La filosofa Roberta De Monticelli, nel suo interessantissimo bel libro “La questione morale” (Raffaello Cortina Editore), cade nell'equivoco in cui incorrono moltissimi credenti e non credenti. A pag. 89 scrive: “Eppure il vero orizzonte della modernità si vede fin dai suoi albori nella dignità che essa conferisce all'infanzia e alla sua istruzione – cosa assai nuova nella nostra lunga storia, tanto è vero che le famosi frasi di Gesù nel Vangelo sui pargoli e la sua durissima riprovazione nei confronti di chi dia loro scandalo sono state citate nei millenni con ammirazione non disgiunta da sorpresa”. Nel passo di Matteo, Gesù indica i bambini come esempio di semplicità ed innocenza, ma la sua riprovazione è indirizzata a coloro che scandalizzano i “piccoli”, che non sono i bambini, bensì i discepoli che si sono fatti semplici e innocenti come bambini. Scandalizzare i “piccoli” significa: essere per loro motivo della perdita della fede in Dio. Più volte Gesù definisce “piccoli” i discepoli. Più avanti, sempre in Matteo, troviamo: “In verità vi dico: tutto quello che avete fatto a uno dei più piccoli di questi miei fratelli, l'avete fatto a me” (Mt 25,40); “In verità vi dico: ciò che non avete fatto a uno di questi più piccoli, non l'avete fatto a me” (Mt 25, 45). E in Luca: “Chi avrà dissetato anche con un solo bicchiere d'acqua fresca uno di questi piccoli, in quanto discepolo, in verità vi dico: non perderà la sua ricompensa”. Lo scandalo nel linguaggio biblico si colloca sul piano della fede. E i bambini con la fede hanno poco da spartire.
Renato Pierri