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DA CHE PARTE STIAMO

La nostra militanza nel P.I.E. è sempre stata motivo avvincente per esprimere convinzioni sulla situazione socio/politica correlata ai Connazionali d’oltre confine. Del resto, ci siamo interessati d’Emigrazione già dagli anni’60, quando il fenomeno era ancora una delle realtà nazionali più controverse. Ora, la nostra Comunità nel mondo sembrerebbe essere comparata con quella del Paese ospite. Si è scritto, ed ancora si scrive, d’integrazione. Tanto per glissare il problema. Il concetto d’italianità si mostra, sempre più, come un termine senza tangibili radici; anche per gli osservatori più benevoli. La nostra, sotto questo profilo, è una posizione atipica. Per noi, del Partito degli Italiani dall’Estero (P.I.E.), la questione è intesa con la sua estrazione originale. In definitiva, i Connazionali oltre frontiera, che hanno mantenuto la cittadinanza, sono italiani che dovrebbero essere soggetti agli stessi diritti e doveri dei residenti sul territorio della Repubblica. Qualche difficoltà, forse, si potrebbe evidenziare per colore che vivono realtà extra europee, ma per chi si trova nel Vecchio Continente, la scusante proprio non regge. D’altronde, gli italiani presenti in UE sono quasi due milioni e mezzo e rappresentano la Comunità più numerosa del mondo. Come a scrivere che se decidesse d’aderire al P.I.E., dato il diritto di voto politico, questo partito sarebbe ben collocato nello scacchiere parlamentare nazionale. Non è fantapolitica la nostra, ma solo una considerazione suffragata dai numeri che, per il caso prospettato, contano più di tante supposizioni. Il fatto è che il voto di questa fitta umanità, alla quale, poi, c’è da aggiungere quella presente e vitale negli altri continenti, è vanificato perché a solo vantaggio dei partiti nazionali che sono stati, e sono, il vero problema d’Italia. Gli sfaldamenti a “Destra” ed a “Sinistra” confermano questa nostra tesi. Gli Onorevoli eletti nella Circoscrizione Estero, anche i più preparati, contano ben poco costretti, come sono, a seguire le strategie del partito nazionale al quale appartengono. “Emigrare” nel gruppo misto, però, sarebbe aggiungere una goccia d’acqua ad un mare tempestoso e senza porto sicuro. Anche tenuto conto che questi Parlamentari, alla fine, andrebbero a rappresentare solo se stessi. Com’è noto, noi propenderemmo per una Circoscrizione Unica e per il voto elettronico universale. Una posizione, la nostra, che ha trovato riluttanza là ove non ritenevamo. I Connazionali all’estero, quelli non ancora demotivati, sono più frastornati dei residenti nel Bel Paese. Il travaso di parlamentati da un Partito ad un altro, le ventilate dimissioni ministeriali, la nascita di nuovi partitini sono segnali del deterioramento di un sistema che gli italiani nel mondo non hanno mai approvato, né potuto influenzare. Del resto, il voto politico e referendario dall’estero è stato deliberato, dopo anni d’incuria e disinteresse, da un Parlamento senza il contributo “tecnico” di chi l’Emigrazione l’aveva vissuta sulla propria pelle. Così, estrema ratio, ci siamo meravigliati che lo stesso CGIE, Araba Fenice di un sistema arcaico, non si sia attivato, a tempo opportuno, per cooperare alla risoluzione più razionale del dilemma. Adesso da che parte stiamo ci sembra palese. Siamo con i Connazionali all’estero. Sosteniamo un loro Partito autonomo e pretendiamo l’ampliamento del loro diritto di voto attivo e passivo. C’impegneremo per il rinnovamento delle loro percezioni e per l’affermazione di quei diritti che in Patria, dall’entrata in vigore della Legge 459/2001, non si sono ancora concretizzati.

Giorgio Brignola

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