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Tecnica di un colpo di stato

La puntata di mercoledì 13 aprile di “Qui Radio Londra”

Matura in ambienti democratici una tendenza alla ripulsa della democrazia liberale e a contestare il regolare funzionamento delle istituzioni repubblicane. L’ultima trovata è una “prova di forza dall’alto” che “congeli le Camere” e imponga “d’autorità una nuova legge elettorale” con l’aiuto, esplicitamente richiesto, degli apparati preposti alla tutela dell’ordine pubblico, Carabinieri e Polizia di stato (Alberto Asor Rosa, Il manifesto, 13 aprile 2011).

E LA SINISTRA PENSA AL GOLPE

giovedì 14 aprile 2011

Attenti, c'è una sinistra che incoraggia il golpe

di Giuliano Ferrara

Nel mirino di Ferrara a Radio Londra un editoriale di Asor Rosa sul Manifesto di ieri che invocava il golpe per abbattere Berlusconi

Sono cento righe intrise di attacchi al governo e di analisi pessimistiche che più pessimistiche non si può e che si concludono con una ricetta che supera tutte quelle proposte fino a oggi dall’opposizione per abbattere il premier. Ciò che invocava ieri sul «Manifesto» lo storico di sinistra Alberto Asor Rosa è nientepopodimeno che un colpo di Stato, attuato con la collaborazione di carabinieri e polizia. Una minaccia alla quale ieri sera Giuliano Ferrara ha dedicato il suo «Radio Londra». Pronta la controreplica di Asor Rosa: «Faccio appello alle forze sane dello Stato perché evitino la crisi verticale della democrazia».
C’è chi pro­pone di fare un colpo di Stato contro il gover­no eletto, il go­verno eletto da­gli italiani, il go­verno Berlusco­ni.

Si chiama Al­berto Asor Rosa, è stato deputato della sinistra e professore universi­tario. Negli anni Settanta militava, diciamo, in quelle tendenze di pen­siero alla Toni Negri contigue cul­turalmente al terrorismo italiano. Ecco che cosa ha scritto sul quoti­diano comunista il manifesto di og­gi, , perché non vorrei che poi si di­cesse che io mi invento le cose che dico: «Ciò cui io penso è una prova di forza che, con l’autorevolezza e le ragioni… eccetera, scenda dal­­l’alto, instaura quello che io defini­rei un normale “stato di emergenza”, si avvale più che di manifestanti generosi, dei carabinieri e della polizia di Stato, congela le Camere, sospende tutte le immunità parlamentari…» eccetera eccetera eccetera. Insomma, un colpo di Stato in piena regola contro il governo eletto dagli italiani.

Siamo finalmente alla piena, diciamo dispiegata chiarezza di un progetto politico che molti altri editorialisti, questa volta di Repubblica , avevano già definito anche nella famosa assemblea del Palasharp, dove un ragazzino di tredici anni fu convocato a recitare la litania dell’odio contro l’arcinemico. Che cosa dicono costoro? Dicono che siccome lui, Berlusconi, ha rimbecillito gli italiani con le televisioni, siccome con i voti non credono di essere in grado di batterlo alle elezioni, siccome in Parlamento non c’è una maggioranza alternativa e invece di lavorare per trovare una maggioranza alternativa nel Paese e nel Parlamento e varare un governo come sono stati i due governi Prodi – Prodi ha battuto due volte Berlusconi, no? – , bisogna fare qualcosa di extra istituzionale. E Asor Rosa, il professor Asor Rosa, quest’uomo con questi baffi sicuri di sé e questa prosa non proprio elegantissima, dice che cosa bisogna fare: un golpe con i carabinieri e la polizia di Stato,che venga dal-l’alto contro il basso popolo incapace di capire come stanno le cose.

Un golpe delle élite , un golpe favorito dagli intellettuali e dalle loro idee. Un golpe che, diciamo, sarebbe un esproprio di sovranità ai danni del popolo italiano. Guardate che non sto scherzando, Asor Rosa non è un passante, ripeto, è stato un dirigente po-litico della sinistra, fa parte diciamo di quella che potremmo definire la cricca Scalfari, cioè il gruppo di potere editoriale e, se posso consentirmi, lobbistico che in simbiosi con i magistrati cerca, non di portare Berlusconi ai processi, ma di abbattere Berlusconi in quanto capo politico del governo.L’Italia è una democrazia regolare, tra poco vedremo una partita e vogliamo stare tutti tranquilli e andare a dormire tranquilli, però c’è chi lavora per un colpo di Stato.

