Malgrado alcuni dissidi interni il Pd ha votato compatto a favore del rifinanziamento delle missioni internazionali militari italiane, che è passato con 269 voti, 12 no (tutti Idv) ed un astenuto (del Partito Radicale). Solo l’Idv è stato contrario fino alla fine, mentre il Pd, che aveva annunciato, con Ignazio Marino ed un gruppo di 15 senatori, che si sarebbe diviso, è stato unitissimo poi in Aula. In un incontro preliminare al voto, i senatori del Pd contrari, hanno espresso il loro disaccordo ma hanno rinunciato a prendere la parola in dissenso in aula, dopo che il gruppo aveva annunciato il voto a favore del decreto. Anche la Lega, che molto mugugna e molto aveva mugugnato nei giorni scorsi, ha appoggiato il governo, con Bossi che ha detto che non si poteva far mancare l’appoggio a questo decreto. Coerente, invece, fino in fondo il partito di Di Pietro, che ha chiesto con Felice Belisario, “una exit strategy in sicurezza per i nostri militari” ed con il ledaer che ha aggiunto: “Dobbiamo andare via dall'Afghanistan senza se e senza ma”. Di diverso parere, naturalmente, il ministro della Difesa Ignazio La Russa, che parlando con i giornalisti a Palazzo Madama dopo il via libera dell'Aula, ha dichiarato: “Nel giorno in cui piangiamo la scomparsa di David Tobini, un altro militare che ha dato la vita in una missione internazionale, abbiamo la consolazione e la soddisfazione di vedere che il Senato ha votato con una amplissima maggioranza, con la sola eccezione del partito di Di Pietro, il rifinanziamento delle missioni”. Per La Russa viene così certificato “il convincimento che il lavoro che fanno i nostri militari in quegli sfortunati paesi è un impegno importante non solo per la sicurezza di quell'area ma anche per la sicurezza delle nostre città e della nostra nazione”. Appare evidente, quindi, che secondo maggioranza e opposizione (a parte l’Idv), gli italiani vogliono che i nostri continuino a morire in un paese in cui gli interessi in gioco sono del tutto estranei ai motivi di sicurezza e democrazia, tanto lungamente declamati, così come è evidente, di la dalle dichiarazioni di Bersani, che sono molte le questioni etiche e morali che investono il Pd. Altro che “macchina del fango”, altro che questione Tedesco e Penati, il problema è molto più profondo e direi addirittura identitario. Come ha scritto Emanuele Maccaluso sul Riformista, in casa Pd, anche senza tener conto degli scandali recenti, il clima (da tempo) è torbido, con in gioco questioni di lotta politica e di vera opposizione, senza idee chiare né alcuna determinazione e con un elettorato sempre più confuso e sconcertato. Bersani ha chiesto, anche dal palco della festa di Roma, “intransigenza e rigore” ai democratici. “Così saremo più forti nella battaglia culturale contro l’antipolitica”, ha chiosato. Ma quale sarebbe la politica progressista e di sinistra di un partito che vota compatto il rifanziamento per interventi nostri in poco chiari teatri di guerra? Su Tedesco Rosy Bindi ha avuto ieri parole dure: “Ho visto morire la Dc perché c’erano i corrotti, non voglio vedere il mio nuovo partito turbato da un ex socialista “. Parlando col Tg3, Enrico Letta è anche andato oltre: “Esiste la necessità di dimostrare che noi siamo diversi dagli altri, che per noi la questione morale, la questione delle regole, l’etica, sono una questione essenziale. Così dobbiamo fare e così stiamo cercando di fare”. Ne pare convinto anche Dario Franceschini, che a sentir parlare di questione morale, dice “mi indigna personalmente e politicamente. In un grande partito con migliaia di amministratori e di quadri ci possono essere degli episodi, ma l’atteggiamento del partito è stato chiaro sia nelle scelte di Penati, sia nel voto sull’arresto di Tedesco. Un atteggiamento esattamente opposto alla destra”. L’atteggiamento sarà anche opposto in questo caso, ma i voti, in aula, molto spesso vanno dalla stessa parte. Se è vero (come ancora e incrollabilmente