Giulio Tremonti ha risposto alle richieste di chiarimento, sulla vicenda che lo vede coinvolto, per smentire ogni accusa di illecito: ma è sul piano etico e istituzionale che la sua posizione è piuttosto fragile. Emerge chiaramente la sua partecipazione, forse inconsapevole o indiretta, ad una struttura occulta di potere che manovrava la politica e l’economia italiana attraverso un sistema di corruzione e ricatti incrociati. Al di là degli accertamenti giudiziari, il Ministro ha il dovere politico e morale di dimettersi perché, insieme a lui, nell’occhio del ciclone ci sono le istituzioni. Se non intende farlo, piuttosto che scrivere lettere ai giornali ha il dovere di riferire tutto al Parlamento e rispondere del suo operato alle istituzioni che rappresentano i cittadini. D’altra parte affermare, come egli fa, che ha sbagliato, è la riprova che, nonostante le sue capacità professionali, non è più credibile!
L’evasione è il cancro dell’economia italiana: un sommerso da oltre 100 miliardi di euro l’anno pari al 18% del Pil, come certifica la Corte dei Conti, che consentirebbe di abbattere il debito pubblico, tagliare le tasse e rilanciare lo sviluppo. Quale Ministro dell’Economia di una nazione in ginocchio come la nostra, accusato di pagare l’affitto in nero, non si dimette? Tutto regolare, dice Tremonti. Però i fatti lo vedono invischiato in una rete di nomine pilotate, rapporti tra la P4 e i vertici della Guardia di Finanza, aziende di Stato ridotte a merce di scambio tra imprenditori e politici corrotti, favori e regali ad amministratori pubblici in cambio di appalti. L’estraneità del Ministro è tutta da dimostrare: dalla lettura dei verbali delle inchieste risulta coinvolto, forse a sua insaputa, in una nuova tangentopoli che vede al centro il suo ex braccio destro, Marco Milanese.
Delle due l’una: o il Ministro ha commesso gravi scorrettezze, e deve assumersi le sue responsabilità, o è vittima di un complotto, come egli dice, e allora tutti vogliamo capire di cosa si tratta. Chi lo spiava nella caserma della Guardia di Finanza dove alloggiava prima di farsi ospitare da Milanese? E perché non lo ha denunciato a suo tempo? Cosa altro ha nascosto agli italiani?
Forse Tremonti è la preda di una banda di saccheggiatori delle già malmesse finanze italiane, vittima delle macchinazioni della serpe che ha covato in seno: quel Milanese, naturalmente “onesto” rappresentante della casta berlusconiana, sul quale pende una richiesta di arresto per corruzione, associazione a delinquere e rivelazione di segreto d’ufficio. Tutti reati che sarebbero stati commessi al fianco del Ministro dell’Economia, di cui era consigliere. Se Tremonti non sapeva, era uno sprovveduto! Ed allora possiamo lasciare le chiavi della cassaforte di casa in mano a chi rischia, dimenticandole nella toppa, di farle usare da un cameriere disonesto? Forse Tremonti non ha approfittato direttamente del sistema di sfruttamento della posizione di potere, che consentiva di elargire appalti o nomine in cambio di soldi, regali e rivelazione di informazioni riservate, mentre alle fasce più deboli del Paese egli richiedeva sacrifici inaccettabili.
Ma cosa ci dice il Ministro della disponibilità di un imprenditore a sborsare 10.000 al mese per l’affitto dell’appartamento di Campo Marzio? E, soprattutto, come giustifica il fatto che un uomo come Milanese era il suo uomo ombra in tutto e per tutto?
Insomma, troppe sono le nubi sul Palazzo di Via XX Settembre: i conti non tornano, non solo quelli pubblici. Il Ministro riferisca subito al Parlamento delle sue responsabilità e di quelle dei congiurati che hanno tramato alle sue spalle, ma poi faccia subito un passo indietro e ritorni alla sua cattedra universitaria, anche per rassicurare i mercati e frenare la speculazione. Tremonti sia rigoroso con se stesso: si dimetta per il bene dell’Italia, che ha diritto ad un Ministro forte e affidabile, anche all’estero!