14 aprile 2011

Storia di una persecuzione politica istigata dall’antidemocrazia puritana

Tecnica di un colpo di stato

Perché non si convoca un raduno al Palasport per demolire queste pallottole verbali? Le istituzioni battano un colpo contro lo scempio

Il professor Alberto Asor Rosa incita sul manifesto, compassato quotidiano comunista, al colpo di stato. E’ un italianista in cattedra, quindi non si cura di scegliere come Dio comanda tra congiuntivo e indicativo (vuole “una prova di forza… che scenda dall’alto, che instaura… un normale stato d’emergenza” eccetera, e il resto della citazione la trovate qui sotto nell’antologia degli orrori confezionata per voi). Ma per quanto scriva da passante, Asor Rosa non è un passante. E’ un esponente autorevole della cricca Scalfari. E’ uno che con il vecchio Toni Negri, oggi in pensione, animava le correnti ideologiche contigue al terrorismo, dette “operaisti”, e che amava molto Slobodan Milosevic e il suo nazionalcomunismo abbattuto dalla guerra del Kosovo. Insomma, uno special one del più trucido e violento cazzeggio dell’antidemocrazia travestita da perbenismo e neopuritanesimo all’italiana.

Non solo il professore non è un passante, la sua idea golpista, esplicitata ieri come mai prima d’ora, con tanto di invocazione di Carabinieri e Polizia di stato al servizio di un piano eversivo per “congelare la Camere” e liquidare con la forza il governo eletto, è la versione letterale di molte altre posizioni analoghe, più o meno dissimulate, espresse da editorialisti del quotidiano di Carlo De Benedetti, la tessera numero uno del Partito democratico (così il brillante finanziere e nostro saltuario collaboratore ebbe a definirsi in passato). Ammiccamenti o pupi viventi del sardo-piemontese e appena un po’ più contegnoso Ezio Mauro, e del mondano Fondatore del giornale che egli dirige, gli editorialisti militanti di Rep. sono gli stessi che parlano dai palchi accanto al vanesio Eco e al banale Saviano e a un bambino tredicenne incaricato di recitare la litania dell’odio contro il Cav., una vera forma di prostituzione politica minorile al servizio dell’Anticostituzione. Tutti teorizzano il diritto di abbattere il tiranno con ogni mezzo, e affermano che non si può ottenere una nuova maggioranza in Parlamento e nemmeno nelle urne, ragion per cui occorre il colpo di stato, nelle forme magari meno evidenti di un governo del presidente o in quelle trucibalde descritte ieri da Asor Rosa.

Il pretesto è che Berlusconi è un delinquente, tocca il culo alle ragazze (il playful premier del Financial Times o, se volete, il “giocoliere galante” evocato dal vostro direttore), ha rincretinito gli italiani con i palinsesti televisivi, immagino a colpi di Lerner, Gabanelli, Gruber, Dandini, Floris, Santoro e Fabio Fazio, in più annullando ogni caratterizzazione politica dei programmi Mediaset e generando durante il suo dominio tirannico sul sistema un terzo polo televisivo in cui eccelle Enrico Mentana con il suo tg7; il delinquente inoltre ordina al Parlamento il confezionamento di leggi ad personam per difendersi dalla cura equilibrata con cui magistrati comizianti della procura di Palermo vogliono tirarlo dentro da anni con accuse di strage mafiosa, una delicata Boccassini vuole imputargli una rete di prostituzione per delle feste tenutesi a casa sua, e una quantità di altri magistrati, civili e penali, desiderano che vada in galera per le accuse più varie e che prima, per cortesia, passi un sette-ottocento milioni di risarcimento all’editore di Repubblica.

La faccenda è grottesca, ma è anche molto seria. Il fronte antiberlusconiano eccita gli animi alla guerra civile. Il gioco è sporco, brutale. Le gride illiberali emesse da questi tecnici del colpo di stato rimbecilliscono davvero una minoranza fanatica. La loro stampa fiancheggiatrice di bassa lega, guidata da un manipolo di teppisti dell’informazione, diffama e denigra a piene mani, tutti i giorni, coloro che tentano di resistere all’ondata di piena merdaiola. Mettono in pericolo la convivenza civile con l’ostentazione della virtù mentre i loro attori e saltimbanchi simbolo investono alla caccia del 20 per cento di interessi promesso dal Madoff dei Parioli i loro piccoli risparmi ottenuti nel vasto e florido mercato dell’odio politico. Questa masnada mette in mora le istituzioni e i poteri neutri. Rovescia ogni frittata e, mentre butta fango e merda sull’Arcinemico, lamenta di essere vittima di una orwelliana macchina del fango (il senso dell’umorismo non è il forte di questi golpisti meschini, di questi chiagn’ e fotti).

C’è chi il dirty job, il lavoro sporco, lo fa con argomenti diretti, come l’italianista che sbaglia congiuntivo e indicativo, chi lo fa con argomenti malinconici e profetici, chi lo fa impancandosi a difensore del diritto o meglio di una versione totalitaria e incostituzionale della legalità, intesa come una clava da opporre alla sovranità del Parlamento, alla sovranità dei cittadini che lo eleggono, alla divisione dei poteri distrutta dalla incauta riforma dell’articolo 68 della Costituzione, nell’anno di grazia del Grande Terrore, il 1993.

