Non mi sembra per nulla una brutta idea quella di decentrare da Roma alcune funzioni pubbliche, anche ministeriali.
Per esempio si può tenere formalmente un ministero a Roma, ma poi farlo funzionare in modo decentrato perché funzioni meglio, così come le varie “Autority” di incerto beneficio pubblico. Il problema dell’Italia (vedasi l’avvento delle regioni) è però che di solito i dipendenti ministeriali a Roma poi restano e si moltiplicano anche quelli in periferia.
Nel tempo della telematica quello che conta sono i risparmi di gestione e l’efficienza operativa, non la “location”. Quanti risparmi pubblici si potrebbero fare, a cominciare dal Parlamento, se ce ne fosse una sincera volontà comune!
Ma evidentemente non c’è: chi avesse letto i giornali romani in questi giorni – in cui i dipendenti statali bollavano con parole di fuoco ogni ipotesi di decentramento – non avrebbe potuto fare a meno di pensare alle migliaia di operai a cui viene chiuso o trasferito lo stabilimento e che, conseguentemente, o si adeguano o restano a casa.
Decentrare un paese è un problema comunque complesso e che quindi non va buttato in prima pagina ad una settimana da un voto di ballottaggio.
Andava e comunque andrà pensato nel tempo e – per esempio – bisognava allora presentarlo congiuntamente mesi fa, facendolo magari diventare un potenziale cavallo di battaglia per la Moratti a Milano, ma non come “botto” finale che subito si sgonfia.
Ma ben altri sarebbero stati i temi “strutturali” da gettare sul tappeto in questi mesi, per una rinnovata campagna elettorale a cominciare da una maggior attenzione per tutelare imprese e cittadini davanti a quelle grandi megastrutture che sembrano inossidabili al tempo. Assicurazioni, prezzi controllati, carburanti, grandi appalti, banche e superbanche… Questi sono veri i “poteri forti” che andavano e vanno condizionati e non – al contrario – farsene condizionare.