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Una mimosa per…

In momenti difficili come quelli che stiamo vivendo, anche una giornata come questa dell’otto marzo rischia di trasformarsi nella sagra dell’ovvio e della retorica. Tuttavia fermarsi per un attimo e riflettere può essere importante. Assegnare la nostra personale, simbolica mimosa, può aiutarci a guardare alcuni temi in una prospettiva diversa, ma con la consapevolezza che certe questioni saranno ancora sul tavolo domani e nei giorni a venire.

Una mimosa va sicuramente alla Terra, che proprio come una madre continua a stringerci come figli in grembo, a nutrirci nonostante le nostre offese. A dispetto degli irresponsabili comportamenti che minano i suoi antichi equilibri e provocano le catastrofi naturali di cui siamo allo stesso tempo protagonisti e testimoni.

Un’altra mimosa va a quelle donne che nei paesi del Nordafrica e del Medio Oriente, come mai è accaduto in passato, scendono in piazza sfidando antichi retaggi culturali e religiosi, per rivendicare la loro dignità, reclamare più libertà, esigere rispetto. Ma anche alle donne italiane, a quelle che non si rassegnano a vivere in un Paese dominato dal modello femminile imposto dal berlusconismo. A quelle scese in piazza per gridare “Se non ora quando?”. A quelle che, per mille altre ragioni, oggi stanno manifestando in tutte le città della penisola.

Una mimosa va a quelle donne che con il loro coraggio, la loro ostinata perseveranza, tra difficoltà spesso apparentemente insormontabili, chiedono semplicemente giustizia. A donne come Ilaria Cucchi, che ha portato all’attenzione dei media gli agghiaccianti retroscena della morte del fratello Stefano, avvenuta in carcere nel 2008. A Patrizia Moretti, mamma di Federico Aldrovandi, il diciottenne deceduto nel 2005 dopo essere stato fermato e selvaggiamente picchiato da quattro agenti. A Lucia, sorella di Giuseppe Uva, fermato il 14 giugno 2008 dai carabinieri della caserma di via Saffi, a Varese, che ha rivisto il fratello morto e in condizioni terribili, nel reparto psichiatrico dell'ospedale dove era stato portato quattro ore dopo il fermo.

Una mimosa, infine, alle donne di ‘tutti i giorni’. Quelle che lavorano in casa o fuori, più spesso in casa e fuori. Che accudiscono figli e non di rado anche mariti, compagni e genitori. Che faticosamente fanno quadrare i bilanci familiari. Che raramente ricevono un “grazie”. Donne che nonostante tutto vanno avanti e spesso vincono. Donne che non gridano, ma si fanno sentire. Questa mimosa è per voi.

Danilo Sinibaldi

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