DOVEVANO TAGLIARSI I PRIVILEGI E INVECE HANNO TAGLIATO I TAGLI, MANDIAMOLI A CASA

La rabbia e l’indignazione sono arrivate in piazza, com’era inevitabile che accadesse. La piazza virtuale di Facebook per ora, ma l’Italia dei Valori è pronta a portarle nella piazza reale subito dopo l’estate. La rabbia e l’indignazione per la casta al potere e per il potere della casta, la rabbia e l’indignazione per quella politica che impone lacrime e sangue alla povera gente ma che quando si tratta di tagliarsi qualche privilegio non ci pensa nemmeno. Governo e maggioranza l’hanno dimostrato con l’ignobile manovra appena approvata, un obbrobrio all’insegna dell’ingiustizia sociale con cui chi ha di meno è chiamato a dare di più e chi ha di più può invece continuare a starsene tranquillo e a sentirsi intoccabile. Un’altra goccia per far traboccare di nuovo un vaso che con Berlusconi a Palazzo Chigi è sempre immancabilmente pieno.

Eppure stavolta Berlusconi, Bossi e Tremonti l’avevano promesso mettendoci la faccia: taglieremo i costi della politica. Ne avevano fatto un punto fermo, perché ‘se si tratta di chiedere sacrifici la politica deve dare il buon esempio’. L’avevano promesso, ne avevano fatto un punto fermo ma ovviamente non l’hanno fatto! Si sono rimangiati praticamente tutto, rimandando i tagli a data da destinarsi, ignorando con la consueta arroganza i nostri emendamenti e ogni altra proposta delle forze d’opposizione. Di più, hanno avuto la spudoratezza di ridurre e cancellare dalla manovra all’ultimo momento, magari con la complicità della notte, anche quelle piccole sforbiciate a certi ingiustificabili privilegi che erano previste nel testo originario. Un paio di emendamenti ad hoc e zac, ecco un bel taglio ai tagli per far restare tutto com’è. Una vergogna? Uno scandalo? Un’indecenza? Fate voi…

Quel che è certo, è che sulla necessità di ridurre drasticamente i costi della politica nel centrodestra al governo si erano detti tutti d’accordo. A parole… Per curiosità, mi sono andato a rileggere qualche dichiarazione recente. Tremonti, il 14 giugno: “Come prima cosa è fondamentale che la classe politica dia un buon esempio, ci sono molti costi della politica che devono essere ridotti, non conta quanti soldi valgono, conta che così puoi legittimarti nel disegno di un Paese nuovo”. Bossi, il 19 giugno, rivolgendosi al ‘popolo di Pontida’: “Non è giusto che voi paghiate, i costi della politica non devono essere pagati dai cittadini”. Berlusconi, il 7 luglio: “Completeremo la legislatura facendo le riforme necessarie per ridurre i costi della politica”. Ancora Tremonti, il 7 luglio: “Se leggete il decreto legge c’è il più grande cambiamento del costo della politica e degli apparati amministrativi mai fatto in Italia: siamo l’unico Paese in Europa che avrà pagamenti corrispondenti ai titoli equivalenti dell’Europa. Non ci sarà un politico o amministratore che prenderà un euro in più o in meno di quello che c’è in Europa”.

Insomma, a sentir loro erano pronti. Ma verba volant, scripta manent e nella manovra è scritta tutta un’altra storia. I tagli ai costi eccessivi della politica? Spariti o quasi, abbondantemente ridimensionati con opportuni trucchi, nel migliore dei casi rinviati a chissà quando. Nessuna norma per l’accorpamento obbligatorio dei Comuni, nessun taglio delle Province e di tanti altri enti inutili, nessun tetto agli stipendi supergonfiati dei manager pubblici, nessun aumento della tassazione delle rendite finanziarie, neppure le auto blu sono state di fatto toccate. Sacrifici sì, quindi, ma non per tutti! Il governo ha deciso che a pagare il conto della crisi, a mettere al riparo l’Italia dagli attacchi della speculazione, debbano ancora una volta essere i soliti tartassati: le famiglie, i lavoratori, i piccoli risparmiatori, i pensionati. La casta, invece, non si tocca.

L’Italia dei Valori ci ha provato, senza cadere nel populismo ma presentando poche e semplici proposte concrete. Dall’abolizione delle province alla riduzione dei vitalizi ai parlamentari al dimezzamento del finanziamento ai partiti, abbiamo tentato di imporre austerità anche e soprattutto alla classe dirigente. Niente da fare, il centrodestra si è arroccato e così la manovra, che a sentire il governo doveva servire a dare il buon esempio, si rivelata alla fine solo un’opportunistica inversione a U: partenza, rapido dietrofront, e punto e a capo. Con buona pace delle promesse, delle belle parole, degli impegni presi. Dovevano tagliare i costi della politica, alla fine hanno tagliato i tagli. Ma ormai gli italiani l’hanno capito: questo centrodestra a parlare fa presto ma a rimangiarsi la parola data fa pure prima. Dobbiamo assolutamente mandarli a casa!

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