credo), che uessun uomo di destra, veramente di destra può votare Berlusconi, credo anche che è difficile, ad uno di sinistra, dare il voto a questo Pd. Naturalmente penso ad un elettorato che crede in una “sinistra” popolare, moderna, evoluta, giusta, capace di contrapporsi ad una “destra” conservatrice, socialmente privilegiata, incarnazione di un capitalismo da rapina. Ma non ho visto, né vedo nel Pd (con vari rigurgiti democristiani), un partito che abbia saputo interpretare questo sentimento comune a milioni di italiani. Rispetto non tanto ad ipotetici traffici immorali di singoli politici, ciò che gli rimprovero è proprio questo: l’incapacità di concepire una politica davvero nuova e davvero di rottura. Ed è pertanto giusto che il partito erede del PCI, nato dai DS e dalla’Ulivo, abbia pagato in perdita di consensi e continui a pagare, non essendo capace di liberarsi di “scorie” del passato anche in termini di nomenclature di vecchie sigle catto-comuniste, geneticamente modificatesi per continui processi di trasformazione, inventando nuove sigle per conservare vecchie ferraglie al comando, perpetuando classi dirigenti che non solo non cambiano il loro pensiero, ma non cambiano neanche i dirigenti e le idee. Ed anche se Bersani di indigna nei confronti di “sporca strumentalmente l’immagine del partito”, come anche per l’approvazione delle pregiudiziali di costituzionalità sul testo di legge sull'omofobia, messo a punto dall'on. Paola Concia che, già a maggio, si era vista bloccare l'esame del testo dai voti di centrodestra, sono i fatti a dimostrare che il Pd non solo è diviso e allo sbaraglio, ma manca di nuove idee e di una nuova, fresca, entusiasmante classe dirigente. Se è vero, come ha detto Nichi Vendola dopo la bocciatura sull’omofobia che questo Parlamento “ha tradito la civiltà e la giustizia ed ha deciso di sostenere i violenti”, è anche vero che nulla dal Pd, è venuto per fronteggiare, in modo concreto, questa pericolosissima avanzata di omofobia, xenofobia e razzismo, che di fatto ci dice che, da noi, la violenza deve essere sopportata e la discriminazione è l’unico metro di convivenza. Sicchè, a molti (me per primo), viene in mente che in questa sinistra sinistrata, come a destra, albergano e allignano politici che credono legittimata ogni azione intesa per pensare a se stessi e che ignorano, completamente e sfacciatamente, quei valori emersi agli inizi degli anni ’60 e sembrarono far maturare tra gl'individui alcuni concetti nuovi nelle relazioni molto prossimi ai valori di pace ed Umanità a cui ogni sinistra dovrebbe ricondursi. Oggi, in questa confusione primordiale fatta di interessi al’accaparramento, la Sinistra si intromette come un ombrello, raccogliendo nella sua area tutto ciò che sembra emancipato nuovo, moderno, ma che di nuovo e moderno non ha proprio nulla. E’ questa la sinistra Pd che, dopo la provocatoria campagna pubblicitaria del 2008 di Oliviero Toscani per l’Unità, sceglie quest’anno un manifesto, per la ‘Festa dell’Unità’ di Roma, una ragazza che tiene a bada la sua gonna corta, che rischia di sollevarsi per il vento. E non è proprio una vista, perché basta andare indietro con la memoria per ripescare il “Ciao, bella” dell’edizione 2008 della festa, con sotto l’immagine di una ragazza appena sveglia, ancora nel letto a stiracchiarsi. In quell’occasione, più che le femministe, a non gradire erano stati i puristi dei canti dell’eredità di sinistra. Niente a che vedere con la campagna pubblicitaria madre di tutte queste polemiche: quella del 2008 del quotidiano ‘L’Unità’, firmata da Toscano, in cui il giornale stava infilato nella tasca posteriore della minigonna di jeans di una bella donna in maglia rossa. Ed è lo stesso partito a Campiano, provincia di Ravenna, che pochi giorni fa, durante la locale Festa Democratica, manda un spogliarello che, per par-condicio, riguarda sia un uomo che una donna; certamente geniale novità rispetto a quei reazionari di destra.