Intervista ad Alex Liddi

Prima della partita di martedì 6 settembre tra Seattle Mariners ed Anaheim Angels la stampa americana ha voluto incontrare Alex Liddi. Grazie alla collaborazione dell'Ufficio Stampa dei Mariners, siamo in grado di proporvi l'intero contenuto dell'incontro tra l'azzurro e i media.
Alex, quando ti sei reso conto che sei in Major League? “Ho avuto un indizio appena sono entrato nella Clubhouse. E' piuttosto diversa da quella delle Minors. Quando sono arrivati gli altri giocatori e il manager Eric Wedge, ho capito dov'ero”.
Hai già parlato con il manager? “Mi sono presentato, ma non abbiamo discusso del mio inserimento in squadra”.
Cosa te ne pare del campo? “E' bellissimo. Anaheim ha una squadra molto forte, il baseball qui è davvero popolare, siete parecchi giornalisti. Bello!”
Qui avevi già giocato, nella Futures All Star Game del 2010: “Esatto. Almeno conosco il posto…”.
Come ti hanno fatto sapere che eri stato promosso? “All'inizio mi hanno preso in giro. Mi hanno detto che c'era lapossibilità di andare alla Instructional League e se ero interessato. Ho risposto che non se ne parlava neanche” risata in sala “e ho chiesto se era pronto il mio biglietto per tornare a casa. Allora mi hanno detto che era pronto un biglietto, ma per andare a Los Angeles e unirmi alla squadra di Major“.

Sei il primo giocatore cresciuto in Italia ad arrivare in Major: “E' un grande onore. Per me è una sensazione davvero speciale, quella di rappresentare quelli che non hanno la mia stessa opportunità. Per me, la mia famiglia e tutti quelli che in Italia amano questo sport, è veramente una gioia immensa”.
Ci sono i tuoi genitori? “Non hanno trovato un volo. Ma ci saranno quando torniamo a Seattle“.
Dall'Italia ti ha cercato qualcuno? “Un sacco di giornalisti. Uno è anche venuto a Tacoma ad incontrarmi. Martedì sera mi hanno chiamato un sacco di amici e tutti i parenti…è stata una notte lunga. Comunque, è bello che così tanta gente sia contenta per me”.
Eri con i tuoi genitori, quando è arrivata la chiamata? “No, ma li ho cercati subito. Poi, subito dopo, ho chiamato mio fratello”.

La tua è stata una grande stagione a Tacoma e ti dobbiamo fare i complimenti. Ma è stata dura aspettare la chiamata? “Sicuro. Quando vedi alcuni tuoi compagni che vengono chiamati, desideri che la telefonata arrivi anche a te. Allo stesso tempo sai che non puoi pensarci troppo, perchè devi rimanere concentrato su quel che fai in campo. Specie quando giocavo una brutta partita, finiva che mi concentravo sul campo, sul fatto che dovevo migliorare. Insomma, ho capito che dovevo aspettare il mio momento”.
Ma quando hai capito che c'era la possibilità? “Ero stato con la squadra di Grande Lega durante lo Spring Training ed è tutto l'anno che si dice che ho questa possibilità. Mi era stato detto, che l'obbiettivo dell'anno era finire la stagione in Major, ma non c'è mai niente di sicuro”.
Quei 2 grandi slam di marzo? “Mi hanno dato molta sicurezza, anche se mi rendevo conto che era solo lo Spring Training e che in campionato sarebbe stata un'altra cosa”.
Hai battuto 30 fuoricampo in Triplo A. Sei sorpreso? “Un po' sì” la sala ride ancora “Ne avevo battuti 7 in Spring Training, comunque. Ero partito male, in Triplo A. Poi le cose sono migliorate e per questo devo ringraziare il nostro hitting coach Alonso, con il quale ho lavorato molto”.
Su cosa? “Più che altro, sugli aspetti mentali e sulla conoscenza del gioco. Anche essere in squadra con giocatori esperti, che hanno già conosciuto le Majors, mi ha aiutato a capire le situazioni e a cercare di anticipare la strategia con cui i lanciatori mi giocano”.
E in difesa com'è andata: “Credo di aver fatto una buona stagione in terza, anche se sto ancora lavorando ogni giorno per migliorarmi. Soprattutto, conosco meglio le situazioni e so come posizionarmi a seconda delle caratteristiche del battitore che mi trovo davanti”.
In Italia il baseball com'è? “E' cresciuto molto. Adesso abbiamo anche una lega semi professionistica di buon livello. Certo, è ancora lontana dal livello che c'è qui, soprattutto perchè si giocano solo 3 partite a settimana. Stanno cercando di incrementare il pubblico e, ripeto, siamo in una fase di crescita”.
Tu come hai iniziato a giocare? “Mio padre era un giocatore di baseball, mia madre giocava a softball. Per essere italiana, la mia è una famiglia speciale. Si può dire che io sia cresciuto su un campo da baseball, anche perchè giocava pure mio fratello. Insomma, il baseball è sempre stato una parte importante della mia vita”.
Quale è stata la tua esperienza americana, prima di firmare con i Mariners? “La prima volta sono venuto alle Cal Ripken World Series del 2001, non avevo nemmeno 13 anni”.
Chi sarà il prossimo Liddi? “Sinceramente, dovrei andare a controllare” ulteriore risata della sala “Diciamo che spero che siano parecchi i ragazzi italiani ad avere questa opportunità”.

Riccardo Schiroli
FIBS Communication manager
+39 335 7819122; fax +39 02 700522425

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