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FARE ITALIA PER IL BENE COMUNE

Stanno nascendo, anche all’interno del centro-destra, gruppi e fondazioni che cerano di riunire persone di diversa provenienza e percorso politico. Segnalo il recente primo incontro svoltosi a Roma di “ FARE ITALIA”, un gruppo che vorrebbe unire e non dividere, raccogliendo i vari cocci di quella che è stata non solo l’esperienza di AN ma progressivamente allargandosi a quanti vogliano riprendere a “fare” politica in maniera più seria, meno esasperata, proiettata al futuro. Hanno aderito in maniera informale molti parlamentari, amministratori locali, liberi professionisti e soprattutto “liberi pensatori” che si pongono il problema di cercare di ridare un’anima ad uno schieramento che qualche volta sembra perderla per strada. Qui di sotto un sunto di un

DOCUMENTO PROGRAMMATICO

Nel 2011 le istituzioni italiane compiono 150 anni. Mai come in questi mesi risuona un assordante monito sullo sgretolamento del capitale sociale, sulla disaffezione dalla politica, sulla violenza dello scontro istituzionale. Mai come in questi mesi ci sarebbe bisogno di riscoprire il Bene Comune. Di guardare al passato per sanare le ferite avendo il «coraggio di perdonare», riconoscendoci tutti figli di una grande drammatica e gloriosa storia nazionale. Ma soprattutto, stride il clima di odio in un momento che richiederebbe soluzioni e non duelli, uno sguardo al futuro per immaginare un grande sforzo corale, un clima politico diverso per una grande e benedetta metamorfosi del Sistema-Italia.

Siamo al termine di una parabola trentennale in cui la “via italiana” centrata sull’energia dell’individuo e sulla sua creatività è passata dal rappresentare un processo virtuoso e produttivo (basti pensare al fiorire delle PMI) a prendere oggi la forma di uno stanco narcisismo o addirittura nar-cinismo (Censis 2010), che nega ogni apertura all’interesse pubblico e vive ripiegato in una “privatizzazione “dell’etica. I risultati di questo “individualismo stanco” sono sotto gli occhi di tutti ed hanno la forma del crollo demografico, dell’emergenza educativa, della stagnazione economica. Dopo un secolo e mezzo di cause giuste e sbagliate, vinte e perse è il momento che le istituzioni italiane stabiliscano con chiarezza un percorso per il nostro Paese. Un percorso riformatore. Un percorso per il Bene Comune, il grande assente dal dibattito della cosiddetta Seconda Repubblica.

Serve un'azione riformista ispirata al Bene Comune. Una forza convinta che un patto intergenerazionale non sia più procrastinabile e debba necessariamente tradursi in interventi previdenziali, fiscali e sul debito pubblico, in provvedimenti “choc” che riattivino un virtuoso meccanismo di occupazione giovanile. Una forza riformista ispirata al Bene Comune oggi pensa che quasi vent’anni di assenza di politiche pubbliche sulla famiglia siano stati una tara pesantissima per la prima “agenzia di futuro” della società ed interventi risoluti come il “fattore famiglia” debbano perdere forma immediata.

Una forza riformista ispirata al Bene Comune crede che la politica debba sapersi ri-dimensionare in competenze e costi sapendo della valenza esemplare e paradigmatica dei propri comportamenti ed avere il coraggio di decidere subito, non domani, le necessarie riforme costituzionali per ridurre il numero di parlamentari, ridurre gli oneri derivanti dalla pletora di province ed enti amministrativi intermedi, porre fine al bicameralismo fotocopia. Una forza riformista ispirata al Bene Comune crede che il costo della vita per i cittadini sia realmente oltre ogni soglia di tollerabilità ed ogni intervento in tal senso debba passare per un profondo processo di liberalizzazione dei servizi contro le rendite di posizione dovute ad oligopoli ed i neostatalismi municipali.

Una forza riformista ispirata al Bene Comune vuole superare i contrasti tra i sostenitori di una morale così detta “laica” e coloro che si ispirano ai precetti della morale cattolica, inaugurando finalmente la stagione della “laicità positiva” invocata da Benedetto XVI come guida dei rapporti fra autorità civili e religiose. Una laicità positiva rispettosa dei principi di diritto naturale, della dignità della persona umana, del ruolo irrinunciabile delle religioni nello “spazio pubblico”. Una forza riformista ispirata al Bene Comune accoglie i nuovi italiani dando loro (specialmente ai nati nel nostro paese) reali possibilità di integrazione e cittadinanza e accoglie i rifugiati politici e religiosi in seno alla nostra comunità nazionale rifiutando la “politica della paura” e del respingimento in mare dei clandestini.

Una forza riformista ispirata al Bene Comune crede sia doveroso porre al centro la spina dorsale del Paese nella sua declinazione pubblica: i beni culturali, il servizio pubblico televisivo, la lingua italiana, l’università e la scuola, i ruoli della pubblica amministrazione, gli asset strategici del Paese. Una forza riformista ispirata al Bene Comune crede nella “Big Society”, una società civile con poteri e funzioni, decisionali e gestionali, che garantisca un welfare sussidiario ispirato alla Cittadinanza Attiva. Dobbiamo far ripartire, da questo III Giubileo della Patria, un grande movimento di condivisione di obiettivi. Che superi l’individualismo stanco ed incapace di pensare al plurale e ci ricollochi invece nel più naturale ed “italiano” solco del Noi, del pensiero al plurale. Dobbiamo recuperare le radici del nostro Paese. Qui la Cristianità ha incontrato la cultura classica e una forza riformista ispirata al Bene Comune che si riconosce nell’Europa popolare, liberale e democratica, oggi in gran parte rappresentata dal gruppo Popolare, e che parte proprio dalle radici per consentire all’albero di fiorire e portare frutti. Vorremmo, nel decennio che inizia e su cui si snoda la strategia europea per una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva, essere forza ispiratrice di un grande rinnovamento del Sistema Italia, in sintonia con i nostri alleati continentali ed occidentali, nel solco dell’Europa dei Padri Fondatori.

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