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Non rinunciare agli spazi di autonomia, all’esercizio del libero pensiero, alla politica della conoscenza

I lavori della Commissione Continentale dei Paesi anglofoni extra-europei del CGIE si sono svolti a Sydney in un momento particolarmente complesso della nostra storia.

Un momento in cui ciaccomuna il dolore: per eventi naturali, dal terremoto in Abruzzo ed Haiti a quello di Christchurch, dagli incendi di Melbourne alle alluvioni del Queensland, dalle alluvioni in Brasile ed Italia, ai tanti eventi climatici e naturali che stanno colpendo il nostro pianeta con drammatica assiduità.

Il dolore per i nostri militari, italiani ed australiani, che hanno perso la vita in Afghanistan ed in altre missioni di peace-keepingnel mondo.

Il dolore per le vittime dei processi di “liberazione democratica” in Tunisia, Egitto, Libia ed in gran parte del medio-oriente.

Il dolore per i morti della speranza, donne, uomini e bambini, in fuga dalla guerra e dalla disperazione e deceduti nel Mediterraneo come nell’oceano Pacifico.

Il dolore per chi ogni giorno perde la speranza di un lavoro, le opportunità per una attività imprenditoriale, la possibilità di accedere a un concorso, il sostegno economico di uno stato sociale sempre più ridotto.

Dopola GFC – Global Financial Crisis – we are facing a true enemy, il vero nemico: apatia, antipolitica, arretramento, le tre A, con una fase di arretramento culturale e sociale senza precedenti. A cui si aggiungono le tre D:degrado, delusione, disperazione.

Sono mali endemici ma anche indicatori di una incapacità della politica a prospettare soluzioni, cambiamenti radicali, un ripensamento complessivo dei nostri modelli di vita. La politica deve farsi carico di questa ricostruzione.

Dobbiamo tutti farci carico di questo impegno. Maggioranza, opposizione, Governi. Uno sforzo globale senza precedenti, senza maschere. Ma basta guardare il settore economico e finanziario mondiale per rendersi conto che la maschera ha coperto il più grande trasferimento di risorse e danaro pubblico verso pochi privati che hanno continuato ad arricchirsi. E che l’odierna maschera della ripresa, con il volto dell’accortezza, delle regole, delle riforme, cela un fatto: nulla, veramente, è cambiato.

Intere generazioni – come la nostra – sono purtroppo impegnate nell’azione di continuità tesa a mascherare la realtà, a vivere al di sopra delle nostre possibilità, a consumare troppo di tutto, a vivere anche senza regole: alcuni dittatori, vecchi e nuovi, ce lo insegnano.

E l’Italia non è immune da questi mali. Abbiamo oggi un Governo che si regge su una maggioranza sostenuta da un gruppo misto identificato come dei “responsabili”.

Pur sempre una maggioranza politica, si dirà. Vero, ma certamente diversa da quella uscita dalle urne. Ed ecco altri danni, ecco che la proposta politica perde i contorni della chiarezza.

Non si distingue più il programma di legislatura da soluzioni tampone o peggio disegnate a servire interessi “personali”, non si distingue più l’opposizione nel merito dalla semplice strategia antiberlusconiana.

A perdere sono i cittadini, la politica e la sua etica.

In questo percorso ad ostacoli, in tre anni e tre finanziarie del Governo Berlusconi, a perdere sono stati anche gli italiani nel mondo.

I tagli sono iniziati come scelta predeterminata per arrivare poi alle “tesi inevitabiliste” legate alla crisi finanziaria.

Per noi non è solo una questione di tagli – nei settori della scuola, della formazione, della cultura, dell’assistenza, della rete consolare – si pone anche come assenza di riforme, assenza di politica attiva, di direzione, assenza di senso della storia, assenza di percorso, assenza di sogno.

Nel settore della promozione della lingua italiana, nonostante l’inserimento della nostra lingua tra quelle prioritarie del curriculum scolastico nazionale, risultato positivo raggiunto grazie al lavoro comune, rischiamo di non poter sostenere questa nuova importante sfida con gli enti gestori di tutta Australia in grave difficoltà economica.

