Una Crisi di Credibilità 

di Vincenzo Olita

L’indice MIB è sotto i 16.900 punti e lo spread con i Bund tedeschi al record di 390 punti. Il clima negativo è alimentato oltre che dall’andamento dell’economia, ancor più dal rischio Paese che trova la sua ragione nella persistente sfiducia dei mercati finanziari verso l’Italia. Non sono bastate le “manovre” né quella domestica – tanto osannata per la tempestività ma non per i contenuti, né quella americana, l’illusione è durata lo spazio di un mattino.
Ed allora, al di là delle valutazioni economiche-finanziarie qual è l’analisi da un punto di vista liberale? A nostro avviso il momento è legato essenzialmente al livello di credibilità di tre fattori. Il primo, internazionale, legato alla tardiva e per certi versi confusa strategia europea per il salvataggio della Grecia. L’Europa ha reso evidente tutta la sua fragilità come soggetto politico, incapace di esprimere un’azione tempestiva, unitaria ed efficace a favore di una sua seppur piccola parte.
Il secondo, interno, dovuto all’incapacità di una classe dirigente, non solo politica, di prevedere scenari e predisporre soluzioni. E’solo incapacità? Crediamo di no. Siamo in presenza di una mancanza di volontà e di errori evidenti. Al capezzale si affollano anche Confindustria, Sindacati, Banchieri, Burocrati cioè i corresponsabili dello stato comatoso della nostra economia e della nostra finanza. Vi si affollano in veste di terapeuti, loro, che hanno contribuito ad ingessare il nostro vivere quotidiano con una legislazione ed una pratica statalista camuffata dall’interesse pubblico. Purtroppo il deficit di cultura liberale, di cui il Paese soffre da sempre, attraversa trasversalmente schieramenti politici, lobby consociative e sistema dell’informazione.
Nessuna volontà ed errori? Certo. L’importante è tassare non tagliare. Tassare comporta mantenere lo status quo, tagliare presuppone restringere ciò che chiamiamo Stato, ma che di fatto, in parte, è interesse della politica. Allora ci teniamo le province, 500 mila persone che vivono di politica, le non liberalizzazioni e privatizzazioni, gli ordini professionali e un mastodontico apparato pubblico. Nel 2005 uno studio di Società Libera ) indicava in 315 Ml di Euro il risparmio annuo ottenuto solo con la riduzione del 10% degli emolumenti degli eletti-nominati, in sette anni avremmo avuto una minor spesa di oltre 2 Mld. Invece tassiamo il risparmio chiamandolo rendita finanziaria, deprimendo un mercato già asfittico che chiamiamo speculazione.
Sarebbe superfluo specificare, ma lo facciamo. Non siamo portatori di una visione anti-politica, come qualcuno strumentalmente potrebbe interpretare, ma difensori di uno Stato efficace ed efficiente, che limiti poteri e strapoteri a favore di una Società aperta.
Il terzo fattore, tutto di ordine politico, riguarda la credibilità del Ministro del Tesoro. Qui il paradosso è tutto italiano. Un ministro che per anni tiene al suo fianco come consigliere politico, promuovendolo al rango di parlamentare, un ex finanziere “perseguitato” dalla magistratura, tiene a precisare che si “dimette da inquilino” e che è stato spiato, osservato e pedinato dalla Guardia di Finanza funzionalmente alle sue dipendenze. Neppure l’opposizione ha chiesto le dimissioni di un soggetto tanto incapace perché contemporaneamente è l’uomo che ha mantenuto il nostro deficit a livelli pre – crisi, ed anche perché si sarebbe fatto un regalo al Presidente del Consiglio che soffre il suo stesso ministro.
Se questa è la situazione, perché stupirsi se i mercati si sono dimessi da creduloni di un Paese che, prima di tutto, deve fare i conti con i suoi stregoni?

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