“Ti piace vincere facile”

Guardando il gruppetto di bambini andare avanti e indietro alla ricerca della plastica lungo la spiaggia di Sihanoukville, fotografando le sparute case nelle aeree rurali lungo la strada che congiunge Phnom Penh a Sinahoukville e visitando le abitazioni dei bambini nella periferia della capitale, ad un certo punto mi è venuto in mente uno slogan di una nota pubblicità italiana: “Ti piace vincere facile”. Mi sono sentito stranamente cinico ma ho pensato a come su quella miseria, su quei bambini di strada non fosse assai facile far leva per qualsiasi genere di richiesta. Mi è venuto in mente il racconto di un bambino di Sihanoukville, fatto qualche mese fa ad un giornalista italiano “spesso ci arrivano delle strane proposte da parte di persone adulte e qualche volta è accaduto che uno del gruppo sparisse per un po’ di tempo dalla spiaggia, per poi ritornare come sconvolto”. Ho pensato che, in quelle aree rurali che avevo visto muovendomi dalla capitale verso il mare, accade spesso che venga prospettato alle ragazze un lavoro migliore da trovare in città per poi venire sfruttate, spesso anche nella prostituzione. Secondo alcune stime, raccolte da ECPAT Cambogia, tutte le vittime di traffico nel 2009 avevano tra i 7 e i 39 anni e il 36,7% erano bambine. Circa l’82% erano cambogiane mentre la restante parte vietnamite. Stranamente cinico rimbombava quello slogan mentre ripensavo alle bambine della capitale di Phnom Penh, strette in case di legno e lamiera di 3 metri per 3, con una madre sieropositiva, due fratelli più piccoli e un futuro che prima o poi avrebbe bussato alla porta chiedendo di lasciare la scuola per un lavoro utile a sfamare i suoi. La Cambogia è un Paese troppo povero: al 131° posto (su 177) della Scala Mondiale dello sviluppo umano; più di un terzo dei cambogiani vive sotto la soglia di povertà, cercando di sopravvivere con meno di un 1 dollaro al giorno. La Cambogia è un Paese troppo giovane e vulnerabile, dove donne e bambini sono a rischio. Alto il numero di violenze e aggressioni. In Cambogia si può comprare tutto, anche la verginità di una ragazza. In una recente ricerca messa a disposizione da ECPAT Cambogia, svolta su un campione di 49 ragazze ex prostitute, si rileva che il 41,3% di esse ha avuto il suo primo rapporto con un cliente; tra queste il 68% aveva venduto la propria verginità. Pensare di poter far leva sulla miseria, sulla scarsa istruzione, sulla disfunzionalità della famiglia è “un gioco da ragazzi”, che fa il pari con lo slogan della nota pubblicità italiana. Ma se molte cose si possono comprare molte altre no: la dignità di molte persone che ci hanno aperto le porte delle loro abitazioni “sgarrupate”. Come la nonna di una bambina sostenuta, Srey. La incita, a volte sgrida la piccola a venire nelle scuole che sosteniamo. Una donna minuta, tutta ossa che crede nell’istruzione, che sa che può essere un’arma per sua nipote, che sa che “molte cose non hanno un prezzo”, citando un altro slogan. Poco dopo un’operatrice dell’organizzazione locale, partner di ECPAT, Cifa Co, mi spiega che oltre alla povertà, uno dei criteri per assegnare il sostegno ai bambini è proprio il credere nella scuola.

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