E’ ovvio che a nessuno di questi gentiluomini, a nessuna di queste nobildonne importa che sia possibile processare Berlusconi. Se questo fosse l’obiettivo, a prescrizione sospesa, con il lodo Maccanico, poi Schifani, poi Alfano, sarebbe un gioco da ragazzi costruire un’alternativa al giocoliere galante, rovesciarlo con un voto popolare e poi processarlo in tribunale. Ma loro non vogliono processarlo, vogliono abbatterlo e vogliono farlo anche per derubare noi delle imperfette ma vive libertà italiane e per derubare lui del suo patrimonio a nome e per conto (corrente) dei loro padroni. In spregio ai cittadini che hanno scelto un imprenditore e leader politico atipico per ben tre volte (e hanno scelto liberamente un altro principe, Romano Prodi, ben due volte relegando Berlusconi all’opposizione).

L’Italia è una democrazia. Il giocoliere galante gioca con tutto tranne che con la regola delle regole, il diritto della maggioranza a governare sotto il controllo delle istituzioni. Un controllo occhiuto, che va dal Quirinale alla Corte costituzionale, da un establishment economico e finanziario criticabile, ma plurale ed europeo, a una stampa liberissima e in certi casi omologata alla morale corrente del contropotere. Questa democrazia è sotto il tiro dei cecchini. Sono pallottole verbali, come abbiamo visto sono invocazioni alla violenza contro la Costituzione e le leggi, contro il verdetto elettorale, sono parole che chiedono dall’alto quel che non si riesce a fare dal basso per mancanza di consenso, sono parole ma parole contundenti, che avvelenano l’aria che si respira, condannano una generazione politica al settarismo, al moralismo più insincero e al virtuismo ipocrita. Sono parole che vanno spiegate, diffuse, illustrate e criticate, anzi demolite, con tutti i mezzi leciti. Non capisco come sia possibile che, al posto o a integrazione di piccoli show in tribunale, il Popolo della libertà non convochi un grande raduno nazionale al Palasport di Roma con il titolo: “Storia di una persecuzione politica”. E il sottotitolo: “Tecnica di un colpo di stato”.

Non si può assistere a questo grottesco scempio della legalità e sovranità repubblicana senza protestare, senza scendere in strada, senza resistere. E le istituzioni terze, le istituzioni di garanzia, alle quali in sospetta concomitanza il leader del Pd Massimo D’Alema chiede uno sbrigativo “scioglimento delle Camere”, dovrebbero, se ci sono, battere un colpo significativo e rumoroso. E spiegare che con la democrazia non si scherza, che c’è un confine valicare il quale è costituzionalmente proibito.

STORIA DI UNA PERSECUZIONE POLITICA ISTIGATA DALL'ANTIDEMOCRAZIA PURITANA

15 aprile 2011

NON VOGLIAMO I COLONNELLI
Appello contro l’antidemocrazia intollerante e anticostituzionale
Matura in ambienti democratici una tendenza alla ripulsa della democrazia liberale e a contestare il regolare funzionamento delle istituzioni repubblicane. L’ultima trovata è una “prova di forza dall’alto” che “congeli le Camere” e imponga “d’autorità una nuova legge elettorale” con l’aiuto, esplicitamente richiesto, degli apparati preposti alla tutela dell’ordine pubblico, Carabinieri e Polizia di stato (Alberto Asor Rosa, il manifesto, 13 aprile 2011). E questo è solo l’ultimo di numerosi e allarmanti pronunciamenti in favore di vie extraistituzionali al cambiamento di governo.

Abbiamo opinioni diverse, e in qualche caso opposte, sullo stato della democrazia in Italia, sulle politiche di governo e maggioranza, sulle decisioni in materia di giustizia e di legalità.
Ma giudichiamo estremamente gravi le soluzioni anticostituzionali invocate, anche in forme meno rozze, da alcuni leader d’opinione che mostrano di voler rinunciare all’unico metodo possibile di iniziativa e di lotta in una democrazia repubblicana europea e occidentale: la costruzione, nel conflitto ordinato e istituzionalmente normato, di una alternativa di governo fondata sul consenso dei cittadini.

Siamo convinti che occorra vigilare contro ogni impulso alla prova di forza e contro una torsione culturale verso la trasformazione della politica in intolleranza, chiusura settaria, demonizzazione del nemico, antidemocrazia comunque motivata o mascherata.

Luigi Amicone (direttore di Tempi),

Ritanna Armeni (editorialista del Riformista),

Giovanni Belardelli (storico, editorialista del Corriere della sera),

Sergio Belardinelli (docente, animatore del progetto culturale della Cei),

Alessandro Campi (docente universitario),

Stefano Ceccanti (parlamentare del Pd),

Franca Chiaromonte (parlamentare del Pd),

Stefano Fassina (responsabile economia del Pd),

Domenico Delle Foglie (giornalista cattolico),

Ruggero Guarini (scrittore),

Massimo Introvigne (docente universitario),

Giorgio Israel (docente universitario),

Raffaele La Capria (scrittore),

Claudia Mancina (docente universitario),

Alessandro Maran (vicecapogruppo del Pd alla camera),

Enrico Morando (senatore del Pd),

Piero Ostellino (editorialista del Corriere della sera, liberale),

Marco Tarquinio (direttore di Avvenire),

Giorgio Tonini (senatore del Pd)

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