No taxation with[out] representation

Come molti sanno la locuzione “No taxation without representation” venne usata al tempo della guerra per l’indipendenza americana, quando l’Inghilterra imponeva tasse alle sue colonie americane. Il significato ultimo era che nessuna tassa poteva essere richiesta ai cittadini se questi non avevano il diritto di eleggere i loro rappresentanti. Divenne uno dei principi su cui è stato fondato lo Stato liberale moderno. Berlusconi ne fece un uso improprio quando chiamò la gente a manifestare contro le tasse, nel 2007, adducendo che l’allora governo Prodi non rappresentasse più il popolo italiano e sostenne la legittimità del non pagare le tasse, dunque di essere evasori.
Devo dire che guardando globalmente all’esperienza dei governi Berlusconi, con Tremonti alla guida del ministero delle Entrate, in realtà questi governi e le loro maggioranze ed ancora più questo governo e la sua maggioranza dimostrano che può valere anche un altro principio: “No taxation with representation”, nel senso che “le tasse non le paghi” se chi ti amministra si comporta da vero e proprio rappresentante degli evasori fiscali. Ed è del tutto evidente che la possibilità di far pagare meno tasse a chi le paga dipende quasi esclusivamente dal fatto che “tutti paghino il dovuto!”.
Intanto deve essere precisato che “tra gli evasori fiscali” vi sono categorie di soggetti con diverso grado di delinquenza:
1. Gli evasori tout-court, cioè coloro che pongo in essere violazioni delle norme tributarie al solo scopo di arricchimento, per intascarsi ciò che altrimenti dovrebbero versare allo Stato;
2. Gli evasori-corruttori, cioè coloro che commettono il reato (tipicamente il falso in bilancio) allo scopo di crearsi la provvista, specialmente all’estero, per pagare tangenti
3. Gli evasori mafiosi, cioè gli appartenenti a tutte le mafie che costituiscono all’estero il denaro sporco, frutto dell’attività criminale (in particolare le attività legate al ciclo della droga o a quello della gestione della grandi opere pubbliche o al ciclo dei rifiuti) e che spesso hanno la necessità di ripulire il denaro sporco per investirlo in affari apparentemente legali o di copertura delle attività illecite.
Sono moltissimi i provvedimenti del duo Berlusconi-Tremonti che vanno esattamente nella direzione di favorire tutte e tre le categorie citate. Proverò a riassumere quelli più vergognosi.
1.I condoni. Mai nessun altro governo ha fatto del “condono” un principio di politica delle entrate. Una politica nefasta poiché nien’altro quanto l’impunità garantita da condoni ripetuti nel tempo, genera nella mente dei contribuenti l’idea che “sia meglio evadere le tasse” poiché tanto, prima o poi, c’è sempre un modo per salvarsi, pagando pochi spiccioli, da tasse, sanzioni, interessi, conseguenze penali. Il duo B-T li ha fatti tutti (fiscali, previdenziali, edilizi). Si tenga presente che il modo veramente sporco di favorire gli evasori è emerso in tutta la sua gravità da un rapporto della Corte dei Conti, poiché da una previsione d’incasso dei condoni 2003 di 11 miliardi di euro se ne incassarono solo 6, mentre gli altri 5 miliardi di euro mancarono all’appello grazie anche ad una norma criminogena di Tremonti che in sostanza permetteva a coloro che si autodenunciavano come evasori, di ottenere una rateazione. Ebbene il ministro non ha previsto che il mancato pagamento di anche una sola rata comportasse la perdita dei benefici della richiesta di condono. Così una marea di evasori truffaldini ha ottenuto il beneficio della cancellazione di ogni pendenza con il fisco e di ogni conseguenza penale, ha fatto la rateazione, ha pagato la prima rata e poi ha smesso: lo Stato non è stato in grado di incassare il resto e tutto è “passato in cavalleria”.
2.Eliminazione di norme anti evasione. Il governo Prodi aveva introdotto alcuni provvedimenti particolarmente efficaci per la lotta all’0evasione ed all’elusione fiscale. In particolare una tracciabilità molto stretta dei movimenti di denaro (per i pagamenti oltre i 500 euro era necessario l’uso di un conto bancario o del bancomat o della carta di credito). L’obbligo dell’elenco clienti e fornitori, da parte degli operatori economici, era uno strumento di contrasto della fabbrica di fatture false per le truffe Iva, attraverso i cosiddetti “caroselli”. Ebbene con uno dei primi decreti del governo nel 2008 la tracciabilità è stata portata a 5000 euro e l’obbligo degli elenchi eliminato. Solo ora la tracciabilità è stata portata al limite dei 2500 euro, ma con più coraggio dovrebbe essere portata a 100 euro.