Tutto ciò avviene in un clima di “abbandono”, per cui il principio della parità di trattamento tra italiani in Italia e italiani all’estero diventa una sorta di inutile dichiarazione di intenti poichè, in totale disdegno della Carta costituzionale, avviene ogni giorno l’esatto opposto.

In un continuo “arretramento” della presenza dello Stato – tagli alla rete consolare e riduzione della rete consolare con chiusura di sedi, tagli a scuola e cultura, tagli agli Istituti di cultura, tagli ai Patronati, tagli all’assistenza. Ed è un arretramento che mette in discussione, soprattutto all’estero, il rapporto tra cittadini e Stato, che rischia di danneggiare, tra i nostri connazionali, in maniera irreparabile, l’idea di Stato.

L’idea, non la realtà, che è stata spesso comunque inferiore alle aspettative: ma se riduciamo le aspettative danneggiamo anche l’aspirazione ideale delle persone.

In questa condizione di “blocco delle riforme” – ferma la riforma della cittadinanza, fermi, anzi bloccati, i diritti sindacali per il personale a contratto locale della rete diplomatico-consolare, assente ogni vera intenzione di modificare l’esercizio in loco del diritto di voto, cancellato l’assegno di solidarietà agli italiani indigenti.

Con il blocco delle riforme rischiamo di bloccare anche l’emancipazione di un patrimonio di italianità a cui spesso fa riferimento il mondo politico italiano.

In questa sostanziale politica della disparità di trattamento – esonero ICI per tutti fuorchè italiani all’estero, gli esonerati dall’esonero, detrazioni fiscali per carichi di famiglia estese ai residenti all’estero solo per 1 anno – decisione incomprensibile poichè si torna a ribadire il principio ma se ne rateizza la soluzione – indebiti pensionistici confermati e rafforzati, con pignoramento, anzichè tener conto dei ritardi dell’INPS nello svolgere le campagne di verifica del reddito e quindi pensare ad una sanatoria, i 10 anni di residenza per l’assegno sociale senza tener conto della residenza all’estero dei nostri connazionali indigenti quando rientrano in Italia – ecco, la disparità di trattamento diventa la politica del Governo.

Sullacittadinanza non solo la soluzione per le donne coniugatesi prima dell’entrata in vigore della Carta costituzionale non è stata ancora individuata, nonostante gli impegni assunti dal Governo, non solo abbiamo una condizione di stallo rispetto alla riforma ma non riusciamo neanche a fornire chiare indicazioni operative ai comuni. Per cui sul riacquisto della cittadinanza, utilizzando l’art. 13, commi c) e d) della legge 91/92, abbiamo amministrazioni comunali che adottano decisioni diverse tra loro.

Le circolari del Ministero dell’Interno, spesso mal scritte, non vengono applicate o vengono interpretate da funzionari senza qualifiche e formazione di Comuni abbandonati al loro destino. E ciò riguarda anche l’AIRE. Due anni per una iscrizione AIRE appaiono più come una condanna all’assenza dello Stato che una buona prassi amministrativa.

Eppure gli italiani all’estero sono ancora uniti, chiedono e vogliono celebrare il 17 marzo, 150esimo Anniversario dell’Unità d’Italia, non rinunciano ai loro spazi di autonomia, all’esercizio del libero pensiero, alla politica della conoscenza.

E lo fanno attraverso strumenti come i Comites e il CGIE.

Ecco, al Consiglio Generale degli Italiani all’Estero propongo di tornare a sognare. Di riprendere un’azione di costruzione di una realtà parallela, fatta di conoscenza e discussione e proposta. Una realtà che un giorno – Governi seri ed impegnati anche sul fronte degli italiani nel mondo – riusciranno a trasformare in azione democratica di governo.

Anche le realtà parallele possono incontrarsi, non solo nelle convergenze, non solo nelle emergenze, non solo nel sogno, ma anche nelle buone pratiche democratiche di ogni giorno. Ringrazio il CGIE per le buone pratiche democratiche quotidiane e per il costante impegno.

On. Marco FEDI

On. Marco Fedi
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