Il neosegretario del Pdl Angelino Alfano, dopo il vertice di Arcore, ha spiegato che l'alleanza fra Pdl e Lega è solida ed andrà avanti sino a fine legislatura per fare le riforme e rispettare gli impegni Ue, a partire dal pareggio di bilancio nel 2014. Ma oggi Bossi torna a minacciare problemi se Tremonti e Berlusconi non “troveranno la quadra” sul fisco. E’ proprio sulla riforma fiscale che da Arcore non è arrivata la 'scossa'. Alfano aggiunge una frase laconica che pare ridimensionare le aspettative sul dossier dell’imposizione fiscale: “E’ stato riconfermato l’obiettivo, il pareggio di bilancio nel 2014 e il fatto che tutto questo dovrà avvenire secondo i tempi previsti e secondo i vincoli che l’Unione europea ci assegna”. Quanto basta per far pensare che nonostante le “pressioni” della Lega e le sollecitazioni del Pdl a misure finalizzate non solo al contenimento della spesa pubblica (una delle ragioni della sconfitta elettorale, secondo la maggioranza), Tremonti (presente al summit) non abbia concesso granchè mantenendo ferma la barra sul rigore dei conti pubblici. Le uniche indiscrezioni che escono dal summit riguardano l’orientamento a ridurre di un punto percentuale le cinque aliquote fiscali in vigore e tuttavia sono in molti a pensare che se questo sarà confermato, alla fine potrebbe rivelarsi “un pannicello caldo”. Per questo le parole di Alfano sono vaghe, prudenti e generiche e per questo la fibrillazione di Berlusconi cresce, sapendo che il suo più “fedele alleato” è ora più attento di quanto vorrebbe una base leghista da tempo insofferente e inquieta. Berlusconi non è stato tenero con Tremonti nei giorni scorsi e, pur difendendo il suo 'rigore' con note ufficiali, ha dichiarato che non spetta al ministro dell'Economia decidere quando è il momento di allargare i cordoni della borsa, ma solo proporre. Ma sa, il leader del Pdl, che, comunque, la cornice dell'Europa indica il rigido percorso verso il pareggio di bilancio nel 2014. Su questo Tremonti non potrà né vorrà derogare da un impegno firmato, peraltro, dal presidente del Consiglio in persona. Un impegno severo, il cui costo sociale non sarà indifferente a meno di una crescita economica impetuosa che oggi davvero pochi si sentono di prevedere. Così satrapi ed ancelle di corte già si sbracciano in dichiarazioni circa alleggerimenti e semplificazioni burocratiche, senza entrare nel merito di alleggerimenti di Irperf ed Ilor. Tutti gli osservatori politici sostengono che ciò che resta da vedere è quello che Bossi dirà al raduno di Pontida, fra poco più di dieci giorni. È dubbio che il futuro trasferimento a Milano di un paio di dipartimenti ministeriali sarà sufficiente a suscitare l'entusiasmo dei militanti leghisti. E la prospettiva di andare a votare solo nel 2013, dopo aver digerito una fetta consistente della manovra economica, è ancora meno eccitante. Come scrive Amedeo La Mattina su La Stampa, il governo galleggia e l’incontro di ieri non ha prodotto grandi decisioni, anzi ha solo partorito un topolino. Non è stato deciso chi sarà il nuovo ministro della Giustizia e Berlusconi prende tempo perchè prima deve rendere operativa la nomina di Alfano a segretario politico del Pdl (per fare questo bisogna cambiare lo statuto del partito). Totale impasse sull’allargamento della maggioranza all’Udc (Casini come precondizione vuole la testa del Cavaliere e quindi una crisi di governo). Non c’è traccia di nomine di un vicepremier leghista (a maggior ragione Tremonti) che avrebbe il sapore di commissariare il presidente del Consiglio. Incertezza assoluta sulla futura premiership, nonostante ieri Bossi abbia detto che se Berlusconi intende ricandidarsi avrà il suo sostegno. L’impressione è che il governo abbia il motore imballato e i leghisti hanno la sensazione che il Cavaliere abbia ormai il fiato corto. Ma