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Il "processo breve"

E' all'esame dell'Assemblea della Camera la proposta di legge, già approvata dal Senato, recante misure contro la durata indeterminata dei processi. Rispetto al testo approvato dal Senato, il testo in esame elimina la previsione di estinzione del processo a seguito dell'inutile decorso dei “termini di fase”, stabiliti per ciascun grado del giudizio, e interviene in materia di prescrizione del reato.
informazioni aggiornate a giovedì, 31 marzo 2011
I “termini di fase”
L'interruzione della prescrizione
L'Assemblea della Camera ha iniziato il 28 marzo l'esame di una proposta di legge, già approvata dal Senato, recante misure contro la durata indeterminata dei processi (A.C. 3137). Il provvedimento è volto a dare attuazione al principio di ragionevole durata del processo, contemplato dall'articolo 111 della Costituzione e dall'articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU). Più in generale, sull'attuazione di questo principio, la Commissione ha deliberato una specifica indagine conoscitiva, nell'ambito della quale ha svolto una serie di audizioni di rappresentanti della magistratura, dell’avvocatura, della Corte europea dei diritti dell’uomo, di professori universitari.

I “termini di fase”
L'attività conoscitiva si è concentrata in particolare sull'impatto del meccanismo di prescrizione processuale contemplato dall'articolo 5 del testo approvato dal Senato e della norma transitoria contemplata dall'articolo 9. L'articolo 5, in particolare, fissava termini di durata per ciascun grado del processo penale e prevedeva l’estinzione del processo nel caso di inutile decorso dei medesimi termini; l'articolo 9 prevedeva l'applicazione di tale meccanismo anche ai processi in corso, relativi a reati puniti con pena inferiore a 10 anni di reclusione e commessi fino al 2 maggio 2006 (con esplicita esclusione dei reati non rientranti nell’ambito di applicazione della legge di indulto n. 241 del 2006), per i quali l'inutile decorso di termini specificamente indicati avrebbe comportato l'estinzione dei medesimi.

La Commissione è intervenuta su entrambi i profili, con due emendamenti del relatore, che hanno riscritto l'articolo 5 e soppresso la disposizione transitoria.

Il testo approvato dalla Commissione conferma l'operatività dei “termini di fase” per ciascun grado del giudizio, diversamente articolati in funzione della gravità del reato (per i reati puniti con pena inferiore a dieci anni: tre anni per il primo grado; due anni per l'appello; un anno e sei mesi in fase di Cassazione; un anno per ogni ulteriore grado del processo nel caso di annullamento con rinvio da parte della Corte di cassazione. Per i reati puniti con pena superiore: rispettivamente, quattro anni, due anni e un anno e sei mesi e un anno. Per reati di particolare allarme sociale, tra i quali quelli di mafia e terrorismo: cinque anni, tre anni, due anni e un anno e sei mesi).

All'inutile decorso di tali termini, tuttavia, il testo della Commissione ricollega non l'estinzione del processo, bensì una comunicazione da parte del capo dell’ufficio giudiziario cui appartiene il giudice che procede al Ministro della giustizia e al procuratore generale presso la Corte di Cassazione.

L'interruzione della prescrizione
Nel corso dell'esame in Commissione è stato approvato un articolo aggiuntivo del relatore che modifica l'articolo 161 c.p. in materia di effetti dell’interruzione della prescrizione del reato.

Nell'ordinamento vigente, gli atti giuridici indicati nell'articolo 160 c.p. interrompono il corso della prescrizione; nel caso di interruzione, il termine di prescrizione già decorso viene meno e comincia nuovamente a decorrere dal giorno dell’interruzione. L'articolo 161 c.p. pone limiti al prolungamento del tempo necessario a prescrivere che l’interruzione comporta, differenziati in funzione sia delle delle tipologie dei reati sia dei rei.

Con riferimento al primo profilo, il testo vigente esclude dal suo ambito di applicazione i reati di grave allarme sociale di cui all’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, c.p.p.; con riferimento al secondo profilo, prevede che in nessun caso l’interruzione della prescrizione può comportare l’aumento: di più di un quarto del tempo necessario a prescrivere, com regola generale; della metà nei casi di recidiva aggravata (art. 99, secondo comma, c.p.); di due terzi nel caso di recidiva reiterata (art. 99, quarto comma, c.p.); del doppio nei casi di abitualità e professionalità nel reato (artt. 102, 103 e 105 c.p.).

Il testo approvato dalla Commissione conferma il limite oggettivo dei reati di grave allarme sociale di cui all’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, c.p.p.; con riferimento invece alla condizione soggettiva dell'imputato, riduce da un quarto ad un sesto il limite del prolungamento del tempo necessario a prescrivere nel caso di imputati incensurati e mantiene il limite di un quarto nel caso di recidivi semplici (art. 99, primo comma, c.p.).

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