Le parole sono sempre troppe. Quelle dette da tutti e di continuo, senza che nessuno ascolti l’altro, si continua a parlare solo per far rumore, per sentirsi dire il proprio rumore. Volendo dipingere questo spazio al palcoscenico di un teatro, si potrebbe perfettamente rappresentarlo con un gruppo di autistici che …si parlano per tempo indefinito!
In questo scenario, chiudendo gli occhi, facilmente ci si trova in mezzo al realismo dell’assurdo quando si è coinvolti dai sentimenti provati da “Il Rinoceronte” di Ionesco o da “Aspettando Godot” di Becket.
Con la pretesa sempre valida e più che giustificata, come si farà ad “uscire” da un labirinto di questo tipo e di queste dimensioni? Con lo scopo non di semplicemente uscirne per liberarsi, ma con l’unico scopo di far senso, di comprendere e di comprendersi.