Se è vero che siamo, appunto, una “Repubblica delle banane”, è perché sussiste la concentrazione in capo ad uno stesso soggetto della proprietà finanziaria e del potere di controllo diretto dei mass media. Il consenso non si conquista più con la forza delle idee, si crea con lo strumento del denaro. Per questo trovo inaccettabile che uno stipendiato dal premier, quale è Giuliano Ferrara, possa condurre un programma di informazione su Rai1. Un conto è avere delle opinioni politiche o, al limite, riconoscersi in uno o l’altro degli schieramenti e fare informazione, forse un po’ di parte, ma comunque senza il vincolo della dipendenza. È invece tutto un altro paio di maniche aggravare ulteriormente il conflitto di interessi consentendo a chi è pagato direttamente da un politico di occupare il servizio pubblico per condurre una tribuna di propaganda in suo favore. In questo Paese dove il senso del limite sembra essere venuto meno, mi rivolgo a chi fa “resistenza” e chiedo di non assecondare questo gioco al massacro della libertà.
Ricordiamoci che Ferrara, che si aggira nel pluralismo democratico come un elefante in una cristalleria, è quell’ex comunista convertito al socialismo che, informando con obiettività, ha sempre sostenuto che Craxi non rubò mai neanche un centesimo. Ferrara, divenuto convinto berlusconiano e perfino Ministro dopo essere stato estimatore di Fini, ha sposato in pieno quel modello pieno di superficialità e privo di valori veicolato dalla tv privata ed è sempre salito al volo sul carro del vincitore, sputando nel piatto dove aveva appena mangiato. Ferrara ha infatti bruciato in diretta il suo abbonamento alla Rai, che ora lo ringrazia dandogli il posto di Enzo Biagi che si liberò con l’editto bulgaro: ma “il servizio pubblico pagato con i soldi di tutti”, come ebbe a dire Berlusconi da Sofia, non è già abbastanza svilito dalla incredibile direzione di Masi e Minzolini?
Ricordiamoci che Giuliano Ferrara è solo una proiezione più pesante e chiassosa di Silvio Berlusconi: se volessimo usare il disegnino mostrato dal premier per difendere la sbilenca riforma della giustizia, la Rai sta mettendo su un piatto della bilancia il pezzo grosso dell’informazione berlusconiana e il senso di ciò che farà nel suo programma dopo il Tg ce lo ha dato ieri sera, quando ha attaccato chi è sceso in piazza a difendere la costituzione dai colpi di coda del Caimano. A gennaio, il premier è stato presente sulle reti pubbliche il doppio di tutti i leader dell’opposizione messi insieme: direi che lui e i suoi pretoriani hanno parlato anche troppo. Non guardiamo il programma in onda dopo il Tg, questa sera, per avere finalmente la possibilità di lanciare anche noi un messaggio: basta, la democrazia non si compra!