politico che i nostri dubbi e le nostre incertezze si sono fatte più consistenti. Il PdL promette, entro fine mandato, la riforma del nostro sistema elettorale e, entro il 2014, sarà anche modificata la topografia degli enti locali nazionali (Comuni e Province). Anche se la sensazione sfiora l’assurdo, tutti i partiti sono per la riforma elettorale che non tiene però in conto la riduzione del numero dei parlamentari e la Circoscrizione Elettorale Estero che, tra l’altro, corre il rischio d’essere abolita senza assicurazioni d’altra forma di rappresentatività per la nostra comunità oltre frontiera. L’unico dubbio che resta, tanto per rimanere in tema, è tra il sistema “maggioritario” o “proporzionale” puro. Non sono previste altre eventualità. Tornando all’attuale, il centro/destra non sembra minimamente intenzionato ad aprire a nessun’altra forza centrista la cui disponibilità inizia, però, ad evidenziarsi. Insomma, d’Esecutivi “allargati” il Cavaliere non intende sentir parlare. Meglio andare avanti con Bossi che, se non cambia la “luna”, gli garantisce quella maggioranza indispensabile per tirare avanti tra le secche di una crisi che non ha eguali in tutta l’Europa dell’area Euro. La maggioranza, da un’analisi dell’ultima ora, non sembrerebbe a rischio; ma ogni compromesso per puntellarne la durata è stato escluso a priori. Certo è che l’attuale politica fallimentare favorisce le ipotesi più avventurose; anche le più assurde. Raggirato lo scoglio del “conflitto d’interessi”, Berlusconi ha ancora alcune carte politiche da mettere in gioco. Per ora la mano è sua e l’opposizione si limita ad una critica che si regge sulle solite frasi ad effetto che dicono poco e non risolvono nulla. Del resto, tanto per non andare lontano, ci basta ricordare il patetico fallimento della “Bicamerale” proposta, in tempi che ci sembrano antidiluviani, dall’On. D’Alema, delfino di una sinistra che lo ha scalzato, anche se non da solo, dai vertici di quel PD che fatica a trovare, nonostante l’apparente coesione, una sua anima ed un suo ruolo nello scacchiere politico nazionale. Insomma, mentre PdL e Lega fa quadrato intorno al Cavaliere, il PD resta un faro spento tra i partiti non “allineati” che tentano, con encomiabile sforzo, di trovare una loro sistemazione in un’opposizione che non regge al gioco delle parti e che, spesso, ci appare disorientata. Neppure l’esortazione del Capo dello Stato ha rasserenato gli animi. L’Italia, forse, potrà avere i numeri per uscire dalla morsa speculativa, ma, intanto, la crisi va.

Giorgio Brignola

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