nessuno sa bene come uscirne. L’unica cosa certa è che dall’incontro di ieri a uscirne vittorioso è stato Tremonti che ha visto confermata la tabella di marcia: nelle prossime settimane verrà preparata una manovrina per aggiustare i conti, poi a settembre ci procederà con la legge di stabilità per il prossimo triennio e con la delega sul fisco che Berlusconi voleva anticipare e approvare entro l’estate come segnale agli elettori che lo hanno abbandonato. Insomma il nodo è convincere Tremonti, che però è saldo come la rocca di Gibilterra, poiché, come ha detto, non è tanto l’Europa a doverci preoccupare, ma i mercati, le borse. “Se facciamo un passo falso ci massacrano. E’ questo che volete?”. Chi ha visto dopo il vertice Tremonti, lo ha descritto sereno e soddisfatto, mentre molto meno lo erano il Cavaliere e gli altri. Seguendo nel sua logica Antonio Caccavale, firma del Mediterraneo-online, vale la pena ricordare che “la quadra” che spesso Bossi cerca o insegue, appartiene al gergo regionale nordico: un misto di termini dialettali, espressioni volgari e gesti che, i ben educati, una volta definivamo scostumati, ma che ha contribuito a fare la fortuna di un partito politico che, si dice, sa parlare alla pancia dei propri elettori. “Trovare la quadra”, nel gergo regionale settentrionale, significa trovare una soluzione, risolvere un problema complesso che chiede di conciliare una serie di elementi discordanti. Ma al Bossi nazionale non tutte le “quadre” possibili, negli ultimi tempi, vanno bene. E ancora meno bene vanno le cose per il Pdl, in cui, al di là delle quotazioni sui singoli personaggi che salgono e scendono a seconda dell’ora e del giorno, non potrà risolvere alcuna questione prima della fine del mese, cioè dopo che il Consiglio nazionale del Pdl avrà ratificato la designazione (unanime?) del ‘parlamentino’ su Alfano e la ratifica della modifica dello statuto. Con in mezzo, il delicato passaggio della verifica parlamentare sulla maggioranza chiesta da Napolitano dopo l’ingresso dei Responsabili nella compagine di governo. Chi gioca sulla serietà (perché sa di poterselo permettere) è Formigoni il quale dice a La Stampa: “Se Berlusconi vuole nominare uno, due o tre vicepremier, per me va benissimo, ma l’importante è impostare un serio cammino di riforme che parlino ai ceti medi che non ce la fanno più. E sul secondo tema sarò chiaro: io sono sempre stato un fautore del riavvicinamento con l’Udc, ma al punto in cui siamo ritengo si sia andati troppo avanti per porvi rimedio in tempi ravvicinati. E una mossa del genere non gioverebbe nè a noi, per una questione di dignità, nè a loro, che potrebbero risponderci picche. L’unico modo serio per recuperare un rapporto con l’Udc è procedere con dei fatti, non con annunci”. Davvero sembra giunto il momento di Formigoni che dichiara: “occorre, per il Pdl, l’ispirazione originaria, mettendo in campo riforme di stampo liberale a costo zero”, che siano gradite soprattutto al ceto medio, che è quello della batosta non solo al nostro governo, ma anche a Zapatero, Sarkozy e, per molti versi, ad Angela Merkel. Come scrivono anche blog e giornali di destra, l’uomo forte in seno alla coalizione di governo è oggi Roberto Formigoni, che da Ballarò dichiara: “certo conta il parere di Berlusconi ma non e' l'unico a contare, siamo un partito dove si discute”. Comunque siamo a ridosso dell’estate e le camere andranno più a rilento del solito, prima della fine di giugno non sarà possibile muovere una paglia fin quando non sarà votata l’ennesima fiducia, prima ancora c’è il referendum e quindi, molto probabilmente, la riforma del fisco, come le altre, rimarranno solo nelle parole del premier e della Lega; altro che quadra o ricerca della quadratura del cerchio, che rimarrà messaggio criptico nei messaggi più segreti di Leonardo.