3.Trattamento evasori totali. Nel primo decreto legge, dopo l’insediamento del nuovo governo, hanno anche pensato agli evasori totali, con una norma che ha previsto che un evasore totale, dopo scoperto, se accettava l’accertamento, poteva sanare la situazione pagando le tasse omesse, oltre ad una modesta sanzione (di circa il 10%), con rateazione. Ancora una volta, nonostante un nostro emendamento, il mancato pagamento di una rata non fa perdere i benefici, compresi quelli penali. E’ evidente che il messaggio chiaro era: “è conveniente fare gli evasori totali”. Per male che vada vale la pena rischiare: tanto le probabilità di controllo sono molto basse.
4.Lo scudo fiscale. Con questo ignobile provvedimento si è permessa la ri-nazionalizzazione dei capitali esportati illegalmente all’estero pagando solo il 5% del loro valore. Norma che ha favorito in modo massiccio tutte e tre le categorie degli evasori, ma in particolare i mafiosi, che per pulire il denaro sporco sono passati da un costo pari a circa il 50% al solo 5%.
5.La mancata lotta ai paradisi fiscali. E’ evidente che i paradisi fiscali e le società ivi costituite sono da sempre gli strumenti attraverso i quali tutte e tre le categorie degli evasori operano. Ebbene nessun vero provvedimento è stato preso dal duo Berlusconi-Tremonti in questa materia (se non un po’ di fumo). Come spiego nel post che precede questo, tutti i Paesi più industrializzati hanno sottoscritto accordi bilaterali con i “paradisi fiscali” per combattere l’esportazione clandestina di capitali e l’evasione. L’unico a non fare nulla è stata l’Italia, poiché, secondo Tremonti, “i Paesi seri non fanno accordi con i paradisi fiscali!” La verità è che il 50% (112 su 250) delle società italiane quotate in borsa e il 22% (22 su 88) dei gruppi bancari italiani hanno partecipazioni di controllo su società residenti in paradisi fiscali. E tra di esse circa 50 riferibili alle aziende di Berlusconi ed a molte aziende pubbliche. Se il governo avesse lavorato per un accordo bilaterale come quello tra Germania e Svizzera (dove si nascono circa due terzi dei capitali illegalmente esportati all’estero dagli italiani) oggi potremmo immaginare di incassare dai 10 ai 16 miliardi di euro da chi non ha mai pagato le tasse.
6.La mancata lotta alle “bare fiscali”. Non c’è solo l’economia sommersa che sottrae almeno 100 miliardi di tasse all’anno. Ce n’è una, meno nota, ma non per questo meno significativa di chi denuncia i redditi e poi non paga le tasse. E’ stato recentemente evidenziato che vi sono circa 440 miliardi di euro di cartelle esattoriali esecutive non incassate. Una montagna enorme che si aggiunge all’evasione vera e propria. In gran parte vi è l’incapacità dello Stato di incassare (anche Equitalia è un soggetto legato alla politica). In altri casi si tratta di società fallite senza pagare il dovuto allo Stato. E qui si innesta anche il problema delle “bare fiscali”, cioè di società in decozione con perdite di bilancio utilizzate come strumento paratasse da parte di società debitrici verso lo Stato. La recente vicenda che ha portato in carcere il presidente della Confcommercio di Roma ha evidenziato come solo questo delinquente e la sua banda abbiano “rubato” tasse per circa 500 milioni di euro. E come costoro vi sono decine di “cosiddetti imprenditori” che fanno fallire le loro società con solo debiti fiscali per riprendere il giorno dopo lo stesso lavoro con una nuova denominazione sociale. Eppure basterebbe introdurre tra i requisiti per essere amministratore anche quello di non aver lasciato dietro di sé né a titolo personale né in qualità di amministratori debiti per tasse non pagati. E basterebbe impedire che gli imprenditori non in regola con le tasse e i debiti contributivi possano accedere a commesse pubbliche. Ma certo questo governo del duo Berluconi-Tremonti non lo farà mai.
7.Il redditometro ad effetto immediato. Lo spesometro messo a punto dal governo serve a poco se usato come strumento per il controllo a posteriori delle dichiarazioni dei contribuenti. Quando la sua applicazione rivela un reddito dichiarato non compatibile con le spese (ad esempio chi ha una Ferrari a disposizione e dichiara 10.000 mila euro) dovrebbe generare un immediato obbligo fiscale.
8.La trasparenza. Il governo Prodi aveva fatto rendere pubbliche dall’Agenzia delle Entrate le dichiarazioni dei redditi degli Italiani. Uno dei primi provvedimenti di questo governo è stato di cancellare questa regola, che è regola di trasparenza. La gente ha tutto il diritto di andarsi a leggere la dichiarazione dei redditi del vicino di casa che mostra un alto tenore di vita. E’ una forma di controllo sociale doverosa. Ne ho già parlato in passato in questo sito (http://www.antonioborghesi.it/index.php?option=com_content&task=view&id=84&Itemid=1 ) . Ma certamente un governo che protegge gli evasori è poco interessato a queste forme di trasparenza.

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