L’obiettivo della globalizzazione, all’inizio almeno, era quello economico o così era stato fatto credere. I cittadini Europei hanno dato la propria fiducia, oppure hanno dovuto darla, a chi ha volontariamente scelto per poi accettare il compito di rappresentarli prestando il suo servizio dopo essere stato eletto. Fin dall’inizio è stato chiaramente intravisto che il processo per raggiungere la globalizzazione economica Europea non era stato pianificato e studiato prima di poterlo mettere in atto. Nello stesso tempo, la cosiddetta globalizzazione veniva estesa a tutto. Oggi, i fatti viventi ci gridano che tale sistema globale economico ha completamente fallito; per non parlare del resto di quanto è stato “globalizzato”, trasformando il mondo Europeo in una forma piatta ed uniforme, amorfa e povera nel suo contenuto. Si potrebbe anche dire che la globalizzazione intera non è altro che un fallimento che ha portato alla miseria sociale, economica, morale e culturale la maggioranza dei cittadini Europei. Le analisi politiche più o meno eccellenti che siano, con l’eccezione di pochissime, sono diventate un passatempo che bombarda i cittadini ripetendosi quotidianamente. Oggi l’elemosina personificata reale o fittizia che sia la si incontra per le strade di Bucarest, di Roma, di Helsinki o di Atene, contemporaneamente ed ugualmente senza alcuna differenza nemmeno di scenario. E sembra che non ci interessi più visto che abbiamo cominciato ad essere membri passivi di società apatiche.
Prima della globalizzazione, i paradossi sociali potevano essere interpretati in maniera comprensibile. Oggi, i cittadini Europei si trovano ad essere spettatori di fenomeni contradditori completamente incomprensibili. Basta osservare i fatti sociali i quali non sono neanche paragonabili. Come, ad es. una manifestazione ad Helsinki dei membri del “Circolo Ascelle Capellute” (perché gli iscritti sono dei cittadini Europei e, come tali, hanno dei diritti legittimi, anche se a livello di sola “diversità”, che vengono salvaguardati dalla costituzione) ed un’altra, ad Atene, di un gruppo di morti di fame in cerca della certezza di un pezzo di pane almeno, i quali non vengono oramai classificati nemmeno come cittadini perché sono i prodotti da raccogliere dopo la coltivazione di ignoranza completa sociale e culturale che dura da tantissimi anni! Chi sono quelli che seminano e coltivano tali prodotti, pecore senza diritti legittimi che andrebbero salvaguardati? Gli stessi che hanno avuto la fiducia di questi cittadini, gli stessi che dovrebbero essere al loro servizio dopo essere stati eletti, gli stessi che hanno il dovere di eseguire le leggi e la costituzione!
All’inizio degli anni settanta un iniziato disse “basterebbero 10 iniziati per cambiare le cose al mondo, portandole dove dovrebbero andare”.
Oggi il commento di quello stesso iniziato, d’altronde sempre attivissimo, non potrebbe essere più valido. Sarebbe l’ora di portare le cose dove dovrebbero andare. Se continuiamo nella stessa direzione, non arriveremo altrove che al precipizio sicuro.
Anche i sacrifici hanno un limite. Lasciandoci oltrepassare tale limite, sarà troppo tardi per prepararsi ad affrontare il precipizio. La sofferenza di chi ha veramente fame ed è stato mantenuto sottosviluppato da secoli per abitudine e quasi per scelta, dovrà raggiungere il suo termine. Parliamoci chiaro, il benessere di chi gode di buona salute non è altro che il risultato dell’abuso determinato e consapevole da secoli, di chi non ha mai o quasi goduto di buona salute. Il sacrificio non deve e non potrà diventare abitudine. La rinuncia del diritto alla vita, non deve e non potrà diventare modo di vita. È sbagliato accettare la posizione del colpevole quando la propria posizione sarebbe quella dell’accusatore.