Bucchino (PD): "Mentre miglioriamo il servizio dei passaporti facciamo funzionare i centralini telefonici"

La richiesta di passaporto è uno dei sentieri spinosi che gli italiani
all'estero devono percorrere per conseguire un loro diritto, non tanto per
le procedure da seguire quanto per la difficoltà di avere appuntamenti certi
e celeri da parte di quel che resta dei nostri consolati. L'obbligo
stabilito a livello europeo della memorizzazione delle impronte digitali
rende evidentemente tutto più complicato. Le lamentele che a tale riguardo
riceviamo come parlamentari eletti all'estero, come si può immaginare, sono
frequentissime. Per questo, assieme ai colleghi Porta, Garavini, Fedi e
Farina, avevo presentato un'interrogazione nella quale chiedevo un quadro
conoscitivo della situazione del rilascio dei passaporti nei vari paesi, la
diffusione della prassi dei funzionari itineranti con il compito di
raccogliere le impronte digitali nelle zone più lontane dei consolati più
estesi e un più attivo coinvolgimento dei consoli onorari nei diversi
passaggi di concessione dei documenti di riconoscimento.

In una risposta finalmente ragionata e circostanziata, il Ministero degli
Esteri fornisce alcuni elementi sui quali è utile ragionare. Per quanto
riguarda i dati, è possibile reperirli per ciascun consolato sulle tabelle
statistiche che il MAE pubblica sul suo sito web a fine di ogni anno. In
ogni caso, il tempo medio di rilascio nelle 210 sedi all'estero è di 26
giorni, a fronte del limite di 30 giorni fissato dalla legge. Non siamo,
dunque, fuori tempo massimo, ma nelle zone immediatamente a ridosso, anche
per la fatica di avere i nulla osta dagli uffici delle questure, da poco
finalmente dotati di posta elettronica certificata.

La prassi di ricorrere al funzionario itinerante sembra poi avere dato buoni
frutti, tanto è vero che il MAE si propone di estenderla dai 40 consolati
attuali ad un numero maggiore, utilizzando alcune risorse destinate ai
viaggi di servizio. E' proprio quello che avevamo chiesto, ma l'esperienza
ci ha abituati ad aspettare la verifica dei fatti prima di esprimere
soddisfazione.

Sul ricorso ai consoli onorari, invece, vengono opposte remore di carattere
giuridico e di privacy, che non intendiamo sottovalutare. Ma la richiesta
riguardava proprio la disponibilità a rivisitare i presupposti normativi di
tale impiego che, vorrei dirlo ancora una volta, può avere una funzione
utilissima in regime di vacche magre, come quello che stiamo attraversando.

In conclusione, vorrei richiamare l'attenzione non sulle procedure adottate,
dal momento che è condivisibile il proposito di fare un'istruttoria
preventiva dei documenti prima dell'appuntamento conclusivo. La questione
vera è che, dalle notizie che ci pervengono, non tutti i consolati si
comportano allo stesso modo e che spesso i tentativi di contatto dei nostri
concittadini con gli uffici si arenano di fronte a centralini muti, che sono
diventati ormai il profilo fondamentale dell'amministrazione italiana
all'estero per i nostri connazionali. Mentre si suona il violino del
“consolato digitale”, sinceramente mi accontenterei che lo stridulo suono
dei centralini telefonici ricevessero qualche risposta in più da parte di
chi ha il dovere di darla.

On. Gino Bucchino

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