Tra liberisti che governano e progressisti che stanno all’opposizione le tensioni non si sono affievolite. E’ bastato uno scivolone alle consultazioni amministrative per ravvivare mai sopite tensioni. Ora tutto appare meno confuso. Da una parte c’è un Esecutivo sempre meno monolitico, dall’altra un’opposizione indebolita per la sua eterogenea composizione. Tra l’incudine ed il martello c’è il Popolo italiano. Quello”pro” Berlusconi e quello “contro”. Intanto, alla ribalta politica, dato che la sinistra langue, tenta d’affermarsi quel “terzo” polo del quale non abbiamo mai avuto fiducia. Per evitare mali peggiori, si cerca ancora una possibile mediazione. D’elezioni politiche anticipate non si tratta, ma il gioco delle alleanze è sempre più palese; anche se di difficile esecuzione. Sempre più difficile. Ci preoccupano i velati compromessi di percorso che già erano retaggio della defunta Prima Repubblica. Quella di Roma “ladrona”, insomma. Di fatto, anche questa seconda non appare migliore. Senza ombra di dubbio. Così se rubare è peccato sia per Dio, che per gli uomini, essere precari sembra non ledere la dignità degli uomini di partito. Anche perché la precarietà politica rappresenta, almeno da noi, il male minore. Eppure dal PdL ci aspettavamo del bene, non dei mali minori. Il Cavaliere appare in difficoltà. Il connubio con la Lega sembra condizionato ad eventi che hanno più a che fare col federalismo locale, che col bene della Repubblica. Non è più, a parer nostro, uno scontro tra due modi di far politica. Ora c’è un Paese che chiede chiarimenti. Non dimenticando che l’Italia è anche una frazione dell’UE, e rammentando il progredire della crisi economica in Grecia, ci chiediamo se i nostri politici siano consci che i settori più deboli del Paese sono anche i più vulnerabili come nella vicina terra di Omero. L’economia, per chi vive di un salario, non è magia. Resta che la precarietà di questo periodo, a cavallo tra primavera ed estate, non possiamo proprio tollerarla. E’ indigesta per tutti. Anche per chi intende strumentalizzarla. Il terremoto provocato dai risultati d’alcune consultazioni locali ci ha fatto ben capire che per governare non bastano più le alleanze centrali. Sono quelle locali che fanno la differenza. Resta che una via d’uscita si troverà. C’attendono importanti referendum e la pubblica opinione, ancor più frastornata, non intende solo, e sempre, subire. Se la rappresentatività è in crisi, non lo è la volontà del Popolo italiano che sembra non volersi adattare ai “capricci” di chi governa o vorrebbe governarci. Sempre che dietro le oggettive difficoltà non si celi la strategia d’improbabili cambiamenti. Prima delle ferie estive, si dovranno chiarire le posizioni dei politici nazionali. Così, torniamo a ripetere che sarebbe opportuno un rimpasto di ques’Esecutivo che si presenta sempre più asfittico. Meno sottosegretari e più iniziative per sollevare le sorti della penisola. I compromessi, quelli per non cadere, non risolverebbero più di tanto. PdL e Lega Nord sono come due sposi separati in casa. Se continuano a coabitare non è certamente per favorire la ripresa socio/economica della penisola. L’opposizione, tanto variegata, da essere divisa in due correnti molto differenti, non è in grado d’offrire un gioco meno rischioso. Tra l’incudine e il martello non resta che evitare maggiori controversie. Difficile, certamente, ma non impossibile.
Giorgio Brignola